UN SANTO AL GIORNO # 11 ottobre: Papa Giovanni XXIII
«Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro una carezza e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete, forse, qualche lacrima da asciugare. Abbiate per chi soffre una parola di conforto. Dite che il papa è con loro». Giovanni XXIII congedava così la gente accorsa in piazza San Pietro per celebrare l’avvio del Concilio Vaticano II (1 l ottobre 1962). Quelle parole furono il miglior preludio della assise ecumenica destinata a rinnovare la chiesa e che fece di Giovanni, come scrisse Frainois Mauriac, il Papa che ha gettato “un ponte sui nove secoli che ci dividono dai cristiani dell’oriente e sui quattro che ci separano dai fratelli dell’occidente”. Quando lo elessero, prossimo agli ottant’anni, tutti pensarono che sarebbe stato un Papa di transizione, per consentire alla chiesa di riordinare le idee di fronte alle sfide che la società le stava ponendo. Invece il suo pontificato fu di breve durata, ma come pochi altri significativo e incidente.
Giovanni XXIII, Angelo Giuseppe Roncalli, era nato a Sotto il Monte, piccolo paese del bergamasco, il 25 novembre 1881. Di indole buona e sensibile, sentì presto il desiderio di consacrare la propria vita a Dio per poter servire gli altri nella carità. Prete novello, invece che nella desiderata parrocchietta di campagna, fu mandato a fare il segretario del vescovo di Bergamo, monsignor Radini Tedeschi, al fianco del quale rimase dieci anni. Intanto viveva l’esperienza della prima guerra mondiale, alla quale partecipò come sergente di sanità e cappellano militare. Alla morte del monsignore fu chiamato a Roma, all’Opera della propagazione della fede, diretta dal cardinale Von Rossum, il quale vide nel prete bergamasco l’uomo giusto da inviare nelle capitali del mondo a intessere rapporti con le chiese e con gli stati. «Dovrete viaggiare, viaggiare molto. Sarete il viaggiatore di Dio», gli disse papa Benedetto XV nell’affidargli l’incarico.
Consacrato vescovo il 15 marzo 1925, cominciò il suo lungo viaggio che lo porterà in missione in Bulgaria, poi delegato apostolico in Turchia e Grecia e poi nunzio apostolico a Parigi. Il suo spirito ecumenico si formò sul campo: certi pregiudizi incrostatisi nel tempo cominciarono a sciogliersi al calore della bontà e della carità di questo insolito rappresentante della chiesa. Spesso, tra la sorpresa e l’ammirazione dei presenti, i suoi incontri con i vescovi ortodossi si concludevano con un abbraccio, a suggellare un’amicizia che cancellava secoli di divisioni e incomprensioni. Fu il primo dignitario della chiesa cattolica a visitare il celebre, e inavvicinabile per i cattolici, monastero del monte Athos in Grecia.
Monsignor Capovilla, suo segretario personale, racconta: «Don Gelmo, amico da settant’anni, visita Papa Giovanni in Vaticano. S’inchina per baciargli i piedi. Il vecchio amico lo richiama, guardandolo negli occhi: “Don Gelmo che cosa fai? Siamo pur sempre gli stessi figlioli delle nostre buone mamme”. Don Gelmo si giustifica: “Ma voi siete il vicario di Cristo”. E papa Giovanni, abbracciandolo: “Sono però, ancora, il tuo antico compagno di scuola e amico. Ricordati che dal Vaticano e da Seriate la strada per giungere al paradiso è la stessa”». (torna ai santi)