Nel calendario emotivo dell’infanzia e della preadolescenza poche sono le cadenze dello scorrere del tempo, tra queste sicuramente il Natale, con la sua attesa, i saluti, le feste. Rito collettivo che per i bambini, al di fuori della dimensione familiare, viene assolto solitamente dalla scuola.
In quest’anno per tutti anomalo, ma soprattutto per bambini e ragazzi campani che vivono ormai da marzo l’assenza della scuola, ci è giunto davvero inatteso un invito a celebrare l’inizio delle feste natalizie in una scuola elementare di Ponticelli, quartiere della periferia est di Napoli, che ha aperto le sue porte a quindici bambini di altri quartieri della città.
Altrettanto inattesa, la mattina del 21 dicembre, è stata l’emozione dei bambini nell’uscire di casa per andare a scuola e salire sui pulmini per una gita particolare. A dispetto dei dintorni – viali deserti puntellati di sparuti palazzoni –, nell’androne della scuola ha risuonato il canto di benvenuto dei nostri ospiti e il saluto della preside Colomba Punzo e della comunità scolastica dell’Istituto Bordiga. I bambini delle diverse scuole si sono presentati l’un l’altro raccontando qualcosa di sé: le materie preferite, i ricordi delle gite, il vuoto di questo anno passato. Poi, con delle palline preparate a casa con la carta, hanno addobbato l’albero lasciando pendere i loro desideri come frutti che attendono fiduciosi di schiudersi.
L’occasione di ripensare la scuola è stata colta dalla preside agendo nel solco della recente normativa che consente di fare scuola in presenza per garantire l’inclusione dei bisogni educativi speciali. «All’interno dei consigli di classe – dice la preside – è stato possibile individuare gruppetti di alunni che si potessero avvalere meglio degli altri della didattica in presenza: tra coloro che ne avevano bisogno, che erano tradizionalmente “dispersi”, o dei nuovi dispersi, poiché adesso sono tutti in una condizione di bisogno educativo speciale».
Di fatto, racconta la Punzo, alla Bordiga si sta facendo una didattica mista: gli alunni vanno a scuola per gruppi di lavoro, in alcuni giorni fanno didattica a distanza; ovviamente c’è il personale per poterlo fare, i docenti vengono utilizzati rimodulando orario e attività. «Facendo attenzione alla qualità piuttosto che alla quantità, senza fare giochini di ragioneria spicciola», sottolinea la preside. I ragazzini che vogliono andare a scuola si alternano tra le aule e gli spazi esterni. «L’altro pomeriggio siamo stati a leggere nel cortile».
A sentirla raccontare così, sembra la soluzione a portata di mano. Purtroppo non lo è. Dalle parole della preside Punzo emergono ben presto i colori tetri della realtà: tantissimi gli alunni che non frequentano, tanti quelli che sono rimasti indietro. «Quando è in crisi la scuola si apre un problema di giustizia sociale. I bambini a scuola sono un po’ più uguali; anche se la scuola tende parzialmente a riprodurre il modello sociale, la didattica a distanza lo riproduce in maniera esagerata, nonostante i sacrifici e l’impegno che tutti ci stiamo mettendo. È quindi necessario che i ragazzini tornino a scuola, perché anche chi non ha alle spalle la famiglia o l’ambiente favorevole possa invece trovare a scuola almeno questo».
Quando domando a lei che, da dirigente, ha una prospettiva privilegiata, cosa succederà a gennaio, la risposta è avvilente, poiché anche un dirigente scolastico oggi lavora senza potere avere una progettualità, un’idea di futuro. Tuttavia la giornata è bella, in periferia per fortuna gli spazi a disposizione delle scuole ci sono, così i bambini sono usciti all’aperto e con le maestre hanno giocato alla tombola, con premi mangerecci per tutti. È finita in festa e, terminate le attività organizzate per i bambini, il tempo della pausa è stata l’occasione da non perdere per muoversi in libertà.
Tornando a casa ripenso al Babbo Natale giustiziato, saggio in cui l’antropologo Levi Strauss racconta di quando, nel giorno di Natale del 1951, davanti alla cattedrale di Digione, Babbo Natale venne impiccato e poi bruciato come eretico. Giorni dopo, venne fatto “resuscitare” nella piazza del Municipio. Oggi abbiamo vissuto qualcosa di simile, la moderna eresia è celebrare una festa, ma per i bambini, grazie alla scuola Bordiga, il rito si è salvato. (valeria di gennaro)
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