A quindici mesi dalla sua pubblicazione la sanatoria dei cittadini stranieri a opera dell’allora ministra Bellanova e del governo Conte II appare un fallimento a causa del numero esiguo delle domande esaminate e del numero modesto della popolazione straniera coinvolta nel settore dell’agricoltura (che ammonta appena al 15% delle 207 mila totali). La ciclicità delle sanatorie in Italia – quella del 2020 è l’ottava – rappresenta un segnale di rinuncia verso una riforma efficace sull’ingresso e il soggiorno dei migranti.
L’ultima sanatoria all’art. 103 individua altre finalità oltre quella della regolarizzazione: garantire livelli adeguati di tutela della salute individuale e collettiva in conseguenza dell’emergenza Covid; ovviare alla mancanza di manodopera che minaccia i raccolti estivi; lotta al caporalato. Insomma, una panacea al sistema di sfruttamento lavorativo dei migranti irregolari.
La misura è stata fin da subito criticata per diversi aspetti, su tutti il numero limitato di settori occupazionali coinvolti: agricoltura, lavoro domestico e assistenza della persona. Esclusi altri settori in cui pure notoriamente vi è un largo utilizzo di manodopera “a zero diritti”: dall’edilizia alla ristorazione. È importante non trascurare l’immediato beneficio economico per l’erario derivante da questa misura, nella sola prima fase di inoltro delle domande sono entrati nelle casse statali 30,3 milioni. Sul lungo termine andranno poi sommate le entrate dai contributi assistenziali e previdenziali Irpef e le addizionali locali per ogni lavoratore regolarizzato. È l’obiettivo non enunciato, ma comunque perseguito e soddisfatto.
Ma il tema che più preoccupa è relativo alle lungaggini burocratiche per la definizione delle domande. Le prefetture sono in ritardo in tutta Italia e in Campania lo sono in modo imbarazzante. Sul territorio napoletano il numero di domande passate in istruttoria è minimo, dai dati aggiornati dal ministero dell’interno al maggio 2021 risultano fissati appena 398 appuntamenti su un totale di 17.450 domande per il solo lavoro domestico. Ancora più indicativo è il dato delle domande presentate e in fase di istruttoria nel settore dell’agricoltura: 460 sul totale di 1.816 domande presentate e appena sei sono i contratti di soggiorno stipulati.
Il ritardo è dovuto alla lentezza dell’istruttoria delle domande da parte degli uffici, i quali lamentano carenze di personale e difficoltà organizzative. Va aggiunta l’incertezza sulla documentazione necessaria all’accoglimento dell’istanza, come quella riguardante l’idoneità alloggiativa non indicata dal decreto ma prevista dal Testo Unico dell’Immigrazione. Ossia la necessità di dimostrare il possesso di un alloggio idoneo in relazione al numero degli occupanti e in base ai parametri previsti dalle norme regionali di edilizia residenziale pubblica sulla salute e l’igiene. Un’attestazione che se da un lato è giustificata dalla necessità di assicurare una condizione dignitosa di abitabilità, dall’altro lato finisce per essere punitiva e discriminatoria verso i soggetti più fragili che hanno maggiori difficoltà ad accedere a contesti di benessere abitativo. A Napoli e nel suo hinterland si riscontrano innumerevoli difficoltà a reperire un alloggio che assicuri gli standard previsti dalla legge anche a causa del fallimento delle politiche urbane e sociali. Agli stranieri toccano gli immobili fatiscenti e sovraffollati, soprattutto in seguito alla gentrificazione dei quartieri popolari. Vista la difficoltà nel reperire l’idoneità alloggiativa si auspicherebbe un intervento del legislatore improntato a una maggiore consapevolezza sulle finalità della sanatoria e sulle peculiarità dei nostri territori.
Un’alternativa per superare l’impasse potrebbe provenire dal rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale alla luce delle ultime modifiche legislative intervenute nel 2020 all’art. 19 del Testo Unico dell’Immigrazione, che riconosce una tutela specifica al migrante che si è impegnato in un percorso effettivo di inserimento sociale dimostrato anche dallo svolgimento di un’attività lavorativa. Tale permesso potrebbe essere rilasciato dal questore con parere favorevole della Commissione per la protezione internazionale, su istanza dei lavoratori con procedimento di sanatoria ancora pendente. Ciò richiederebbe prima di tutto una chiara volontà politica di far fronte alla fallimentare politica dell’immigrazione a cui nemmeno più la sanatoria riesce a porre rimedio. (stella arena / michela tuozzo)
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