È evidente che il nastro è interlacciato – le vedete quelle strisce dell’immagine? – come a voler raccontare una scissione. Siamo pure sempre foris cryptam, e il buio della grotta ha in sé una visione d’aldilà, in qualsiasi direzione lo si percorra. Se poi la direzione la chiamiamo verso il rimando è fin troppo banale: le spoglie – tra gli altri – di Virgilio e Leopardi rivestono di senso l’intero promontorio che spacca in due la città. Se le orecchie potessero parlare ci direbbero che il totale è muto almeno quanto l’intestino rumoroso.
A dimenticare acceso il bottone rec, vedete, si palesano alcune cose. Una, esemplare, è che con gli occhi smarriti l’orecchio sorride. L’opacità lavica dei basoli sembra accorciare lo sguardo, ma all’istante, squarciato com’è dalle voci che ci dicono la vita, un orizzonte umano (troppo umano) si fa spazio, a ritenerlo degno d’attenzione.
[fine primo tempo]
Tra le mammarelle e la demolizione c’è di mezzo il tragitto quotidiano di tante persone che della geografia hanno a giusta ragione un’idea affettiva. Certi percorsi, fatti e rifatti, tracciano un solco immaginario che collega la veglia con i sogni. Cosa è un luogo? E ancora, cosa potrebbe diventare se solo ne ascoltassimo il brusìo?
Le voci evaporano, la carrellata (parola più adatta ai super che ai mercati) si arresta su certi sorrisi effimeri, sguardi incerti, movimenti ripetuti a scandire le esistenze. È lo stesso andirivieni del mare, dei fiumi, del sangue. Abitiamo rotte che in un mo(n)do o nell’altro ci dirigono, finché morte non ci sipari. (video di mario compostella, testo di cyop&kaf)
Leave a Reply