Come ogni anno, l’arrivo dei braccianti reclutati per la raccolta della frutta nel distretto del Monviso, in provincia di Cuneo, viene ignorato da chi dovrebbe impegnarsi a garantire loro un alloggio: datori di lavoro e associazioni di categoria in primis, e a seguire prefettura, Regione, comuni, sindacati e associazioni. Nonostante la stipula del solito protocollo di intesa tra tutti questi soggetti, avvenuta proprio in prefettura a Cuneo qualche settimana fa per “attività di accompagnamento, accoglienza e informazione”, decine di lavoratori, la maggior parte già muniti di contratto, dormono da tempo all’aperto, sotto i portici adiacenti al Parco Gullino di Saluzzo, mentre le strutture di accoglienza rimangono chiuse fino a data da destinarsi (ad alcuni lavoratori è stato comunicato che rimarranno chiuse addirittura fino al 15 agosto). Una storia che si ripete, in forme diverse, da decenni, ma quest’anno sembra non interessare nemmeno i media, di solito a caccia di qualche storia di “degrado”.
La prefettura conferma di essere a conoscenza della situazione, e d’altra parte i lavoratori accampati raccontano di continue “visite” da parte di forze dell’ordine, sindacato e rappresentanti della cooperativa Armonia, che ha in gestione le accoglienze. Tutti sanno, ma nessuno sembra voler prendere alcuna iniziativa, come accaduto davanti alle piogge torrenziali di inizio luglio. “Stiamo facendo il possibile” è il mantra che si ripete meccanicamente, dove “il possibile” significa semplicemente “nulla”.
Per il prefetto si tratta di trovare posti in accoglienza, quando quelli disponibili sono vuoti e sigillati, e rimanda alla cooperativa. Armonia, dal canto suo, dice di dover “valutare caso per caso”, respingendo i lavoratori che bussano alla sua porta, alla Casa del cimitero di Saluzzo, perché il loro contratto di lavoro è registrato in un altro comune. Poco importa che chi non ha una casa e lavora in campagna già dorme a Saluzzo, sobbarcandosi i chilometri che distano dal posto di lavoro in bicicletta oppure usufruendo del trasporto fornito dal datore di lavoro. I padroni sanno benissimo dove andare a reclutare manodopera a basso costo, in quella “piazza” dove tutte le mattine prelevano i loro braccianti per poi riportarceli la sera, e cosa importa come dormono, dove mangiano e come si lavano, in barba ai contratti e all’umanità.
Gli agricoltori dicono di non avere posto in azienda e non vogliono pagare le accoglienze, mentre non tutti i comuni vogliono questo tipo di strutture ricettive sul loro territorio. In ogni caso, anche quando apriranno le accoglienze – spesso e volentieri container fatiscenti, bollenti e sovraffollati – saranno destinate unicamente ai titolari di contratto, che in agricoltura, si sa, è ancora più precario e limitato che in altri settori. Tra una raccolta e l’altra (mirtilli prima, pesche, mele e pere poi, fino a concludere con i kiwi in autunno inoltrato) si rimane quindi disoccupati. Molti agricoltori si rifiutano inoltre di ingaggiare personale che non abbia un indirizzo stabile, proprio per non doversi prendere la responsabilità dell’alloggio. Insomma, in uno dei territori più ricchi d’Italia si cercano lavoratori sempre disponibili, a basso costo e senza pretese, solo quando servono, e per il resto che se la vedano da soli, sono abituati. Gli ultimi anni hanno dimostrato però che i passi avanti fatti sono stati fatti solo grazie alle lotte dei lavoratori, e così martedì 4 luglio diversi lavoratori agricoli costretti a dormire nel Parco Gullino si sono presentati allo sportello della Coop Armonia presso la Casa del cimitero. Tuttavia, da quel giorno poco o nulla è cambiato: chi dormiva fuori è ancora li, alla mercé di polizia locale e nettezza urbana che solertemente sequestrano tutte le loro cose quasi ogni giorno, mentre i braccianti sono al lavoro. Ma, assicurano i tutori dell’ordine, i proprietari possono averle indietro se fanno richiesta (…!).
Tuttavia, su pressione dei lavoratori qualche chiarimento è arrivato : secondo il protocollo siglato in prefettura, i titolari di regolare contratto di lavoro hanno diritto a entrare nelle strutture di accoglienza del comune in cui l’azienda è registrata. Se in quel comune non ci sono accoglienze, però, i lavoratori non hanno alcun diritto. Poco importa se i datori di lavoro dovrebbero garantire l’alloggio da contratto, e se ci sono posti vuoti in altri comuni. Né la Prefettura né le forze dell’ordine, così ligi nel controllare chi dorme al parco, sembrano voler mettere pressione sui comuni o sui datori di lavoro che continuano a rifiutarsi di assumere chi dichiara di non avere dove dormire (le aziende che non vogliono ospitare i lavoratori dovrebbero versare una quota per ogni giornata effettivamente lavorata dal bracciante ospitato nelle strutture comunali).
L’accesso alle accoglienze è ancora più difficile, per non dire impossibile, per chi lavora tramite agenzia interinale e c’è addirittura chi si è visto negare il rinnovo del contratto settimanale semplicemente per aver chiesto come poter accedere a una struttura comunale, per non dover fare decine di chilometri in bicicletta e poi dormire all’aperto dopo una giornata di lavoro sfiancante. Le aziende agricole però continuano a essere finanziate con denaro pubblico, e i comuni nei quali c’è la maggiore concentrazione di aziende, come ad esempio Revello, dove la struttura di accoglienza per gli stagionali è stata chiusa anni fa e poi venduta, si lavano le mani della questione.
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