Hafedh Chouchane, Slim Agrebi, Erial Ahmadi, Ali Bakili, Ghazi Hadidi, Artur Iuzu, Lofti Ben Mesmia, Salvatore Piscitelli e Abdellha Roua sono morti l’8 marzo del 2020 nel carcere di Modena, durante i trasferimenti verso altri istituti o una volta giunti negli istituti di destinazione (nelle ore e nei giorni successivi, ai loro nomi si aggiungeranno quelli dei detenuti morti nelle carceri di Rieti e Bologna: Carlo Samir Perez Alvarez, Marco Boattini, Ante Culic e Haitem Kedri).
Il decesso dei detenuti modenesi, ufficialmente sopraggiunto a causa di un’overdose di farmaci, è in realtà avvenuto in circostanze ambigue e sospette connesse alla rivolta dei prigionieri e alla sua repressione da parte della polizia, vicende raccontate con precisione nel libro Morti in una città silente. La strage dell’8 marzo 2020 nel carcere di Sant’Anna di Modena (Sara Manzoli; Sensibili alle foglie, 2022) e ricostruite anche grazie al lavoro che da oltre due anni svolge il Comitato verità e giustizia per i morti del Sant’Anna.
Per non abbassare il livello di attenzione e continuare a rivendicare giustizia su quella vicenda, per denunciare le condizioni delle carceri, per l’abolizione immediata di ergastolo e 41bis e per costruire insieme una società senza carcere, è convocata a Modena per il prossimo weekend una due giorni di approfondimento e lotta.
Sabato 11 marzo, alle ore 15:30, l’appuntamento è in piazza Matteotti, con esposizioni di arte anticarceraria; dalle 18:30, allo Spazio sociale Libera (via del Tirassegno, 7), si svolgerà la presentazione della piattaforma Morire di pena. Per l’abolizione di ergastolo e 41bis; a seguire: cena sociale di raccolta fondi per lo sportello a favore dei detenuti e concerto di L’Ondes.
Domenica 12 marzo, alle ore 14:00, è indetto un corteo anticarcerario nazionale con partenza da piazzale Primo maggio.
Pubblichiamo a seguire un estratto (aggiornato con il supporto dell’autrice) da Morti in una città silente che riferisce gli esiti parziali e gli scenari futuri della vicenda giudiziaria.
* * *
I fascicoli in carico alla Procura di Modena che fanno riferimento ai morti durante rivolte sono stati archiviati, così come quello gestito dalla Procura di Ascoli Piceno che fa riferimento alla morte di Salvatore Piscitelli. È stato invece accolto dalla Corte europea per i diritti umani il ricorso contro l’archiviazione presentato dai legali della famiglia Chouchane. Un ricorso alla Corte contro l’archiviazione per la morte di Piscitelli è stato presentato dall’associazione Antigone, ed è in attesa di un riscontro.
Restano aperti altri due fascicoli: uno sulle violenze da parte di cinque agenti della polizia penitenziaria e un altro sui comportamenti di settanta rivoltosi indagati per devastazione, saccheggio, resistenza a pubblico ufficiale, incendio e (per tre di loro) tentata evasione. Le pene per i detenuti che hanno protestato nel pomeriggio di quell’8 marzo potrebbero arrivare fino a quindici anni di reclusione.
Per tre delle morti archiviate a Modena, in Tunisia sono in corso accertamenti e indagini parallele. Sono quelle di Ghazi Hadidi, Lotfi ben Mesmia e Bilel Methnani.
La giornalista Maria Elena Scandaliato si è recata in Tunisia per avere informazioni più chiare. Sul Domani del 17 dicembre 2021 ha scritto: “La svolta è arrivata all’aeroporto di Tunisi, nei primi giorni del maggio 2020. Davanti a quei corpi la polizia di frontiera tunisina ha ritenuto fossero necessari nuovi accertamenti, prima di procedere alla sepoltura. Abbiamo accertato che ci sono almeno due nuove autopsie: quella sul corpo di Methnani è stata ripetuta, su quello di Hadidi è stata fatta per la prima volta. Hadidi era stato dichiarato morto al carcere di Verona e la procura scaligera, che aveva la competenza prima che il fascicolo fosse riaccorpato a quello di Modena, non aveva ritenuto necessario disporre che i corpo e la testa fossero sezionati. Questo nonostante il cadavere mostrasse segni di lesioni e dalla bocca fossero saltati due denti. Sappiamo che in Tunisia sono stati disposti altri esami, su sangue e tessuti prelevati da quei corpi, ma non abbiamo potuto leggere gli esiti. La speranza dei parenti dei detenuti è che questi nuovi approfondimenti possano chiarire una volta per tutte come sono morti i loro cari, e se oltre all’overdose di metadone – accertata in Italia dagli esami tossicologici – si possano ipotizzare carenze nei soccorsi, o addirittura percosse e pestaggi”.
Najet è la moglie di Lofti Ben Mesmia. “La vediamo uscire dal tribunale di Tunisi con in mano la prova che anche la procura tunisina ha avviato una propria indagine per omicidio. ‘Morte sospetta’ recita il capo d’imputazione del fascicolo 123084/2021, in riferimento al marito di Najet e altri due connazionali morti al Sant’Anna. È sicura che lo abbiano ucciso durante la rivolta del marzo 2020. Racconta: ‘Oggi sono andata a ritirare la relazione del medico legale. Il procuratore ci ha detto che è stata aperta un’indagine il primo dicembre. Dobbiamo aspettare l’esito delle indagini e poi possiamo portare il nostro avvocato e aprire una causa’. Anche il fratello di Ghazi Hadidi dall’Italia chiede che venga fatta certezza sulle cause della morte del congiunto: di lui si sa che c’è un nuovo referto medico in Tunisia in quanto in Italia l’autopsia non era stata predisposta. L’avvocato di Hafedh Chouchane porta avanti dall’Italia la sua lotta sostenuto dai familiari della vittima.
L’avvocato di Antigone, Simona Filippi, ha presentato opposizione alla richiesta di archiviazione per la morte di Sasà Piscitelli, argomentando i suoi dubbi. Nell’opposizione viene evidenziato che dalla consulenza disposta dalla Procura per accertare la causa della morte sono emersi dei segni di lesioni. Di fatto, la Procura non ha tenuto conto di alcuna delle circostanze emerse dagli atti di indagine e di alcuni spunti investigativi che necessitano di approfondimento, a partire – si legge nell’opposizione all’archiviazione – “dall’accertamento delle condizioni di salute di Piscitelli al momento del suo arrivo e dell’intera permanenza presso il carcere di Ascoli Piceno sino a una più attenta valutazione del comportamento tenuto dal medico al momento della visita effettuata nel corso della mattinata del 9 marzo 2020″. Non solo. Emerge un’errata valutazione delle condizioni di salute di Piscitelli al momento del suo arrivo al carcere di Ascoli Piceno. Dagli atti delle indagini – come già riportato da Il Dubbio – emerge che, già dal momento dell’ingresso nel carcere marchigiano, le condizioni di salute di Piscitelli erano compromesse e che, pertanto, la visita medica cosiddetta di “primo ingresso” appare effettuata in maniera approssimativa e superficiale. Emerge inoltre che le sue condizioni fisiche erano compromesse non solo per l’avvenuta assunzione di metadone ma anche per le presunte violenze subite nel carcere modenese, come rappresentato dai detenuti ascoltati e come emerso anche in sede di esame autoptico.
1 Comment