Descrivere la musica con le parole non è facile, soprattutto quando si tratta di una musica dell’anima, una musica che suscita emozioni come quella di Enzo Avitabile. Anima intesa come spessore emotivo, nella musica e nei testi, ma anche come soul. Un genere che ha avuto una grandissima influenza su tutta la musica dagli anni Sessanta in poi, anche molto oltre l’evidenza, e da cui Avitabile ha mutuato un modo di cantare (ricorda Otis Reddings, e in alcune inflessioni perfino Marvin Gaye), ma anche un gusto senza pari per il groove e per i ritmi da ballo, declinati in salsa nostrana, a partire dalle collaborazioni con i Bottari di Portico, con i quali ha dato vita a uno dei suoi dischi più riusciti, Salvammo ‘o munno. Per non parlare del suo sax, condito da melismi tipicamente mediterranei.
A ottobre è uscito Lotto infinito, quattro anni dopo Black Tarantella, un disco che trovai bellissimo, unico ed emozionante e che presenta moltissime analogie con quest’ultimo lavoro. Lotto Infinito è infatti, come il precedente, un album in massima parte costituito da canzoni a due o più voci, con artisti di spicco del panorama nazionale e non solo. Voci che cantano, rappano come Caparezza, recitano come nel caso di Lello Arena o di Pippo Del Bono, e che suonano, come nel caso di Paolo Fresu in Nisciuno sape, ognuna delle quali aggiunge un tassello al mosaico di sonorità ideate da Avitabile. Sembra però che quest’album non tocchi completamente tutte le sfumature dell’ispirazione del musicista, risultando più monotono dal punto di vista delle canzoni – troppo simili tra loro, al punto di sembrare un unico lungo poema, con temi e tonalità che si intersecano e ritornano – ma anche degli arrangiamenti, che non presentano grandi novità rispetto a Black Tarantella.
Nonostante ciò il disco raggiunge notevoli vette compositive, come nella prima traccia Napoli Nord, in cui si fa eco al celebre slogan di Marcello Colasurdo: “Meglio ‘na tammurriata ca ‘na guerra”; o come nella title track, Lotto infinito, una canzone-monologo emozionante, in cui un ragazzo dei lotti popolari della periferia di Napoli, il Lotto Zero di Ponticelli, si racconta, individuando nell’infinito un pensiero consolatorio, un riscatto ideale contrapposto a una realtà di sofferenza.
Il disco nel complesso è quasi un mantra, una preghiera, a conferma di un afflato mistico che ormai è diventato un tratto distintivo della musica di Avitabile. Anche il brano con Giorgia, De profundis, è particolarmente riuscito, anzi sembra un’apertura alle sonorità della canzone italiana più pop: la scelta di portare nel proprio mondo musicale cantanti, musicisti e attori provenienti dai contesti più diversi, è sicuramente una strada molto proficua dal punto di vista artistico per il sassofonista-cantante partenopeo e in moltissimi casi si rivela frutto di un’ispirazione genuina. Viene il dubbio, talvolta, che possa essere dettata dalla voglia di affrancarsi, in certi contesti, dal localismo forzato in cui ingiustamente viene confinata la musica napoletana dall’industria musicale nazionale. Avitabile non ne ha certo bisogno, considerando la portata internazionale dei suoi lavori, ma molti grandi artisti, da Pino Daniele a Bennato, hanno accarezzato quest’idea in alcuni momenti della propria carriera, non sempre con risultati brillanti. Sta di fatto che lui piace proprio per quello che è: un perfetto rappresentante di quell’enorme brodo di musiche e culture che è il Mediterraneo, intriso di anima black e di poesia, che dimostra il poter essere coerenti con se stessi anche facendo cose molto diverse tra loro. (ciro riccardi)
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