Sono passati più di due mesi da quando, a fine luglio del 2024, la giunta comunale di Palermo, presieduta dal sindaco di destra Roberto Lagalla, ha approvato la delibera relativa alla pedonalizzazione di grosse porzioni stradali del quartiere dell’Albergheria, nel cui cuore risiede il più grande e variegato mercato dell’usato del centro storico della città. Il piano di modificazione della viabilità stradale si appoggia su un più ampio progetto di “riqualificazione” del quartiere, presentato dall’assessore alla rigenerazione urbana Maurizio Carta.
Basta leggere attentamente il testo del progetto pilota “Albergheria creativa” per capire come, anche in questa storia, dietro le parole “riqualificazione” e “rigenerazione”, abusate dalla stragrande maggioranza delle politiche urbanistiche europee, si celi l’ennesimo dispositivo di espulsione degli abitanti in nome della messa a valore di un territorio per il profitto delle aziende del turismo e dell’immobiliare. Il tutto, come sempre, attraverso l’applicazione di uno stringente sistema di messa in presunta “sicurezza”, corrispondente allo sparpagliamento per le vie del quartiere di innumerevoli telecamere di sorveglianza e al dispiegamento di un ingente numero di forze dell’ordine pronte a vigilare su tutto ciò che è illegale e soprattutto “indecoroso”.
Il mercato dell’Albergheria è nato spontaneamente tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo secolo. A oggi vi lavorano ogni mattina centinaia di mercatari e mercatare, con picchi di presenze ancora più alti durante i fine settimana. Si autogestiscono gli spazi e rivendono qualsiasi cosa. Oggetti trovati, o recuperati dai cassoni dell’immondizia, o provenienti dagli “sbarazzi”, cioè gli svuotamenti richiesti dai proprietari di case, cantine, magazzini non più usati. Il mercato dell’Albergheria è un mosaico di vite, di storie, di eventi. È uno spazio di lavoro che nelle giornate buone porta a casa i pasti per molti individui e molte famiglie.
Qualche mattina fa ho ritrovato in piazza San Pasquale la salsa di pomodoro fatta in casa con amici e amiche e messa a conservare nelle bottiglie di birra. I miei coinquilini, presi da un isterico timore di intossicamento, dopo aver intercettato un paio di bottiglie conservate male, le avevano buttate tutte intere nei secchioni sotto casa. A distanza di qualche mese sono ricomparse al mercato. Ne ho comprata una. E soprattutto, mentre mi proponeva di comprarle tutte per cinque euro, mi sono ammazzata di risate con Monika, a raccontarle tutta la storia. Monika è una ragazza rom che abita e lavora sulla stessa piazza dove ho ritrovato la salsa. Sua figlia di sei anni, Suana, è nata in Italia. Monika mi racconta che ha sentito dire, tempo fa, che quando il comune farà la zona pedonale gran parte del mercato dovrà spostarsi da qualche parte in periferia. E secondo lei sarà un casino di liti.
In realtà, il progetto di bonifica sociale promosso dall’assessore Carta non prevede neanche un ricollocamento. A guardare la mappa pubblicata sul sito del Comune si legge chiaramente un restringimento della zona concessa al mercato dell’usato pari a circa un terzo delle dimensioni attuali, se non meno ancora. I mercatari e le mercatare che adesso lavorano nella futura zona pedonale da istituire “a protezione delle attività della parrocchia” (cito dal sito del Comune) o nella futura “area di rispetto” prevista in piazza Colajanni, intorno al cinema Edison (dove risiede un plesso del dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Palermo, anch’esso partecipe del tavolo comunale dove si è discusso il piano di pulizia), “volta a garantire il decoro del luogo accademico e la sicurezza delle studentesse e degli studenti e a consentire lo svolgimento delle attività culturali anche nelle ore serali in modo da animare l’area”, verranno dunque presumibilmente espulsi.
Stamattina per gioco ho digitato le parole “mercato + Albergheria” su Google. Il primo link che risulta dalla ricerca è di Tripadvisor. In sottotitolo la recensione di una coppia di turisti che scrive: “Più che un mercato dell’usato quello all’Albergheria appare come il mercato della disperazione. Prodotti al limite della decenza venduti (su lenzuoli o anche direttamente sulla strada) da persone spinte più dalla fame che da un guadagno decoroso. Lascia interdetti vedere prodotti alimentari da frigo, esposti al sole e quasi sicuramente scaduti”. Chissà che questi consumatori non si siano imbattuti nella nostra salsa, per poi sputarvi sopra il loro giudizio che fa il gioco (perché mangia alla sua stessa tavola) delle politiche securitarie ed estrattiviste di questo tempo della storia.
Coloro che predicano sicurezza mediante l’installazione di telecamere e di nuovo arredo urbano non fanno gli interessi di chi all’Albergheria ci vive e ci lavora. Qualche sera fa ho fatto lunghe chiacchiere in piazza Colajanni con Matilde e Salvo, due bambini della zona, mentre Piero mi preparava le stigghiole (budello di agnello o vitello cotto alla piastra). Più in là si facevano i loro giri, tranquille e indisturbate, anche Sabrina ed Evelin, figlia e nipote di Marina, una donna rom che vive nella piazza della chiesa e fa il banco davanti casa sua. Piero, che è stigghiolaro da quarant’anni, come prima suo padre e suo nonno, spera di poter continuare a lavorare anche quando le macchine dei suoi clienti abituali non potranno più fermarsi davanti al suo chioschetto. Pensa che se ognuno, come fa lui, dopo aver lavorato, si pulisse il suo spazio, forse il comune non avrebbe messo su tutto questo progetto. Anche Mohred è della stessa idea, un uomo tunisino che da cinque anni lavora spesso al mercato per farsi la giornata, quando non trova impiego come aiuto-cuoco, che in teoria è il suo mestiere. Mohred è amico di Bashir, un altro signore tunisino che fa il mercataro qui da trent’anni. Da lui ho comprato un ottimo frullatore a otto euro, perché nuovo, a trenta/quaranta euro, non me lo potevo permettere. Per vedere se funzionava davvero l’abbiamo provato a casa di Marina, la mamma di Sabrina di cui sopra, mentre lei faceva affari con due donne africane per vendergli tutti i vestiti che le erano rimasti a fine giornata e un gioco per bambini, per un totale di quindici euro. Le due donne se li sarebbero rivenduti la mattina dopo, pochi metri più in là. Perché il mercato dell’Albergheria è un giro infinito di scambi, ricicli, conoscenze, racconti, rivendite. Un insieme variegato di pratiche umane ed economiche costantemente in lotta contro le tendenze omologanti del sistema che sta cercando di fagocitarlo, stigmatizzandolo come “il mercato del rubato”, come titolano i quotidiani locali.
“Non è più tollerabile una situazione di impunità e degrado”, dichiara l’assessore Carta, che poi prosegue sostenendo che l’Albergheria debba “risorgere dalla coltre di problemi che lo hanno afflitto negli ultimi anni per colpa di venditori di merce illegale che lo hanno invaso”. Il nemico è stato ben individuato, si attiva la narrazione della colpa che giustifica l’espulsione. Non abbiate paura turisti e turiste, il comandante della polizia municipale si sta impegnando per garantire la “presenza efficace” dei suoi uomini sul territorio. I pericolosi venditori non in regola saranno cacciati via, potrete consumare ogni angolo di questo quartiere con le vostre tasche piene e i vostri obiettivi grandangolari, potrete produrre il doppio dell’immondizia prodotta dai residenti! A quel punto sì che verrà la RAP (Risorse Ambiente Palermo, l’azienda a capitale pubblico del comune impegnata nella raccolta rifiuti) a pulire i vostri scarti. Ora però pazientate ancora un attimo, dateci tempo, del resto fa profitto pure la musealizzazione dei cumuli di munnizza che fotografate e caricate su Google Fotos; perché per aiutare a smaltire gli eccessi del non venduto la RAP non è mai a disposizione. Bisogna creare la narrativa del degrado per poi poter agire con la mannaia della bonifica.
Il 20 settembre 2024 sono stati ufficialmente stanziati i fondi comunali per il progetto “Albergheria creativa”, all’interno dei dieci milioni di investimenti previsti per il centro storico. I fondi vengono da un avanzo di amministrazione che dovrà essere speso entro il 31 dicembre 2024. Corrisponde a un milione di euro l’ammontare della cifra prevista per la realizzazione di “arredo urbano e dotazioni stradali a sostegno delle aree pedonali all’Albergheria”. Assieme al progetto di basolatura dei Quattro Canti – si prevede cioè la sostituzione dell’attuale pavimentazione in asfalto con una in pietra antica, nel punto nevralgico del transito turistico palermitano –, la “rigenerazione” dell’Albergheria viene raccontata come progetto pilota di punta per “ridare bellezza a Palermo”. Perché i criteri del bello di Carta e Lagalla fanno il favore di chi questa città la consuma per un giorno, quando la crociera attracca al nuovo molo trapezoidale, o dei set cinematografici e televisivi che vengono a cercare la Palermo dei Florio e del Gattopardo, non di chi ci abita e lavora.
In ogni dichiarazione pubblica Maurizio Carta sostiene che il progetto dell’Albergheria è figlio di un forte concerto con i comitati civici del quartiere. La nota comunale di approvazione della delibera di pedonalizzazione cita la condivisione del progetto con il presidente della prima circoscrizione, con l’Arcivescovo di Palermo, con il Comitato provinciale ordine e sicurezza pubblica, con l’Università di Palermo e con Sbaratto, un’associazione composta da una parte dei e delle mercatare dell’Albergheria e da alcune operatrici e operatori sociali del quartiere che dal 2021 (sotto l’ultima giunta Orlando) lavorano per attivare un processo di messa in regola degli e delle associate, sulla scia dell’esperienza torinese di ViviBalon, che forse si vedranno assegnato un posto nella nuova forma ridotta, irreggimentata e decorosa del mercato. Ma che ne sarà di chi non può attivare nessun processo di regolarizzazione perché sta lottando da anni per ottenere quel pezzo di carta cui la democratica Europa affida i criteri di accesso a una vita degna, cioè il permesso di soggiorno? Che ne sarà di Monika e di Mohred e di tutti i mercatari e le mercatare che ancora non sanno niente di quanto sta per accadere? È possibile immaginare un percorso di rivendicazione sindacale in un contesto dove il lavoro sfugge a qualsiasi classificazione semplificatoria? Si può praticare una difesa strenua del territorio, operata da residenti e lavoratrici, contro le ruspe della bonifica securitaria e della messa a valore neoliberista?
Negli ultimi giorni sono apparsi nuovi cartelli di segnaletica stradale, divieti d’accesso e limiti di velocità ridotti. Stamattina Salvo, detto “il pupo”, perché è cresciuto lavorando al mercato, mi ha raccontato di quando in quattro hanno resistito contro un tentativo di sgombero da parte delle forze dell’ordine mentre stavano facendo mercato al tempo pandemico della zona rossa. Ha chiuso dicendomi che lui è di nuovo pronto per la guerra. Poi mi ha chiesto se ci sarei stata anch’io.
Io da qualche mese abito in Corso Tukory, una via trafficata a pochi metri di distanza dal mercato. Nell’appartamento sotto il mio, a casa di amici e compagne, c’è una foto in cucina che ritrae una scritta su un muro di Ballarò. Non feci in tempo a vederla, quando arrivai qui cinque anni fa, mentre i processi di “riqualificazione” già cominciavano a imporsi. Su quel muro giallognolo, un po’ scrostato, a carattere maiuscolo, con la vernice nera colante, c’era scritto: NON DIMENTICARE PALERMO.
Oggi il muro è bianco, e fa da sfondo ai tavolini dell’ennesima enoteca di recente apertura. E allora penso proprio che oggi, all’Albergheria, prima della memoria, è necessaria la lotta. (agnese giovanardi)
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