Genova nasce dopo il suo porto. Il porto di Genova, costretto tra mare e appennini, ha bisogno di spazi, gli stessi spazi commerciali che già nel 1853 il conte di Cavour riuscì a connettere con la prima grande opera ferroviaria “trans-montana”, collegando il porto più importante del nord Italia con la Pianura padana. E poi venne la Succursale dei Giovi, un raddoppio con pendenze più dolci, attivata tra il 1889 e il 1922, perché i traffici crescevano e i limiti di pendenza della storica Giovi non erano adeguati… ma passarono pochi anni e già si pensava al Terzo Valico.
La costruzione (in corso) del Terzo Valico, progettato con pendenze ancora più dolci e gallerie più grandi, apre ai traffici intermodali, con la possibilità di caricare tir completi su carri ferroviari. L’obiettivo è “migliorare i collegamenti del sistema portuale ligure con le principali linee ferroviarie del nord Italia e con il resto d’Europa, in coerenza con le strategie annunciate nel Libro Bianco dei Trasporti dell’Unione Europea: trasferire entro il 2030 il trenta per cento del traffico merci, oltre i 300 km, dalla strada al ferro, e il cinquanta per cento entro il 2050”.
LE PROTESTE DEGLI ABITANTI
Opera di Rete Ferroviaria Italiana (RFI), autorizzata dalla “legge obiettivo” di berlusconiana memoria e iniziata nel 2013 con l’apertura del primo cantiere, il Terzo Valico deve connettersi ai due bacini portuali genovesi di Prà e Sampierdarena. Per Prà è già presente un collegamento adeguato, mentre per Sampierdarena deve essere garantito dal collegamento di “ultimo miglio”. Su quest’ultima opera verte il nostro interesse. L’ultimo miglio è il progetto che ha visto come protagonisti RFI, l’ex presidente dell’Autorità Portuale ligure Signorini, il sindaco di Genova Bucci e la Regione Liguria.
La soluzione è stata individuata nella semplice riattivazione di due tratti già presenti a inizio secolo scorso, utilizzando parte dei collegamenti ai vecchi valichi dei Giovi e Succursale, riattivazione pensata anche per dribblare le rigide regole di salvaguardia ambientale che devono essere applicate alle costruzioni di nuove infrastrutture ferroviarie. Ed è qui che si accende lo scontro con la cittadinanza che abita in aderenza con il tratto in questione, che ai primi del Novecento si trovava a occupare aree ben poco abitate ma che nel tempo sono divenute quartieri densamente popolati.
L’amministrazione locale, forse condizionata da scelte che vengono dall’alto di RFI, non vuole sentire ragioni. Dopo tante assemblee e diverse audizioni in commissioni comunali, le proteste dei cittadini hanno però imposto che si promuovesse una Valutazione di impatto ambientale regionale con le sue due precise finalità: valutare proposte di tracciati alternativi e mitigare impatti alla popolazione.
Nota importante è che la politica di opposizione si è sempre schierata al fianco dei cittadini, poi vedremo come e perché. Va anche ricordato che sono stati stanziati duecento milioni di euro, cifra dieci volte superiore alla norma quando si affrontano gli inevitabili disagi nell’approntare un’opera infrastrutturale.
Si è detto che verranno riattivati i raccordi storici, gli stessi di Cavour, ma resta evidente che non sono adeguati agli standard richiesti dai corridoi europei TEN/T, infatti per entrambi i raccordi si incontrano severi limiti di pendenza, con tratti al 16,8‰ quando i valichi alpini di nuova costruzione non superano il 10‰, e comunque tutto il Terzo Valico è al 12,5‰; per il raccordo più contestato Rugna-Campasso si aggiunge il limite di sagoma tale da rendere impossibile inoltrare convogli carichi di casse mobili, rimorchi o tir completi. In aggiunta, si prevede pure di imporre una doppia manovra, per comporre il convoglio, dal porto al parco Campasso poiché sul molo è in costruzione un fascio ferroviario per treni da 400m quando il modulo europeo li prevede da 750m. Esiste pure un problema di interferenza con la linea del nuovo Nodo Ferroviario genovese, fondamentale per il trasporto urbano del futuro. Viene da pensare che alla “portualità” genovese interessi esclusivamente ottenere un tracciato adeguato al “suo” ristretto mercato, la Padania, beffandosi delle strategie sostenibili dell’Unione Europea e non andando a erodere quote di mercato in centro Europa; finalità che da sempre giustificano l’enorme esborso per la costruzione del Terzo Valico, arrivato ormai a superare i dieci miliardi di euro, quando se ne prevedevano meno di cinque in fase di approvazione.
UNA NUOVA PROPOSTA
La Valutazione di impatto ambientale, però, ha restituito una proposta, alternativa alla “semplice riattivazione”, tale da rispondere positivamente a tutte le tematiche in gioco: prestazione del trasporto su ferro, impatto ambientale e importante rigenerazione del territorio con il trasporto urbano come protagonista.
La proposta si compone di due lotti funzionali: il primo privo di opere d’arte importanti, con riduzione dei tempi di attivazione e di costi; funzionale in quanto permette una significativa diminuzione di interferenza a raso con il Nodo Ferroviario e garantisce un perfetto scambio tra linea ferroviaria regionale e metropolitana genovese. Il secondo, grazie a un intervento di livellamento della linea in uscita dal porto, ottiene la completa separazione dal Nodo Ferroviario e l’adeguamento della pendenza agli standard europei e comunque coerente al 12,5‰ del Terzo Valico. Utilizzando questa linea risulta già adeguato ai limiti di sagoma.
Questo è possibile pensando a un utilizzo differente delle linee esistenti rispetto al progetto di RFI: la prima interferente con le abitazioni adibita al traffico passeggeri, molto meno impattante e allo stesso tempo utile ai residenti; la seconda prossima al torrente Polcevera e nettamente più distante dalle abitazioni, finalizzata al trasporto merci del porto.
Riassumendo, in un confronto tra ipotesi possiamo rilevare che l’alternativa risolve, al contrario del progetto RFI, tutte le criticità:
Pendenza massima della linea che passa dal 16,8‰ al 12,5‰.
Sagoma limite P/C 80 per tutti i treni in partenza dal porto.
Lunghezza massima convogli per tutti i treni a 750m.
Interferenza a raso con linea del Nodo completamente azzerata grazie allo scavalco.
In aggiunta, ma non ultima in termini di importanza, un interscambio ferrovia regionale – metro che non esiste attualmente e nemmeno in ipotesi nel progetto RFI. Questo dovrebbe essere il vero interesse e “leva” che il Comune ha nei confronti di RFI per sostenere l’alternativa, da cui anche RFI trarrà beneficio con l’implementazione del traffico passeggeri.
COME SE NULLA FOSSE
Sono serviti quasi due anni e un’infuocata assemblea pubblica, presente il viceministro Rixi, perché tale alternativa, e solo questa, potesse essere discussa a un tavolo tecnico con RFI, tenutosi poi nel dicembre scorso in due momenti differenti. Il confronto ha evidenziato la fattibilità tecnica della proposta, anche se RFI si è detta contraria, ma aggiungendo che avrebbe lasciato la “parola” alla politica. In altri termini, è probabile che RFI non abbia voluto riconoscere una soluzione alternativa valida e di sicuro più efficiente, proposta dai cittadini, per non essere costretta a modificare il progetto, o per non mettere in discussione un piano di investimenti con un budget già predisposto, a meno che la politica istituzionale non le avesse dato in cambio qualcosa. Le criticità emerse nella discussione infatti erano tutt’altro che insormontabili. La politica comunale, dal canto suo, non ha presenziato al tavolo ma ha lasciato ai due presidenti di municipio – il comune di Genova è organizzato in municipi – il compito di seguire i lavori. La scelta di non presenziare ha lasciato alla politica stessa la libertà di trarre da sola le conclusioni, senza chiedere una “restituzione” istituzionale come per esempio una commissione monotematica; misteriosamente, ma nemmeno troppo, anche l’opposizione nella quasi interezza, come nulla fosse, si è “dimenticata” del tavolo. I comitati dei cittadini, dopo il tavolo, hanno chiesto un consiglio comunale monotematico per l’attivazione di gruppi permanenti atti alla gestione partecipata dei cantieri RFI. Il progetto è andato avanti per la sua strada, quella originale proposta da RFI, evitando qualsiasi riferimento a quanto emerso durante il tavolo tecnico. Come se non fosse successo nulla. (luigi sessarego)
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