Ho conosciuto R. alla scuola di italiano di Casetta Rossa a Roma, nel quartiere Garbatella. R. è un medico e fino a poche settimane fa lavorava all’Indonesia Hospital, uno degli ospedali della Striscia di Gaza. È arrivato in Italia a marzo 2021, problemi politici lo hanno costretto a lasciare la sua famiglia, il suo lavoro, la sua terra. Il giorno dopo il corteo a Roma a sostegno della popolazione palestinese ci siamo incontrati. R. era molto colpito dalla solidarietà della società italiana verso il suo popolo, ma anche scettico nei confronti delle posizioni che hanno assunto fino a ora le potenze europee.
«Mi chiamo R., ho quarantacinque anni, sono originario di Gaza. Sono un ortopedico e fino a due mesi fa lavoravo in un ospedale, ma sono dovuto scappare dalla mia nazione per questioni politiche che mettevano in pericolo la mia vita. Sono arrivato in Italia con un volo che ha mi ha portato in Sicilia, poi sono stato a Crotone qualche giorno e infine sono venuto a Roma, dove vivo adesso, in un centro di accoglienza per richiedenti asilo».
La tua tesi di laurea è scritta in russo, infatti circa venti anni fa ti sei laureato a Mosca. Perché hai scelto di studiare così lontano dalla tua terra?
«In quegli anni i soldati israeliani avevano chiuso tutte le università di Gaza, allora sono andato a studiare a Mosca, sono stato lì sette anni, fino alla laurea, ora infatti parlo molto bene il russo. Poi sono tornato a Gaza, ho iniziato a lavorare nell’ospedale pubblico e ho fatto il volontario per alcune associazioni, per esempio la Croce Rossa. Nei miei venti anni di esperienza in ospedale ho salvato molte vittime degli attacchi israeliani. Ogni giorno qualcuno si presentava al pronto soccorso per qualche conseguenza dovuta allo stato di occupazione. Domenica 16 maggio hanno ucciso un mio collega, Ayman Abuelhof, direttore del dipartimento di medicina interna. L’esercito israeliano ha bombardato la sua casa, senza nessun motivo. Un medico può essere un terrorista? Lo chiedo al governo israeliano, ma anche a tutta la comunità internazionale. Perché?».
Abuelhof era uno dei medici in prima linea per la lotta al Coronavirus. Il virus nella Striscia governata da Hamas negli ultimi mesi ha avuto conseguenze gravi e ora le cose stanno velocemente degenerando. Alcuni presidi per fare i tamponi sono stati bombardati e i pronto soccorso sono impegnati nel soccorrere le vittime delle aggressioni. A Gaza vivono tua moglie e i tuoi quattro figli, di età compresa tra i tredici e i sette anni. Dove sono in questo momento?
«Il 14 maggio l’esercito ha bombardato il mio quartiere, distruggendo il mio appartamento e un’altra ventina di palazzi. I miei vicini di casa sono tutti morti, tutti. La mia famiglia per fortuna si è salvata, ma adesso dormono tutti e cinque per strada. Per ora non abbiamo idea di come proseguire, perché il conflitto è ancora in corso, stanno ancora bombardando, stanno ancora uccidendo, soprattutto i bambini e le donne. Eppure tutti i governi del mondo stanno supportando il terrorismo israeliano e nessuno fa niente per fermare la strage. L’unica via di salvezza per la nostra terra consiste nella fine dell’occupazione, finché ci sarà l’occupazione non ci sarà la pace».
Perché il conflitto si è riacceso proprio ora?
«Noi non la pensiamo così, il conflitto è iniziato nel 1948 con l’occupazione del territorio israeliano e non è mai finito. I fatti della moschea di Al Aqsa hanno riacceso la miccia, ma per noi il conflitto è sempre acceso. L’ottanta per cento degli ebrei di Israele è costituito da estremisti, questo è il vero problema. Molti sostengono che Benjamin Netanyahu non riesce a creare il governo e allora se la prende con la popolazione palestinese, ma questa non è la causa primaria che genera la violenza. L’unica vera causa sta nell’occupazione. Nelle nostre terre vivono musulmani e cristiani, senza nessun problema. Noi siamo in grado di convivere, di stare insieme».
Cosa pensa la popolazione palestinese di Hamas?
«Io, come molti altri miei concittadini, non condivido le scelte di Hamas, sono dovuto scappare da Gaza perché protestavo contro le sue politiche. Abbiamo molti problemi nel nostro paese, ci sono periodi in cui abbiamo solo quattro ore di elettricità al giorno, tanto per capirci, eppure le donazioni ad Hamas arrivano tutti i giorni… ma dove finiscono questi soldi? Perciò, ripeto, io sono veramente in contrasto con il suo modo di operare, le mie proteste contro la sua organizzazione hanno messo in pericolo la mia vita ed è per questo che ho dovuto lasciare famiglia e lavoro e scappare in un posto dove possa ottenere protezione, ma non capisco perché il mondo guarda solo ad Hamas e non gira la testa dall’altra parte, verso i terroristi israeliani. Perché? È vero, Hamas è un terrorista, e l’esercito israeliano invece? Sta distruggendo palazzi, infrastrutture, uccidendo innocenti. Noi abbiamo bisogno di qualcuno che protegga la popolazione palestinese. Le Nazioni Unite hanno il loro esercito, perché non lo inviano in Palestina? Fino a che saranno gli Stati Uniti a controllare tutta la politica mondiale la comunità internazionale non potrà fare niente. Quando le potenze occidentali si renderanno conto che terrorista è anche il governo israeliano qualcosa cambierà».
Cosa farai nei prossimi mesi?
«Sto aspettando che accettino la mia richiesta di protezione internazionale, poi proverò a far venire qui la mia famiglia, a tradurre la mia laurea e a cercare lavoro come ortopedico. Nel frattempo sto imparando l’italiano». (marzia coronati)
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