Io sono uomo molto avvelenato.
Mi sveglio la mattina e sto agitato:
ringhio di gola tra mugugni e grida
urlo senza motivo: grosse strida.
Nessuno nel palazzo si lamenta
se con la bava fuori dalla bocca
do ripetuti calci di tormenta
nell’ascensore oppure sulla porta,
nell’imprecare contro quella sciocca
neutralizzata da una foga antica.
Nessuno che abbia accolto la mia sfida:
neppure un appuntato hanno chiamato
in tutto questo tempo, né un soldato
ad arginar ‘sta furia da Corida.
“Chiama i carabinieri, famme vede!
chè io non sono pazzo, c’ho ragione!
Pulisci!!! Statte zitta! ‘N ce se crede!
Mo me ne vado!” …e esco dal portone.
Poi torno e impreco ancora in ascensore,
nell’anelare un prossimo litigio
non corrisposto, in tante, troppe ore,
in cui vedo soltanto nero e grigio,
“Nun me ne frega ‘n cazzo der colore!”
Questa non è pazzia ma vocazione,
a me il veleno m’è sempre piaciuto
da che come un cinese risoluto
a volte ti chiedevo “Andiamo al male”.
Nessun dottore potrà mai spiegare
quella tensione innata, naturale,
passione vera, arcaica, a sconfessare
il senso umano intriso di morale.
Le verità risiede nel mio male,
non riconosco il filo conduttore
con cui avvolgeste roccia, terra e fuoco,
perché “il Vulcano fa quello che vuole”.
(nicola vicidomini)
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