È stata una settimana all’insegna delle mobilitazioni a Milano per chiedere la riapertura immediata delle scuole superiori in sicurezza. Dal presidio promosso lunedì da Priorità alla Scuola Milano (PaS Milano) sotto la sede di Regione Lombardia all’occupazione del liceo scientifico Vittorio Veneto conclusa domenica mattina, sono state numerose le iniziative promosse da collettivi studenteschi, associazioni di genitori, insegnanti e sostenitori della causa. Martedì mattina la natura della protesta è mutata, quando alcuni componenti del collettivo studentesco dello storico liceo classico Manzoni, noto a Milano per la propensione ad avanzare rivendicazioni politiche, ha occupato il cortile della propria scuola, per poi trascorrere la notte all’interno delle aule.
Mercoledì, quando ormai studenti e studentesse avevano concluso l’occupazione, è arrivata la notizia che il Tar Lombardia aveva accolto il ricorso del comitato “A scuola!”, respingendo l’ordinanza regionale secondo la quale le superiori avrebbero riaperto solo il 25 gennaio. Forti della decisione del tribunale e dell’esempio del Manzoni, venerdì mattina due istituti milanesi (Severi-Correnti e Tito Livio) sono stati occupati dai rispettivi collettivi studenteschi, mentre in altre scuole superiori della città erano in corso presidi in solidarietà con le occupazioni.
Sono arrivata all’IIS Severi-Correnti, alle spalle delle tre torri di CityLife, nel primo pomeriggio di venerdì. Gli edifici comprendono un liceo scientifico (con orientamento linguistico) e un istituto professionale (indirizzi: tecnico dei servizi sanitari; odontotecnico; tecnico dei sistemi energetici). Le prime persone che ho visto all’ingresso avevano la mascherina gialla di Priorità alla Scuola. Vedendomi, mi hanno chiesto se fossi una delle prof che aveva detto di voler passare per sostenere l’occupazione. Vicino a noi c’era una troupe di Rai 3 che parlava con un ragazzo, Giorgio, del Coordinamento Collettivi Studenteschi di Milano. Poco dopo Giorgio mi ha raccontato che alcuni membri del collettivo del Severi-Correnti, in accordo con la preside, si erano riappropriati del cortile della scuola alle otto di mattina per partecipare a lezioni online su banchi distanziati, nonostante la giornata grigia e fredda. Dopo le lezioni, hanno occupato la palestra. Di lì a poco ci sarebbe stata un’assemblea proprio in palestra, a cui avrebbero partecipato, attraverso una piattaforma online, anche altri compagni non presenti fisicamente a scuola.
Mentre parlavo con Giorgio si è avvicinata Betty (PaS Milano) per dirmi che quello che stava succedendo era un fatto unico in Italia, forse anche in Europa: «Gli studenti si sono organizzati, hanno fatto una colletta per comprare cinquanta test rapidi antigenici. Hanno contribuito alla colletta anche alcuni genitori, docenti e parte del personale ATA. Poi hanno trovato un medico volontario che ha eseguito i test». Per farmi capire meglio, Giorgio ha aggiunto: «Stiamo facendo quello che bisognerebbe fare nelle scuole ormai da mesi. Se sei un privato, il costo dei test è troppo alto, non te lo puoi permettere, ma se sei l’amministrazione regionale li dovresti fornire a tutti gli studenti. Se ce l’ha fatta un collettivo, ce la può fare anche la Regione! Forse».
Mentre stavamo parlando, si è sentito il grido di gioia di una ragazza dal cortile: «Bella raga! Tutti negativi!». Era l’esito dei test degli occupanti, disponibile in pochi minuti. Betty ha proseguito: «Ora gli occupanti staranno in una “bolla”, per evitare eventuali contagi. Gli altri, come noi o come i ragazzi di altre scuole, che vengono a dare sostegno, restano fuori dal cancello dell’istituto». Tra questi c’è anche Marco, dell’IIS Russell in zona Niguarda, nord Milano: «Da noi non ci sono ancora mobilitazioni, ed è più difficile organizzarsi senza vedersi a scuola da quasi un anno. Io sono venuto qui a sostenere l’occupazione».
Intanto si avvicina un professore che avrà poco più di trent’anni. Si chiama Alberto Locatelli e insegna storia e filosofia: «Con questa occupazione c’è stato uno scatto notevole di consapevolezza. Anche dal punto di vista della comunicazione c’è stata grande maturità. Non è banale scegliere collettivamente a sedici, diciassette anni di mettere in piedi una macchina organizzativa del genere. Stanno rivendicando il diritto a crescere bene, con un’offerta formativa ed educativa di qualità, non con quel surrogato che è la DaD. Nei primi mesi ok, c’era l’emergenza. Poi c’è stata la boccata d’ossigeno dell’estate, ma al tempo stesso si è anche esaurito l’effetto della novità. Poi l’illusione di poter tornare a scuola si è scontrata con l’inefficienza amministrativa. È passato quasi un anno, si è capito quali sono i problemi e quali le possibili soluzioni, c’è un piano prefettizio per i trasporti sul tavolo della Regione e non viene applicato. Allora se non lo applichi, o sei incompetente o sei in malafede». Mentre va avanti a elencare le mancanze della Regione, cita a titolo di esempio il modo in cui si sono organizzati in Toscana e conclude: «Il fatto che da qualche parte si sia riusciti a superare problemi che qui vengono presentati come insormontabili ci dà forza».
Dopo qualche minuto, all’ingresso della scuola è comparsa Paola, del collettivo Severi-Correnti. «È partito tutto dall’occupazione del liceo Manzoni – dice –. Da lì noi e il Tito Livio abbiamo preso l’iniziativa di occupare oggi, e altre scuole si stanno mobilitando. Serve un piano concreto e definitivo per la scuola in tutta Italia». Anche lei mi racconta con orgoglio come si sono organizzati per i test rapidi e come adesso siano in una “bolla”. Le chiedo come l’ha presa la dirigenza della scuola: «La nostra preside ha fatto un grande lavoro per riaprire in sicurezza. Poi, quando tutto era pronto, il governo ha detto di chiudere. E noi dal 26 ottobre, tutti i giorni, pure sotto la neve, siamo stati a fare la DaD fuori scuola. Poi sembrava che si potesse tornare a inizio gennaio, ma la Regione ha emesso un’ordinanza che ha rimandato tutto fino al 24 gennaio».
Le ho chiesto del ricorso accettato dal Tar Lombardia contro l’ordinanza regionale, che avrebbe permesso di tornare in classe prima: «Anche per questo noi oggi rivendichiamo il diritto di stare a scuola. Il nostro slogan ora è: “Non avete ricostruito la scuola, ce ne occupiamo noi”». Ha concluso dicendo che più che arrabbiati, si sentono abbandonati e che non hanno in ogni caso intenzione di tornare alla scuola “di prima”. Mi ha salutato per raggiungere gli altri nella palestra della scuola: «Sta per iniziare l’assemblea!».
Ci siamo risentite domenica sera. Nel frattempo, Paola e i compagni hanno trascorso la notte di venerdì nella palestra della scuola, per passare poi il testimone delle occupazioni al collettivo del liceo scientifico Vittorio Veneto, sempre nella zona ovest della città, ma un po’ più fuori, verso lo stadio di San Siro. Da domenica, a Milano, come nel resto della Lombardia, in Sicilia e in provincia di Bolzano, siamo in “zona rossa”. Mentre leggo la notizia che il Comitato Tecnico Scientifico si è appena espresso a favore della riapertura delle scuole, Paola mi manda la “Lettera aperta degli occupanti del Severi-Correnti”, scritta tra sabato e domenica. “Ci siamo svegliati nella nostra palestra, quella blu. Stanchi, infreddoliti, ma soddisfatti e felici […]. Rimaniamo convinti del nostro gesto. Un gesto sicuramente forte, di rottura e, lo sappiamo, divisivo, ma altrettanto necessario a spezzare l’apatia di questi tempi e a rivendicare il nostro diritto all’istruzione. Il diritto a sviluppare consapevolezza e pensiero critico […]. La DaD non è scuola. Scuola per noi significa confronto, un luogo dove potersi sfogare, un porto sicuro in mezzo alla tempesta, su cui poter contare e che, con la giusta volontà, siamo convinti possa riassumere il suo ruolo cardine all’interno della nostra vita e società”. (gloria pessina)
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