«Chiudetevi in casa, arrivano i black block!». Decine di buoni milazzesi, il giorno prima del corteo No Inceneritore, hanno ricevuto queste caritatevoli telefonate. Il “no all’inceneritore” non era affatto scontato fra gli ambienti bene della città, e persino fra le frange più moderate (crocettiane e renziane) degli stessi organizzatori. Domenica, però, giorno della manifestazione, i black block non sono arrivati; in compenso, un’ora prima dell’inizio, pioveva e grandinava e tirava vento. «Ma quale corteo!», hanno cominciato a mormorare i più scettici, compreso qualche “rivoluzionario” di complemento. Eppure alle ore 15, puntuale come le tasse, eccoti padre Peppe ad aprire il corteo. E ovviamente, in quel preciso momento, cessa improvvisa la pioggia e splende il sole.
Don Peppe Trifirò, parroco di Archi, è quello che da vent’anni qui chiama la gente alla lotta. Decine di parrocchiani, ha seppellito, fra malattie polmonari e colpi di tumore. Ha un conto personale, il vecchio prete, con i mostri inquinanti: e figuriamoci se vuole ammetterne un altro, il super-mega-inceneritore annunciato con arroganza da Crocetta e Renzi. «Chi inquina è un assassino – urla adesso – e pure chi dà le autorizzazioni per poterlo fare! Diciamo no alla rassegnazione, non diventiamo un’altra terra dei fuochi!».
In prima fila, con fascia tricolore e aria solenne, si schierano i sindaci dei paeselli intorno e persino della metropoli, Milazzo. Poi i “Decidiamo noi” con striscione, i “No inceneritore”, i ragazzi di Catania e Palermo, e tutti gli altri. Un paio di carrozzine con bambini, famiglie sorridenti, ragazze e ragazzini, gente matura, vecchi. E finalmente, a la buena de Dios, il corteo parte. «Futuro ai nostri figli. Sì alla vita!», «Salute-lavoro-no inceneritore!».
«Vogliamo far sentire a chi sta in alto la nostra voce», ci dice la signora Federica, una del corteo. «Io sono mamma di un bimbo di Chernobyl, l’ho portato via da lì e adesso mi sento doppiamente coinvolta. Certo, gli interessi di soldi qui sono altissimi, farci sentire è difficile, ma noi non ci lasciamo abbattere, continuiamo a lottare!».
Una studentessa e uno studente, dai gradini di San Giacomo, leggono con voce chiara – alla fine della manifestazione – l’appello conclusivo. «Invece di insegnarci l’educazione ambientale a scuola, dateci l’esempio concreto su come si salvaguarda l’ambiente. Ce lo dovete!». Un altro chiama su un sindaco, gli ficca fra le mani un documento coi punti dei manifestanti: niente inceneritore, bonifica, dar retta alla popolazione, basta ricatto del lavoro. Lui sorridendo si china, con gran solennità mette la firma. Speriamo che duri.
Fra tutti gli interventi, ottimo quello di Olga Nassis, la promotrice – con padre Trifirò, Samadhi Lipari e pochi altri – di questa lotta. In queste settimane è stata dappertutto, coi volantini, nelle assemblee, in giro col megafono, quasi da sola. Che cos’ha detto, adesso, di tanto straordinario? Niente. Non ha detto niente. Sorridente e tranquilla, è rimasta in silenzio ad ascoltare – il suo lavoro tanto ormai l’aveva fatto – gli altri che comiziavano. Ce ne fossero, così. (ivana sciacca, riccardo orioles)
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