È trascorso un anno dal primo lockdown e la storia sembra sempre la stessa: parliamo degli ex AEC, ora operatori educativi per l’autonomia, i lavoratori che assistono i ragazzi con disabilità nelle scuole. Il servizio di assistenza scolastica da fine anni Novanta è appaltato dal comune di Roma alle cooperative sociali. L’anno scorso i lavoratori, in mancanza di un provvedimento unitario del Comune, si sono dovuti scontrare con il sottobosco di municipi, cooperative sociali e scuole. Molti sono rimasti senza stipendio, pochi sono riusciti ad avere l’anticipo del fondo integrazione salariale dalle cooperative, altri hanno atteso per mesi il versamento dell’Inps.
Anche quest’anno il rischio è di avere lavoratori senza stipendio e ragazzi senza assistenza. A partire dal 15 marzo la Regione Lazio è entrata in zona rossa, con la chiusura delle scuole primarie e secondarie di ogni ordine e grado. Con una novità rispetto a marzo dell’anno scorso: la possibilità della didattica in presenza per bambini con disabilità e bisogni educativi speciali, garantendo il collegamento on-line con la classe che svolge la didattica a distanza. Con una nota del 12 marzo, il ministero dell’istruzione ha specificato che le scuole dovranno fare un attento esame dei singoli casi, valutando l’eventuale coinvolgimento degli altri alunni della classe. La nota del ministero incoraggia gli istituti a formare piccoli gruppi che a turno siano coinvolti nelle attività in presenza con i ragazzi disabili. L’intenzione è quella di evitare la formazione di classi speciali, prevedendo la partecipazione di docenti e compagni di classe. Anche l’Ufficio scolastico regionale del Lazio, con un’ordinanza inviata a tutti gli istituti, ha sottolineato la possibilità di mantenere l’attività in presenza per i ragazzi disabili, ma non mancano le contraddizioni: nel documento si consiglia alle scuole di incentivare l’attività didattica dei docenti curricolari dal domicilio. Secondo l’ufficio scolastico bisogna limitare la mobilità sul territorio per ridurre il carico sulla connessione di rete della scuola. E i municipi e le scuole come si stanno comportando? Vengono messi in atto tutti i presupposti per garantire l’effettiva inclusione dei ragazzi con disabilità? Sembrerebbe di no.
Alcuni municipi, per esempio il primo, il secondo, il terzo e il settimo, si sono attivati subito per garantire la continuazione del servizio OEPA. Da lunedì 15 marzo le scuole hanno rimodulato il servizio in didattica a distanza e si sono organizzate per raccogliere le disponibilità delle famiglie per attivare quella in presenza. Tutti gli istituti comprensivi hanno rimodulato al ribasso il monte ore settimanale. Nella primaria, per esempio, si passa da quaranta a quindici ore per classi con tempo pieno. L’operatore potrà svolgere un massimo di tre ore giornaliere subendo un drastico ridimensionamento del proprio orario di lavoro. Alcuni municipi come il primo, il secondo e il terzo hanno deciso di salvaguardare l’intero monte ore, riconoscendo le ore non svolte come programmazione. Altri hanno deciso di retribuire soltanto quelle effettuate.
Un altro elemento che accomuna le rimodulazioni del servizio OEPA è legato alla coincidenza oraria tra didattica a distanza e attività in presenza: se il lavoratore opera con più utenti che hanno scelto due servizi distinti, uno a distanza e l’altro in presenza, si trova costretto a scegliere se lavorare con uno piuttosto che con un altro. Infine, sono pochi i municipi che prevedono negli istituti comprensivi la presenza del gruppo classe durante le attività svolte con i bambini disabili. Al terzo municipio la situazione è preoccupante. Il servizio è stato rimodulato in quasi tutte le scuole in attività in presenza, ma emergono interrogativi sulla modalità individuata. Il 19 marzo il comitato genitori per l’inclusione ha inviato una lettera al municipio per denunciare lo stato di abbandono in cui versano i ragazzi con disabilità: le famiglie lamentano l’assenza dei compagni di classe e lo scarso coinvolgimento da parte degli insegnanti curricolari. Sono preoccupati in quanto queste decisioni giustificano la scelta dei docenti di fare lezione dal proprio domicilio. Secondo la lettera i bambini vengono lasciati soli davanti a un monitor senza i propri compagni di classe. Dal racconto emerge una scuola con classi fantasma ed edifici vuoti, con bambini ghettizzati insieme ai loro docenti di sostegno e agli OEPA. I bambini più gravi, impossibilitati a seguire la didattica a distanza, vengono relegati in un’aula ricreando delle vere e proprie classi speciali.
Al quinto e al sesto municipio la situazione è molto simile, gli istituti rimodulano il servizio in didattica in presenza ma le scuole non prevedono la partecipazione degli altri studenti della classe. Anche in questo caso i bambini restano da soli insieme ai loro docenti di sostegno e agli OEPA. Quello che sembra accomunare tutti i municipi della capitale è il ritardo sostanziale con cui avvengono le rimodulazioni. Tutti i municipi hanno rimodulato il servizio in presenza soltanto a metà settimana, tra mercoledì 17 e giovedì 18 marzo, palesando un’oggettiva impreparazione di fronte a un evento facilmente prevedibile.
Ma ci sono anche dei casi particolari: al nono municipio il servizio viene attivato fin dal primo giorno, la cooperativa convoca i propri lavoratori davanti alle scuole ma questi rimangono fuori dalla porta. La circolare dell’istituto, infatti, comunica la ripresa del servizio OEPA soltanto da mercoledì 17 marzo. E ci sono altri municipi, per esempio il tredicesimo, con scuole che decidono di non attivare la didattica in presenza, come la secondaria Anna Frank dove il servizio di assistenza ai ragazzi disabili proseguirà a distanza.
Quest’anno un ruolo centrale nella rimodulazione del servizio OEPA è da attribuire agli stessi istituti comprensivi: a partire da lunedì 15 marzo si sono tenuti diversi consigli d’istituto in cui si è creato un vero e proprio scontro tra docenti di classe e quelli di sostegno. In alcune scuole i docenti di classe si sono opposti strenuamente alla formazione di gruppi per l’attività in presenza. Come al quinto e al terzo municipio, in cui sono poche le scuole che hanno deciso di coinvolgere gli altri ragazzi della classe. La maggior parte dei ragazzi disabili che frequenta gli istituti del territorio è rimasta da sola con gli OEPA e gli insegnanti di sostegno.
E poi c’è un’altra questione: la necessità di mantenere il servizio di assistenza e la salvaguardia del reddito per il lavoratore. Sono pochi i municipi che hanno deciso di retribuire anche le ore non svolte, mentre la maggior parte stabiliscono di pagare solo le ore lavorate. In tal modo le ore non lavorate verranno pagate attraverso il fondo integrazione salariale, con il rischio di trovarsi in busta paga miseri stipendi. Nel tredicesimo le lavoratrici della Roma 81, la stessa cooperativa che qualche mese fa decise di non pagare la malattia ai propri dipendenti, hanno inviato una lettera al municipio esternando il loro disappunto per la decisione dello stesso di non pagare le restanti ore per la programmazione: parliamo della preparazione del materiale, delle videochiamate con i ragazzi e le loro famiglie, delle video-riunioni organizzative con le maestre. Non è possibile trovarsi ciclicamente in queste situazioni. La pandemia sta solo amplificando certi disagi precarizzando ulteriormente i lavoratori, il rischio dietro l’angolo è di trovarsi con lavoratori senza reddito e ragazzi con disabilità senza assistenza. (giuseppe mammana)
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