“Grande attesa per la prima assoluta di Eternapoli di Fabio Vacchi, un’opera che vedrà la partecipazione dell’attore napoletano Toni Servillo“. Aspettiamo la seconda data per non farcela scappare. Sabato 17 febbraio.
Un giornale locale scriveva: “Eternapoli al San Carlo: quanti giovani nel parterre”, con tanto di indicativa lista onomastica della sera prima, la sera della prima.
Le premesse per ascoltare la più recente proposta del Teatro San Carlo quanto a produzione musicale ci sono tutte. Il richiamo a un pubblico diverso dagli habitué non era il solo motivo di interesse. In scena un testo che, come un abito, calzava il pubblico stavolta a motivo del San Carlo. In effetti, ricordo di un Eternapoli al Teatro Bellini. A metterlo in scena Enrico Ianniello. Era il 2015, dicembre. Se ne parlava, eppure alcuni gli preferirono un Napoli-Roma da zero a zero. Questa volta invece sono questi:
ETERNAPOLI
Direttore | Donato Renzetti
Voce recitante | Toni Servillo, Imma Villa
Testo di Giuseppe Montesano
Programma
Fabio Vacchi, Eternapoli
per voci recitanti, orchestra e coro
Orchestra e coro del Teatro di San Carlo
gli ingredienti che riempiono il pre-sabato sera in musica dei molti accorsi.
Quei minuti che precedono l’inizio del concerto, quelli dove il pubblico è lasciato libero di vagare, di usare il cellulare, di parlare e di incontrarsi – se non di guardarsi intorno -, quei minuti sostengono il teatro della sua leva sociale.
Anche il programma della serata mette insieme tante cose. Il testo nasce da un romanzo di Giuseppe Montesano. La musica la scrive Fabio Vacchi. Ci mette le voci recitanti, l’orchestra e il coro ad alimentare l’andamento narrativo. L’idea di una Napoli come luna park deve essere un tema che ha solleticato i molti che hanno tentato di argomentare la piega economica della città in una rinascita dove cultura fa rima con turismo. La voce di Servillo è caricaturale così come si deve a una voce che si esprima quale voce di tutti, in questo caso quale voce fuori dal coro, come voce recitante. Al coro è affidata invece la parte del popolo americano, napoletano in bocca. Resta la voce dell’altro da sé in Imma Villa, i cui interventi moralizzavano la grammatica compositiva.
La musica era una roba tipo: testo, musica, testo, musica. Insomma, andava avanti a segmenti, di certo ben temporalizzati. Poche altre volte si sovrapponevano. Emergevano temi di tarantella, strumenti percussivi napoletani tipo il triccheballacche, insomma un poutpourri ben orchestrato per tanti strumenti, guidati in qualche modo dal motivo del ritmo e della percussione. I temi sono esposti, ripresi e giocati in maniera abbastanza certosina ma manca loro la forza come di una musica applicata alle immagini. Insomma, tutto si tiene in maniera salda ma poco incisiva.
Così l’orologio del San Carlo diventa un rifugio dal tempo. La sua lancetta che segna sempre il minuto mi poneva alla ricerca di quella fine che segna qualsiasi appuntamento musicale. Quanto una partita di pallone è durato, alla fine. Ma senza intervallo.
Come è solito, dalle curve napoletane in caso di prestazione vittoriosa gli interpreti si vanno a prendere l’applauso del pubblico. Si è levato qualche bravo. L’ho sentito un po’ dovuto. Così, raggiungo rapidamente l’uscita mentre i famosi minuti che contornano scattano inesorabilmente per tanti di loro. All’uscita c’è sempre l’effetto fiumana, con la scala che fa da cascata di corpi che lasciano l’arte per darsi alla vita. (antonio mastrogiacomo)
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