Napoli, 1975. La metropoli è tormentata da disoccupazione, crisi sanitarie, disagio abitativo. Già dal secondo dopoguerra si era registrato un progressivo ridimensionamento dell’industria culturale. Ma è con la fine del Festival di Napoli che la canzone napoletana perde il suo appuntamento più importante, vivendo una crisi in cui la sceneggiata diventa l’unico palcoscenico possibile per le grandi voci. In questo contesto cresce Patrizio Esposito, un ragazzo originario del borgo Sant’ Antonio, vicino porta Capuana. Enfant prodige, Patrizio si fa conoscere a soli quindici anni, quando incide le prime canzoni che lo portano all’attenzione del pubblico. Patrizio è stata una meteora, forse una delle figure più suggestive che la musica a Napoli abbia conosciuto negli ultimi cinquant’anni. La sua carriera conta nove anni di successi dal ‘75 all’ ‘84: tarantella, canzone classica, sceneggiata, pop disco italiano. È da considerare il caposcuola di un “blues” sentimentale nuovo, che racconta di temi ordinari come l’amore, ma anche di nostalgia e disillusione nei confronti di un mondo che cambia a tutta velocità.
Ho chiesto di lui a chi l’ha conosciuto, a chi ha lavorato con lui o a chi da quarant’anni continua ad ascoltare la sua musica, per provare a tracciare la storia di un personaggio emblematico, che ha impressionato per il suo talento e per il suo percorso di vita. (matteo nocera)
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