La regione Campania con la legge n. 15 del 2015 ha provveduto al riordino della gestione del ciclo delle acque. La principale innovazione sta nell’istituzione di un nuovo ente pubblico, l’Ente Idrico Campano, che dovrà approvare i piani di gestione e provvedere all’affidamento del servizio idrico nei cinque ambiti distrettuali previsti dalla nuova legge.
Nell’Eic dovranno essere rappresentati tutti i comuni della Campania attraverso un sistema di votazione di secondo livello che coinvolge soltanto i sindaci chiamati a eleggere i Consigli di distretto, cinque in tutto con trenta membri ciascuno. E non finisce qui perché con un’altra elezione, di terzo livello – votano soltanto i centocinquanta tra sindaci e delegati eletti negli ambiti distrettuali –, dovranno essere scelti i quindici membri elettivi del Comitato esecutivo dell’Eic.
Il sistema elettorale è talmente complesso da mettere in difficoltà i più esperti burocrati. Ma i cittadini campani, che solo qualche giorno fa hanno bocciato la riforma del Senato anche perché non riuscivano a capire chi e come avrebbe eletto i senatori, impallidirebbero soltanto a guardare lo statuto dell’Ente idrico e i suoi allegati che contengono il complicatissimo sistema di elezione indiretta dei Consigli di distretto e del Comitato esecutivo.
Il 19 dicembre si voterà in tutti gli ambiti distrettuali tranne in quello Napoli-Volturno poiché il comune di Napoli si è avvalso della facoltà, prevista dalla legge, di rinviare le elezioni. Lunedì gli oltre cinquecento sindaci campani chiamati a votare si troveranno tra le mani una scheda di colore diverso a seconda del numero di abitanti del proprio comune: quella bianca rappresenta cento voti elettorali; quella azzurra mille voti; quella arancione duemila; quella grigia tremila; quella rossa cinquemila; quella verde diecimila; quella viola quindicimila; quella gialla trentamila; quella marrone cinquantamila.
Su ciascuna scheda dovrà essere riportato un unico voto indicante il numero o il nome della lista prescelta. Ma chi potrà essere eletto? I sindaci stessi – che, dunque, si auto-voteranno, sempre che riescano a farsi inserire in una lista – o, per i comuni più grandi, anche delegati scelti dai sindaci stessi tra i cittadini eleggibili nei consigli comunali.
Ma veniamo al caso di Napoli, che ha fatto dell’acqua pubblica il proprio vessillo. Quando, forse in gennaio, si voterà per completare il quadro con l’ambito Napoli-Volturno, al sindaco de Magistris capiterà di trovarsi tra le mani ben diciannove schede marroni, una scheda gialla, una rossa, una grigia, una azzurra e una bianca.
Il paradosso è che con quelle ventiquattro schede il sindaco potrà fare ben poco: visto che parliamo di acqua, Napoli “diluirà” i suoi 989.111 cittadini in modo da ottenere dodici o tredici rappresentanti su trenta. Insomma Napoli, pur essendo la città largamente più popolosa, non potrà decidere come gestire i servizi idrici nel distretto se non si accorderà almeno con un altro grande comune – Giugliano o Pozzuoli, per esempio – o con diversi comuni più piccoli per raggiungere, insieme, la maggioranza dei trenta voti del Consiglio.
Ma il risultato più singolare sarà che, anche se Napoli riuscisse a ottenere la maggioranza nel suo distretto, sarà sicuramente in minoranza nel Comitato esecutivo, cioè nell’organo principale dell’Ente Idrico Campano composto da venti membri che, pur dovendo tener conto di quanto deciso dal Distretto, dovrà prendere le decisioni finali sulle modalità di gestione.
Una corsa a ostacoli complicatissima, incomprensibile per qualsiasi cittadino normale, sia che voglia la gestione pubblica dell’acqua sia che pensi a una gestione affidata al mercato. Le decisioni sull’acqua saranno prese nelle chiuse stanze dell’Ente Idrico Campano e saranno attuate da un direttore generale che diventerà il vero centro propulsivo della gestione del sistema idrico in Campania. Come qualcuno ricorderà, la legge sul riordino del servizio idrico fu approvata in consiglio regionale in poche ore su iniziativa della giunta. Mentre il gruppo del Pd rinunciò a discutere un proprio progetto di legge alternativo.
Con questo sistema sarà difficile che i cittadini possano dire la loro sulla gestione dell’acqua come avvenne nel 2006 quando, su istanza della sindaca Rosa Russo Jervolino, l’autorità d’ambito competente annullò la gara che era stata indetta due anni prima per l’affidamento del servizio idrico di Napoli e Caserta a una società mista pubblico/privata.
Una sola cosa è certa: in questo groviglio di norme attuare una gestione pubblica attraverso soggetti di diritto pubblico, come l’azienda speciale Acqua Bene Comune, sarà ancora più difficile. (sergio marotta)
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