Nessun Ufficio Immigrazione è un bel posto. Che sia in Italia o altrove vi si troverà condensato un mix di burocrazia, tristi pregiudizi e aspettative tradite. La costante di questi luoghi sono enormi file di persone stanche, accampamenti più o meno permanenti e un’aria di incertezza e disillusione. La situazione peggiora quando si attuano modifiche al già difficile sistema di accesso in questura, nel tentativo (perlomeno dichiarato) di sfoltire l’affluenza e fornire un servizio migliore. Questo è il caso di via Cagni 15 a Milano, di cui proveremo a ricostruire gli sviluppi che hanno portato alla situazione attuale. Per farlo è stata fondamentale la documentazione fornita da Naga e Asgi, associazioni che si occupano di assistere i cittadini stranieri e non, fare pressione sulle istituzioni e tanto altro.
Da sempre, a Milano, l’Ufficio Immigrazione si trova in via Montebello, tra i condomini lussuosi che sono il marchio del Municipio 1. Immaginarsi un ufficio del genere in questa zona è un esercizio controintuitivo. Cionondimeno è così da tre decadi, anche se l’affluenza è aumentata negli anni recenti, insieme agli sbarchi e alle richieste d’asilo.
In via Montebello la situazione è abbastanza ordinata, con una trentina di persone in fila, monitorate da un paio di piantoni di divisa e da qualche agente in borghese che pone domande sugli appuntamenti e sul motivo dell’accesso. Poche altre persone stazionano sul lato opposto della strada. Interrogando i residenti, in molti parlano di un “prima” e di un “dopo” l’apertura dell’ufficio provvisorio di via Cagni, che ha diminuito notevolmente l’affluenza in via Montebello. Le lamentele dei residenti non si sono mai tradotte in un comitato cittadino, ma sono state portate direttamente in questura e, con tempi variabili, risolte. È di fine 2021 la richiesta di porre rimedio allo stazionamento degli stranieri dentro il portone accanto all’ingresso degli uffici, con il posizionamento di transenne e addetti al controllo. Viene allora il pensiero che l’apertura, nello stesso periodo, dell’ufficio provvisorio nella decentrata via Cagni abbia avuto lo scopo di prevenire ulteriori polemiche provenienti dal cuore della città bene.
LETTERE DI PROTESTA
È infatti del 20 ottobre 2021 l’apertura del nuovo ufficio, preposto alle fasi iniziali dell’iter. Qui le persone arrivano “spontaneamente” per presentare domanda di protezione internazionale. Una volta dentro dovrebbe venir raccolta la domanda e fatta una parziale identificazione: foto e qualche impronta digitale. Viene quindi dato un appuntamento per completare la raccolta delle impronte. A quel punto la domanda può dirsi fatta e si ottiene un appuntamento agli uffici di via Montebello, dove verrà formalizzata attraverso la compilazione del modulo C3, che verrà sottoposto alla Commissione Territoriale, davanti alla quale si sarà ricevuti per spiegare le motivazioni e, dopo un tempo indeterminato, avere l’esito. Per completare questo iter servono anni, ma un passaggio importante è rappresentato dalla formalizzazione, grazie alla quale si può avere accesso al sistema di accoglienza, che vuol dire alloggio, assistenza e lavoro.
Dall’apertura di via Cagni 15 Naga e Asgi iniziano a ricevere segnalazioni di molti disservizi e ne chiedono conto alla questura in una lettera del 26 novembre 2021. Nella lettera viene evidenziato l’altissimo numero di persone che attendono dalla prima mattina, contro il numero bassissimo di quelli che vengono fatti accedere ogni giorno: solo quindici, tutti gli altri rimandati a casa senza neanche un foglio che testimoni il tentativo di sottoporre alle autorità la domanda di protezione internazionale. Considerando che questo iter si ripete per settimane o mesi, non aver ricevuto nessun appuntamento a tornare in questura significa rischiare, in ogni momento, di risultare clandestini in sede di un controllo e quindi di essere rimpatriati; tutto ciò in piena violazione del decreto legislativo 25/2008, che sottolinea l’importanza di un tempestivo accoglimento della manifestazione della volontà di richiedere protezione internazionale.
Naga e Asgi, nella lettera, chiedono che venga pubblicato (online o presso gli uffici di via Montebello e via Cagni) un calendario che riporti la presenza dei mediatori; propongono che vi sia uno sportello che rilasci appuntamenti che contribuirebbero a limitare l’assembramento; ritengono necessario, in ogni caso, che venga rilasciata un’attestazione che testimoni la volontà di chiedere asilo, in modo da proteggere le persone dall’espulsione nell’eventualità di un controllo.
La questura risponde il 17 dicembre 2021 negando il numero di accessi riscontrato; sostiene che la pubblicazione del calendario è imminente e giustifica l’apertura dell’ufficio provvisorio come tentativo di migliorare il servizio grazie a minori insidie stradali, spazi interni più grandi e alla presenza di servizi igienici all’interno della struttura.
Le due associazioni replicano l’1 febbraio 2022, quando finalmente la questura pubblica il calendario, grazie al quale le persone possono sapere quando sarà presente qualcuno che parli la loro lingua; tranne per chi arriva dall’Africa però, perché il generico “lingue africane” riportato sul calendario li costringe a sperare che proprio quel giorno ci sarà qualcuno che parli, tra gli innumerevoli idiomi di quel continente, proprio il loro. Nella lettera viene chiesta spiegazione di questa incommentabile dicitura; viene anche chiesto che siano visionabili il “modulo informativo multilingue” e il “foglio notizie” che vengono consegnati a chi chiede asilo durante il primo accesso. A nessuna di queste richieste viene data risposta.
Da qui in poi la situazione peggiora. L’affluenza aumenta e gli accessi giornalieri diminuiscono insieme alla presenza di interpreti. Le persone in attesa da mesi sono costrette ad accamparsi nei giardini antistanti l’ufficio, organizzandosi in turni per tenere il posto in quella che dovrebbe essere una fila. Donne incinte, bambini e anziani hanno la precedenza, ma tutte le altre persone entrano solo se vengono scelte dagli operatori – che cercano di bilanciare gli ingressi su base etnica –, oppure se spingono abbastanza quando le porte finalmente si aprono.
Varie associazioni e testate giornalistiche iniziano a pubblicare video e articoli delle condizioni disumane in cui si consuma l’attesa in via Cagni. Il 23 giugno 2022, con l’accusa di bivacco, la questura notifica ad almeno dieci persone il Daspo di quarantotto ore (più cento euro di multa) dall’area verde nella quale sono state costrette ad accamparsi.
“La misura del Daspo Urbano introdotta dal decreto legge n.14 del 2017 si conferma una sanzione discriminatoria, strumentalmente motivata da ragioni di sicurezza ma finalizzata in realtà a colpire e aggravare situazioni di disagio e vulnerabilità”. Così Naga e Asgi commentano l’accaduto e chiedono al sindaco, titolare del potere sanzionatorio, di intervenire annullando i Daspo e le sanzioni già emesse, oltre a escludere lo spazio urbano in prossimità di via Cagni dall’ambito di applicazione delle norme sanzionatorie. Nessuna risposta dalle istituzioni.
CARICHE E RASTRELLAMENTI
La richiesta di decoro, che sembra essere per le istituzioni un propellente molto più forte della dignità delle persone, monta a metà del 2022, quando il 6 agosto chiude il supermercato di via Suzzani e lo stabile vuoto diventa luogo di attesa e riparo per chi è costretto a passare i giorni e le notti in via Cagni. Il comitato Bicocca, che compie sopralluoghi nella zona da quando è stato aperto l’ufficio provvisorio, cerca un’interlocuzione con le istituzioni e il 9 novembre Anita Pirovano, presidentessa del Municipio 9, annuncia su Facebook di aver chiesto ad Aler che lo spazio dell’ex supermercato diventi hub di accoglienza e gestione delle prenotazioni. Passeranno di lì anche l’assessore alla sicurezza Granelli e al welfare e salute Bertolè, ma questo via vai si tradurrà soltanto nell’allontanamento degli stranieri dallo stabile il 29 novembre. Nessuno parlerà più della possibilità di aprire un hub e nel giro di qualche mese un determinante cambiamento proteggerà la cittadinanza dalla vista di cotanta miseria e le istituzioni dalla possibilità di ricevere lamentele.
Il 19 dicembre 2022 la metodologia di ingresso cambia senza che venga fatta alcuna comunicazione ufficiale: il lunedì mattina verranno fatte entrare circa cento persone, alle quali verrà dato un appuntamento nei successivi giorni della settimana. Non c’è più nessun calendario dei mediatori e la possibilità di veder garantito il diritto a fare richiesta di asilo in qualsiasi momento è sparita del tutto.
Da quel momento le persone inizieranno ad arrivare in via Cagni dai giorni precedenti alla domenica per prendere posto. I criteri di ammissione sono basati sulla discrezionalità degli operatori, che cercano di dividere il numero di ingressi tra i tre assembramenti che si creano spontaneamente: sudamericani, arabofoni, e tutti gli altri. Questa incertezza comporta un tentativo di avvicinarsi all’ingresso con tutti i mezzi, tagliando fuori le persone più fragili o in difficoltà. Nascono tensioni che sfociano in cariche da parte del terzo reparto mobile della polizia, per la prima volta il 20 dicembre 2022.
Il 23 gennaio 2023 la violenza che la polizia in tenuta antisommossa scatena sui settecento richiedenti asilo comprende l’uso dei lacrimogeni. Una situazione gravissima al quale il Naga reagisce presentandosi, ogni domenica dal 29 gennaio, in via Cagni per monitorare la situazione, fornire assistenza legale e una testimonianza nel caso in cui la violenza provochi feriti; inoltre, continua a raccogliere “manifestazioni di volontà”, cioè un foglio firmato dagli asilanti e controfirmato dai volontari, che testimonia il tentativo di presentare la domanda di protezione. Questo documento dovrebbe proteggerli dalla totale irregolarità, che si tradurrebbe, in sede di controllo, in un mandato di espulsione. Alla seconda settimana consecutiva che le persone in attesa forniscono la loro “manifestazione di volontà” e che quindi hanno la certezza che il tempo limite entro il quale ricevere una risposta sia scaduto, presentano il cosiddetto “ricorso ex art. 700” al tribunale ordinario di Milano, col quale provano a costringere la questura al rispetto dei tempi.
La situazione va avanti così per qualche settimana e la violenza poliziesca diventa una costante. Le persone vengono fatte attendere per ore senza nessuna informazione, per poi essere spostate da un luogo all’altro, chiuse in recinti di transenne, spinte e ricoperte di urla, finché qualcuno non decide di selezionarne un po’ lasciando gli altri ad aspettare un’altra settimana per ritentare. Anche per i volontari del Naga questa violenza diventa una costante e inizia a pesare ogni settimana di più. Mi raccontano di come la polizia, la notte del 12 febbraio, si sia spinta a manganellare indiscriminatamente, correndo nel boschetto di fronte all’ufficio provvisorio, coloro che se ne stavano lì con zaini e materassi. “La notte del rastrellamento”, la chiamano. Questi eventi li porteranno a programmare un appuntamento di supporto psicologico per il gruppo che ogni settimana staziona in via Cagni accanto ai migranti.
EPILOGO?
Il 5 marzo 2023 qualcosa sembra cambiare. I poliziotti non sono più in tenuta antisommossa e con loro è presente un mediatore che in arabo ascolta e spiega. I cameraman accorsi in massa riprendono i politici che fanno le loro dichiarazioni. Vengono fatte entrare duecentosessanta persone. Più del doppio rispetto al solito. I volontari si illudono che la pressione fatta sulle istituzioni abbia dato i suoi frutti, ma scopriranno dai giornali della mattina dopo che non c’è niente di regalato: la cadenza di accesso non sarà più settimanale, ma bisettimanale; non il lunedì, ma il martedì. Perché quando la questura vuole, le cose le organizza bene: di fronte a politici e giornalisti, accorsi seguendo l’odore del disagio, si sono sforzati di mostrare tutta l’umanità di cui sono capaci; poi, quando tutti sono andati via, hanno somministrato il boccone amaro.
Il 21 marzo, quando le transenne vengono aperte e le persone fanno di tutto per passare, gli scudi si alzano e volano le manganellate. Quattro persone vengono portate al pronto soccorso, di cui una in codice giallo. I contusi saranno molti di più.
Nei giorni precedenti a quella che doveva essere la seconda volta del “metodo bisettimanale” inizia a circolare la notizia che il 4 aprile nella caserma Annarumma non entrerà più nessun richiedente “spontaneo”, perché dal giorno dopo coloro che sono in possesso di un documento d’identità potranno prenotare online un appuntamento in questura sul portale Prenotafacile della polizia di stato. Coloro che invece rientrano tra le categorie “fragili” potranno recarsi presso gli uffici dell’Avsi per fare la stessa cosa. Tutti gli altri – ossia chi non ha documenti da immettere nel sistema – dovranno aspettare l’11 aprile, quando potranno rivolgersi a una serie di associazioni accreditate del terzo settore per ottenere un appuntamento.
Questo non cambia in nessun modo l’iter, e quel primo ingresso permette solo l’identificazione. Per quanto questo cambiamento rappresenti un miglioramento del trattamento delle persone richiedenti, che non dovranno più passare le notti nel parco per poi magari essere picchiate, dimostra comunque quanto non si abbia intenzione di snellire il sistema rendendo più immediata la richiesta e viene il sospetto che anche questa volta l’obiettivo prioritario sia quello di garantire il decoro nascondendo agli occhi dei cittadini la marginalità sociale. (matteo pugi)
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