da: Horatio Post
Se n’è andato lunedì scorso Edoardo Salzano, grande protagonista dell’urbanistica e della cultura italiana del Novecento, in una dolce mattinata di settembre a Venezia, dove viveva da quasi mezzo secolo. Eddy aveva ottantanove anni, era nato a Napoli nel 1930 da grande famiglia, il nonno era Armando Diaz, il generale della Grande Guerra che organizzò la controffensiva sul Piave e sul Grappa dopo la disfatta di Caporetto. Quei modi dolci e aristocratici della sua città aveva conservato, anche dopo tanti anni in giro per l’Italia, il fisico slanciato, la chioma candida, la parlata calda, scandita, le parole sempre precise, aderenti ai pensieri e alle cose.
Al di là della lunga attività accademica, Eddy è stato maestro per molti. L’arte e la scienza del governo del territorio, come l’ha raccontata nei suoi Fondamenti di urbanistica, non l’aveva fatto nessuno. Una sintesi ampia, razionale ed equilibrata, saldamente ancorata ai saperi fondamentali – storia, geografia, economia, scienze sociali, ecologia – in un saggio che nel suo svolgersi maestoso ha la bellezza di un romanzo.
A molti Eddy ha fornito i punti di orientamento, indicando principi, condizioni e metodi del mestiere. Il punto di partenza è forte: l’urbanistica è politica, è il lavoro di chi considera il territorio come un bene pubblico, il cui destino deve sottrarsi alle leggi cieche del mercato, da governare nell’interesse della comunità, a partire dagli ultimi. L’urbanistica è la democrazia e la Costituzione che si realizzano concretamente, pur in mezzo a mille contrasti e difficoltà, con la società che cresce e le libertà che avanzano, passo dopo passo.
Quanto alla precondizione, la sua lezione è che il governo del territorio deve compiersi negli uffici di piano delle amministrazioni, con atti alla luce del sole, è un mestiere pubblico, che non può vivere nell’ombra degli studi professionali. Il metodo poi, è necessariamente quello della multidisciplinarietà, il ricorso a tutte le scienze che spiegano il territorio e il paesaggio nei suoi funzionamenti, una cosa impegnativa, e lavorare con lui era un’avventura, il prender parte a impegnativi percorsi di squadra.
Questi processi complicati lui li governava con garbo, fermezza, ironia e autorevolezza, non si è nipoti di Armando Diaz per caso. Così l’ho conosciuto, a metà degli anni Novanta, quando fu commissario ad acta del comune di Positano per il piano regolatore. I suoi lavori più importanti restano il piano del centro storico di Venezia, dove fu assessore all’urbanistica per un decennio, dal 1985 al ‘95; il piano paesaggistico della Sardegna, con Renato Soru, grazie al quale quelle coste belle e inermi hanno finalmente conosciuto una civile disciplina di tutela; il piano territoriale di coordinamento della provincia di Foggia, che ha aperto la strada al piano paesaggistico regionale della Puglia. Ancora, una grande vicinanza e attenzione alla nuova urbanistica napoletana, di molti dei “ragazzi del piano” è stato maestro e punto di riferimento.
Poi lui, che il Novecento lo ha vissuto quasi per intero, ha assistito al disgregarsi con il terzo millennio di forme parole e contesti del secolo breve: il dissolversi dei movimenti politici, la crisi dell’amministrazione, la sofferenza delle finanze pubbliche, il vento freddo del pensiero unico liberista. È allora, sfoderando ancora una curiosità e una gioventù intellettuale mai doma, fino all’ultimo respiro, che Salzano si è impegnato a portare tra la gente la sua idea di urbanistica pubblica, le comunità attive sul territorio, col suo sito Eddyburg, la creatura prediletta e totalizzante, che nel corso di quasi un ventennio è diventata sterminata biblioteca, la più bella e viva che il web sia in grado di offrire.
Colleghi, amici e persone care hanno ricordato Eddy presso la sede di Ca’ Tron dell’Università di Venezia, Santa Croce 1957. Che la terra (proprio quella tua, che hai amato e studiato) ti sia lieve. (antonio di gennaro)
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