da: Dinamo Press
Recupero, riuso, rigenerazione, risanamento sono parole entrate in maniera massiccia nella comunicazione quando si parla di trasformazione urbana. Spesso unite alla parola periferia. Che a sua volta viene accompagnata dalla parola degrado. Questo è il grimaldello che si usa per aprire la strada alla finanza. Ovunque ha deciso di farsi largo nei quartieri che hanno costruito la loro storia e il loro valore con un lungo processo di relazioni e valorizzazione sociale. Si procede sostituendo chi quei quartieri abita con nuovi abitanti e si affida alla finanza la decisione sulla trasformazione della città.
Se il riuso e la rigenerazione di spazi è l’unica prospettiva percorribile come alternativa al consumo di suolo, il fine delle grandi operazioni di rigenerazione urbana non coincide quasi mai con l’interesse degli abitanti della città. “Nella speculazione, mediante la speculazione, passando attraverso una mediazione – cioè lo spazio – il denaro produce denaro”, scrive H. Lefebvre in Spazio e politica. Affinché lo spazio continui a generare rendita è necessario che il ciclo economico, la rotazione del capitale e del credito immobiliare, non rallenti mai. Bisogna rinnovare, rigenerare, demolire, ricostruire, diventare green e sostenibili, poco importa se il territorio diventa una groviera di “costruzioni e distruzioni inutili”.
Cubature regalate in cambio della realizzazione di aree e servizi pubblici a carico dei soggetti privati che sistematicamente disattendono gli accordi e dimenticano di completarli, come nel caso di Piazza dei Navigatori. “Le destinazioni del piano regolatore sono soltanto un generico riferimento: ciò che conta è la capacità del proprietario e dell’operatore di intessere un rapporto con l’amministrazione pubblica finalizzato alla contrattazione urbanistica”, scrive Paolo Berdini. Un modello che vale anche per le attività sociali e culturali che alcuni spazi della capitale offrono, in attesa di diventare altro.
A Roma esempi di valorizzazione finanziaria spacciati come interventi di riuso e recupero sono i casi delle Caserme di via Guido Reni e della ex Dogana a San Lorenzo, con il ruolo che in queste operazioni rivestono Cassa Depositi e Prestiti e i fondi immobiliari.
Nel caso di via Guido Reni è il Fondo Investimenti per le Valorizzazioni (FIV) che detiene la proprietà dell’area. Il FIV ha l’obiettivo di acquisire immobili già appartenenti a soggetti pubblici e di procedere al successivo sviluppo degli stessi in funzione della loro valorizzazione e dismissione, assicurando un rendimento ai sottoscrittori del Fondo. Qui il progetto di rigenerazione prevede il solito “mix funzionale” di servizi, residenze e spazi commerciali. Per i ventisettemila metri quadri pubblici era prevista la realizzazione, con quarantatré milioni di euro di oneri concessori di Cassa Depositi e Prestiti, di un Museo della Scienza, progetto poi ripensato dall’amministrazione, in assenza però dell’indicazione di un progetto pubblico alternativo.
L’ex Dogana di San Lorenzo, uno spazio di ventitremila metri quadri a ridosso della ferrovia, è stata ceduta per la valorizzazione a meno del suo valore di mercato a una società mista, Residenziale Immobiliare 2004, partecipata al 75% da Cassa Depositi e Prestiti e al 25% da soci privati riuniti in Finprema spa. Lì dovrebbe aprire a gennaio 2019 uno studentato di lusso di una società olandese, lo Student Hotel.
In attesa del progetto di rigenerazione la ex dogana è diventata una location per eventi temporanei. Dopo il successo di Outdoor Festival nel 2014, una mostra di street art al chiuso, la proprietà ha affittato lo spazio a una società di promoter, la Dead Poets Society, con capitale sociale di quattrocentocinquanta euro. Il 29 agosto 2015 la società ottiene il primo permesso temporaneo di pubblico spettacolo. Da allora si susseguono inaugurazioni, feste di chiusura, e ancora inaugurazioni, di sempre gli stessi spazi e capannoni all’interno della Dogana.
Si tratta banalmente una questione di permessi. Le autorizzazioni temporanee rilasciate dal Dipartimento cultura del comune di Roma hanno una durata massima di centocinquanta giorni complessivi nell’arco di un anno, per novanta giorni consecutivi, con un periodo di pausa obbligatorio di due mesi prima dei restanti sessanta giorni di attività. La Dead Poets Society ha ottenuto nel corso del 2016 ben sette autorizzazioni temporanee e proroghe dell’orario concesso dal municipio, mentre nel 2017 la G.S.E. srl, una controllata di Mondomostre Skira, presieduta da Tomaso Radaelli, entrata nella gestione dello spazio dal febbraio dell’anno scorso, ha richiesto e ottenuto nove autorizzazioni, con buona pace di quanti protestano per i gravissimi disagi causati al quartiere dalla trasformazione dell’area in una mega discoteca con ingresso a pagamento. (sarah gainsforth – continua a leggere)
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