«Ma veramente state facendo? Questa zona sta piena di problemi e nessuno se ne interessa. Mo’ il problema fossero i ragazzi del Tunnél? Cose di pazzi».
Gaetano gestisce una piccola salumeria assieme a sua moglie in via Taddeo da Sessa, l’ombra del Centro Direzionale alle spalle e la serranda che affaccia sull’incrocio con via Gianturco, intasata di automobili fino a sera, quando questa periferia piomba dentro notti buie e inquiete. Pochi metri più avanti via Gianturco incrocia la ferrovia e ci passa sotto attraverso un cavalcavia. Ai lati della carreggiata, due tunnel pedonali da sempre abbandonati.
«Quel sottopassaggio fa paura – continua il salumiere –. Ci sono state rapine, tentativi di stupro. La gente ci si va a bucare. A me questi ragazzi che si sono messi a pulire e ci hanno fatto tutto quel lavoro mi sembrano una cosa positiva». I ragazzi sono un collettivo metropolitano che da qualche tempo ha “preso in gestione” uno dei due sottopassaggi pedonali per costruirci un percorso per skater e appassionati di pattinaggio e Bmx. Altri esperimenti di rivitalizzazione di quello spazio c’erano stati in passato, per esempio la reunion di sound system chiamata S.U.B., organizzata dai sound attivi all’interno di Officina99 più di dieci anni prima e la giornata di pittura “Dieci piccoli indiani” nel 2007. Ma il Tunnel Park è il primo tentativo di impiantare dentro quello spazio un’attività duratura e quindi provare a mutarne concretamente la natura.
«Siamo un gruppo di appassionati delle rotelle – racconta uno dei promotori –. Io ho cominciato a Volla poi ho conosciuto tanti ragazzi della zona est, da Poggioreale a Pomigliano. All’inizio ci vedevamo al Centro Direzionale, l’unico posto in cui poter fare skate. L’idea del tunnel è nata proprio perché cercavamo uno spazio. Era un posto che dava riparo a senzatetto e tossicodipendenti. A terra c’era un tappeto di siringhe. Quando siamo arrivati c’era già un roccodromo per l’arrampicata, fatto da ragazzi che avevano avuto un’idea simile alla nostra. Pian piano abbiamo messo su uno skate park prima ripulendo tutto, poi costruendo delle rampe in cemento e alcuni binari su cui fare evoluzioni con pattini, skate o biciclette».
A Napoli la passione per le rotelle ha radici solide, che affondano in quel periodo di grandi trasformazioni a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta. In quegli anni, grazie alla complicità di film come California Skate di Graeme Clifford, questa disciplina cominciò a diffondersi nelle metropoli italiane formando una scuola che negli anni si è incontrata e contaminata principalmente tra Torino, Milano e Napoli. Nei primi anni Novanta un negozio di abbigliamento e attrezzature per skate e surf nei pressi dell’Accademia di Belle Arti diventò punto d’incontro per una generazione che aveva cominciato ad assorbire la street culture americana. Si chiamava “Supercapri” e divenne uno snodo in cui s’incrociavano le piccole tribù metropolitane ancora marginali in quel periodo che, però, cominciavano a tessere legami con la nascente cultura hip hop. Sono passati quasi trent’anni e gli adepti di queste discipline sono ancora in lotta con la cronica assenza di spazi, se si fa eccezione per i pochi skate park tutti fuori città, come quello di Licola, negli anni Novanta, e quello di Pomigliano.
Il progetto Tunnel Park comincia con la richiesta al comune di Napoli di un luogo da attrezzare e rendere disponibile per quelle discipline, ma si arena quasi subito di fronte alla burocrazia. Il passaggio successivo è la decisione di mettersi al lavoro senza cercare improbabili sostegni istituzionali. «Abbiamo tirato via macerie, siringhe, cadaveri di animali e spazzatura che stava là da anni – raccontano –, abbiamo costruito una rampa e altre strutture. A maggio 2016 abbiamo organizzato un evento insieme a Officina99 per rilanciare lo spazio. Le strutture, lasciate incustodite di notte, avevano subito danni e alcuni ragazzi andati là per fare skate erano stati rapinati. È andata bene, sono arrivati anche dei writer e quel tunnel si è trasformato. Una ragazza del rione Luzzatti che si chiama Mala veniva spesso a dipingere e il writer 189 ci ha fatto un pezzo enorme. Insomma, era diventato un laboratorio artistico e sociale. Davvero non si capisce perché un’amministrazione che non si è mai interessata di quello spazio, oltre che di tutti i problemi di questa zona, si ricordi del tunnel solo quando noi lo ripuliamo e gli diamo una vita nuova. Gli interessava di più tenerci lontani da quel posto che tenerlo pulito e vivibile».
Nell’inverno successivo si presentano numerosi problemi, il freddo non rende quel posto l’ideale per stare insieme e in più alcune attrezzature vengono rubate: quelle di legno usate per scaldarsi da chi trova rifugio sotto il ponte per passare la notte. In risposta a questa situazione viene organizzato un contest nazionale al quale partecipano ragazzi di Torino, Milano, Genova, Roma. Skater, pattinatori e funamboli della Bmx si ritrovano sotto un ponte ferroviario della periferia est per rilanciare un’esperienza che, però, per le troppe difficoltà finisce per esaurirsi, riportando il tunnel alla sua desolata vita precedente. «Abbiamo portato via le strutture smontabili, adesso ci sono rimasti solo alcuni binari di ferro per le acrobazie. Da quel momento abbiamo cominciato a lavorare a Officina99, che ci ha accolti».
Dev’essere stata la presenza dello storico centro sociale di Gianturco a suscitare le attenzioni della politica locale fino alla presentazione, da parte di alcuni consiglieri di municipalità, di denunce che sarebbero arrivate da parte di abitanti del quartiere e precedute da alcuni avvisi ai confini dell’intimidazione che sollecitavano a “smontare tutto”. Da qui l’accusa di aver costruito strutture abusive e aver disturbato gli abitanti del quartiere.
«A me non mi hanno mai dato fastidio. Ma nemmeno agli altri che vivono e lavorano qua». Gino lavora in una merceria del quartiere che spesso ha supportato le iniziative del Tunnel Park. «Ma come, un gruppo di ragazzi viene tutti i giorni a pulire un posto che fa schifo, tu non te ne sei mai interessato e che fai, dici che il problema sono loro? Ci stanno un sacco di altre cose che disturbano gli abitanti di questa zona. Si vede che qualche consigliere doveva farsi bello e per uscire sul giornale se l’è presa con questi ragazzi».
La storia del Tunnel Park di Gianturco assume maggior rilievo all’interno del panorama complessivo delle occupazioni in città. Episodi del genere, a parte le querelle di ambito legale, impongono una riflessione sulle trasformazioni cui la città sta andando incontro e che spesso appaiono subite piuttosto che governate, in un contesto di inasprimento delle strutture di controllo che si manifestano in provvedimenti imbarazzanti come il decreto Minniti. Una nuova geografia della metropoli che richiederà un’adeguata analisi del territorio e del suo utilizzo, a partire dal rapporto tra protagonisti delle lotte sociali e istituzioni, tra potere costituito ed energie antagoniste radicate nella pancia della metropoli. (antonio bove)
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