A circa metà mattinata dello scorso giovedì 16 maggio a Trieste, a pochi passi dalla stazione ferroviaria e dall’ingresso del porto vecchio, si poteva vedere un nutrito gruppo che discuteva. C’erano dei giornalisti, consiglieri comunali, un paio di vigili urbani e decine di persone interessate. Molte di loro erano appena uscite da una struttura enorme, conosciuta in città come Silos, che ospita un parcheggio a pagamento, la stazione delle corriere e, nella sua vasta parte diroccata, decine o anche centinaia di persone in movimento provenienti dalla rotta balcanica, a seconda del periodo. Nello stesso palazzo però c’è anche un altro spazio, anni fa adibito a mercato e poi abbandonato, in cui nel 2022 la prefettura propose di allestire un dormitorio, trovando anche un certo appoggio da parte del comune. Il progetto però venne abbandonato poco dopo le elezioni politiche del 2022 che portarono alla formazione del governo Meloni. Le persone che si stavano confrontando erano uscite proprio dall’ex mercato: l’occasione era svolgere il sopralluogo richiesto ben due mesi prima dai consiglieri della lista Adesso Trieste alla quarta commissione comunale, presieduta dal consigliere Lorenzo Giorgi di Forza Italia, che si occupa del patrimonio pubblico, per verificare le condizioni della struttura di proprietà comunale. Con i consiglieri e i giornalisti erano entrati rappresentanti di alcune associazioni interessate, mentre molte altre erano rimaste fuori. Esiste anche un secondo piano in cui però non è stato svolto il sopralluogo. Chi è riuscito a entrare ci ha detto che sono presenti anche delle docce e dei servizi.
«Se dipende da noi questa cosa non passerà mai», ha detto Marcelo Medau, consigliere comunale di Fratelli d’Italia, durante il confronto pubblico che ha seguito il sopralluogo. La “cosa” è la richiesta, avanzata da diverse associazioni cittadine come Linea d’Ombra, da alcuni collettivi e da Adesso Trieste di aprire l’ex mercato per dare almeno un minimo di sollievo a chi transita per Trieste. Bisogna tenere conto che chi oggi vive nel Silos è esposto agli agenti atmosferici, poggia i piedi spesso su un terreno pieno di pozzanghere, non ha a disposizione né servizi igienici, né acqua, né elettricità, mentre tantissimi ratti girano indisturbati in cerca di qualche avanzo di cibo. Il nuovo spazio, pur non essendo risolutivo, permetterebbe di accogliere in modo più dignitoso chi arriva in città e che circa nel settanta per cento dei casi non ha interesse a entrare nel circuito dell’accoglienza perché vuole spostarsi altrove o perché pensa che questo rallenterebbe la sua ricerca di un’occupazione. Medau è intervenuto dopo ripetuti inviti da parte dei consiglieri di opposizione che, dopo aver constatato il buono stato dell’ex mercato, chiedevano come mai il progetto di aprire il dormitorio fosse stato abbandonato e perché non si potesse pensare di rimettere in servizio lo stabile con una spesa contenuta. La risposta è stata almeno sincera: c’è una motivazione politica per evitare l’apertura. Interpellato rispetto alle alternative il consigliere Medau ha aggiunto che «la giusta via è limitare il più possibile i flussi, come sta facendo Giorgia [Meloni, ndr] con le politiche che vengono portate avanti nei paesi africani [riferimento al cosiddetto piano Mattei, ndr] e con i controlli alle frontiere. Inoltre, Trieste è una città appetibile per diverse realtà europee e quindi sarebbe meglio ristrutturare l’edificio», facendo intendere la possibilità di arrivare poi a una vendita. Il Silos è molto vicino al porto vecchio, un’area che è rimasta abbandonata per anni e che ora è al centro di diversi progetti comunali, tra cui la costruzione della tanto contestata cabinovia che dovrebbe portare fino a Opicina, sull’altopiano del Carso.
Una delle idee fatte circolare dal Comune per rispondere alla necessità di dare un alloggio alle persone in movimento riguarda il riadattamento di un’area esistente proprio sull’altopiano del Carso, ritenuta però da chi opera nel settore inadatta soprattutto per le esigenze di chi a Trieste non vuole fermarsi.
La situazione per la giunta, guidata dal sindaco Roberto Dipiazza, non è semplice: negli scorsi mesi diversi servizi giornalistici hanno evidenziato le mancanze istituzionali rispetto all’accoglienza in città e la presenza del Silos rischia di macchiare l’idea della Trieste pulita e ordinata pronta ad accogliere turisti e investitori che la giunta si sta sforzando di presentare. La sensazione è che non ci sia un piano preciso per evitare che le persone dormano nel Silos. Questo sembra essere confermato dal fatto che lo sgombero paventato durante una riunione tra la questura, la prefettura, l’Asl, le istituzioni attive nell’accoglienza e le associazioni interessate tenutasi lo scorso 10 aprile, in concomitanza con un’iniziativa organizzata nel Silos per la fine del Ramadan, non è stato finora effettuato, probabilmente per la mancanza di alternative praticabili nell’immediato.
L’impegno delle associazioni e di altri soggetti come la Caritas, la Comunità di San Martino al campo e la Diaconia valdese ha permesso che finora la situazione non sfuggisse di mano. Non molto tempo fa, su impulso del nuovo vescovo di Trieste, è stato aperto il dormitorio Sant’Anastasio, gestito dalla Caritas, che si trova non lontano dal Silos e da piazza Libertà. Quest’ultima è la piazza della stazione e qui ogni pomeriggio da anni l’associazione Linea d’Ombra, anche in collaborazione con altre strutture o singoli, offre primissime cure, orientamento e cibo a chi arriva dalla rotta balcanica.
Poco dopo le dichiarazioni di Medau anche Peter Ciaccio, pastore della Chiesa valdese, è intervenuto, in risposta a chi diceva che dovrebbero essere proprio le istituzioni religiose a gestire l’ex mercato, sostenendo che «le Chiese potrebbero gestire un posto del genere, ma in realtà dovrebbero essere le istituzioni a farsene carico». Chi interviene nel settore, come la stessa Diaconia valdese e il Consorzio italiano di solidarietà, oltre a quantificare in oltre dodicimila le persone assistite nei primi nove mesi del 2023, chiede che la città sia in grado di offrire un servizio a bassa soglia, accessibile quindi senza dover rientrare in particolari requisiti se non l’essere maggiorenni, con circa cento posti a disposizione e di garantire un trasferimento a settimana verso altre città italiane per chi fa richiesta d’asilo.
Lo spazio di via Flavio Gioia, com’è oggi chiamato in città dal nome di una delle vie per accedervi, potrebbe rispondere proprio a questa richiesta. (alessandro stoppoloni)
Leave a Reply