Ma a quella puttana della mamma del maresciallo gli danno dei bonus sul numero di lacrimogeni sparati dal figlio?!? Piove fumo da un’ora Cristo, è l’una quasi di notte e non si vede la via di tornarcene a casa. Che cazzo di modo di finire la settimana, cercare i baresi e invece prendersi le manganellate da questi esaltati dallo straordinario notturno facile… che se ne andassero a manganellare al Conocal, là sì che se ne andrebbero carichi di meraviglie! Poi quando qualcuno lo mandiamo al pronto soccorso ti devi sentire pure dire che rischiano la vita per un milione e sei. Ad avercelo.
La settimana del cazzo è iniziata martedì del cazzo. Papà è morto. Una vita passata dietro a una scrivania alla Snia-Viscosa, mai un giorno di malattia, barba fatta tutti i giorni, giacca e cravatta per strada e a lavoro, vestaglia fantasia Pasley per casa, auto nuova o usato garantito ogni dieci massimo dodici anni, chissà come avrà fatto a tenersi a quel femminone di mamma, lei che dalle vecchie foto sembra Brigitte Bardot. Certo, col posto fisso pure il ragioniere sovrappeso con il riporto capita che ce lo butta dentro a una come mamma, e addirittura ci fa tre figli. Ad avercelo.
Mercoledì del cazzo il funerale. Mezza mattinata tra cimitero e scartoffie. Pure al prete l’ha pagato lo zio Nando, il cognato di papà, l’“avvocato”, che però la laurea non l’ha mai vista manco col cannocchiale. Se gli manca il pezzo di carta quello che non gli mancano a zio sono le amicizie, e si è visto pure con Mammarella, gli schiattamorti, che gli hanno fatto un prezzo di favore e soprattutto non vogliono i soldi ora e tutti insieme, ma poco alla volta. Ad averceli.
Il momento in cui più mi ero sentito legato a mio padre erano stati i primi anni Novanta, iniziati col botto per me. C’erano i mondiali, si giocavano anche qui, e per il mio compleanno avevo chiesto il biglietto di una partita. Papà con i suoi giri sindacato-cral-circoletto-sezionePCI era riuscito ad averne uno e mi aveva accontentato. La partita era Inghilterra-Camerun. Ora, io al posto dei libri, così come i miei compagni, nella cartella ci tenevo il Supertifo. E dato che la mia edicola era fornita, ogni tanto potevo infilarci pure una copia di Hooligans, che faceva da sponda alle partite trasmesse una volta a settimana da Telemontecarlo e che soddisfavano la mia fame da lanci lunghi dalla difesa e spizzata di testa del centravanti. Quella sera andai allo stadio con papà, ma misi subito le cose in chiaro: io quando entro mi vado a sedere vicino agli inglesi, tu fai come ti pare, nel caso ci vediamo vicino la Fiat Uno. Era il modo più carino venutomi in mente per allontanarlo: che figura avrei fatto se gli inglesi mi avessero visto andare allo stadio con papà?
Avevo dodici anni nel ‘90, ma già ero un veterano delle curve, dato che già da cinque andavo allo stadio una domenica sì e una no, sempre con papà. I primi tempi me ne fottevo della partita, i miei pensieri erano tutti per le pizzette e le graffe che mi avrebbe comprato per tenermi buono, mi fingevo interessato per non dargli un dispiacere. Fu durante il mondiale dell’’86, e in buona parte grazie all’album Panini, che cominciai a prendere tutto molto sul serio.
Le bustine le rimediavo con quei pochi spiccioli che racimolavo in giro. Il più delle volte era papà a tornare a casa con una mezza dozzina di pacchetti e spesso il rituale si svolgeva fianco a fianco. La bustina la aprivo leggermente da un lato e facevo scivolare tra le dita i volti dei calciatori, una pratica che serviva a far salire l’adrenalina che sarebbe esplosa nel caso fosse uscito Lui.
Una mattina, in pieno Mundial, avevo preso all’edicola in mezzo al Municipio due pacchetti, con le uniche monete che ero riuscito a rubare in casa qualche ora prima. Le avevo aperte sul posto, avevo intravisto un sole sulla bandiera, letto le prime tre lettere in stampatello con il nome della squadra e visto affiorare tra le dita le strisce celesti. Cominciai a correre velocemente verso casa con il cuore a mille, spinsi la porta della stanza di papà urlandogli: «Tengo a Maradona, tengo a Maradona!». Riuscii soltanto a passargli la bustina e lo abbracciai, rimanendo immobile col cuore a mille, finché mi fece notare che tutto quel casino era un po’ eccessivo per Burruchaga. Non sapevamo, né io né lui, che da lì a qualche giorno avrebbe deciso la finale con la Germania.
La sera, sempre di mercoledì del cazzo, mi vedo con i ragazzi, abbiamo riunione. Io ho ancora il vestito del funerale: giacca tre bottoni, camicia Gingham a quadretti neri e Loafers ai piedi, sembro Terry Hall degli Specials. Anche al cimitero si deve avere stile, magari ti acchiappi la giovane vedova in ricerca e tu che fai? Ci vai in tuta acetata?
Prima della riunione i ragazzi passano uno per uno a farmi le condoglianze, chi una pacca sulla spalla, chi un semplice gesto del capo e in pochi minuti siamo operativi. Gianni ‘o Gnu prende la parola e inizia a spiegarci cosa ci aspetta domenica. La mia testa sta da un’altra parte. Guardo chi parla, sembra che sto ad ascoltare ma in realtà non guardo e non ascolto nessuno. Le due liniette iniziano a fare effetto.
Domanda: sono un eroinomane? No, per nulla. Mi buco all’occorrenza, quando la situazione lo necessita, quando la tensione sale o ho bisogno di allentare il freno a mano, quando c’è bisogno di azione o di ragionamenti più profondi. Due liniette sulla siringa non sono niente, nemmeno il tempo di appoggiare il pollice sullo stantuffo che non ci sono più. È la posologia giusta per me, le pupille non diventano due spilli, la voce non diventa rauca, nessuno ti sgama se non quelli che si fanno lo stesso numero di liniette. Insomma, sei tu a controllarla. Per il resto sei un poco rallentato, ma per me che vado a duecento all’ora è solo un bene.
Oh ma stai durmenn’? Appunto.
Vengo strattonato da Gianni che mi riporta alla realtà. Domenica mi devo trovare per le dieci al largo Tartarone, passa Tore a prendermi con la vespa e andiamo a prendere il necessario per la coreografia, e poi… E poi anche grazie alle due liniette finalmente la giornata finisce: doccia e lemon haze presa da Checco ‘o Rabbino, metto su Stoned Immaculate dei Dub Syndacate e mi infilo a letto che il masto davanti a un ritardo se ne passa per il cazzo di ultras e funerali. Il tour di Gianni e Marcella comincia domani sera. Mi aspettano tre giorni di Proel e Rcf, cavi sbilanciati e jack canon. Poi si torna giusto in tempo per la partita. Settimana del cazzo. (gerardo picarelli)
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ZONA EST NOVANTA
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