Le vecchie contusioni tornano doloranti alla vista delle insegne istituzionali, di camionette della polizia, frotte di telecamere telecomandate e drappelli di funzionari condiscendenti che affollano le stradine della cittadella della monnezza di Taverna del Re, tra Giugliano e Villa Literno. Vengono alla mente simili cerimonie in terra campana, nelle quali il rappresentante istituzionale del momento raccoglie meriti, dispensa giudizi, affabula, recrimina e dà inizio alle danze. Viene alla mente il 26 marzo del 2009, Berlusconi che preme il pulsante di “accensione” dell’inceneritore (ci vorranno due anni di collaudi e riparazioni prima che cominci a bruciare a pieno ritmo), Bertolaso che gongola, le scenografie d’occasione e il cordone di polizia a tenere lontani gli acerrani. Quella volta senza menarli troppo.
Ieri, il refrain della vittoria del fare, snocciolato stavolta dal governatore De Luca e amplificato per via mediatica e telematica, orientava gli occhi degli astanti e degli utenti verso il braccio meccanico di una gru scintillante nell’atto di afferrare l’ecoballa fossilizzata. La rimozione del deposito di immondizia imbustata più grande della Campania srotolava così il copione preparato per l’occasione, moltiplicando dichiarazioni di rinascita, della fine dell’umiliazione inferta al paesaggio. A mantenere a debita distanza gli attivisti giuglianesi, le solite divise. Sgusciati chissà come tra le forze dell’ordine, alcuni dei lavoratori del Consorzio Unico di Bacino – i guardiani dei siti di stoccaggio disseminati in regione, da quarantatre mesi senza stipendio – sono riusciti ad attirare l’attenzione per qualche istante, salendo sulle montagne ricoperte da teli neri. Era il febbraio 2016 quando l’ennesimo suicidio per esasperazione di un lavoratore del CUB (il sesto per motivi economici secondo una nota degli otto sindacati autonomi che tutelano i lavoratori) attraversava la cronaca senza far rumore. Ma i CUB sono stati scaricati ormai, le operazioni di rimozione essendo state affidate alle ditte private vincitrici del bando approntato dalla Regione nel 2015. All’orizzonte, promesse di corsi di formazione per i CUB e di lavoro nella raccolta differenziata. D’accordo, ma quando il versamento degli stipendi dovuti?
De Luca ha arringato l’uditorio. Grazie a lui, ha detto, Renzi ha orientato quasi cinquecento milioni di euro per la rimozione delle ecoballe: un festival di appalti per far viaggiare l’immondizia in Italia (Lombardia e Calabria) e all’estero e, dopo vagliatura, per ricomporre qualche cava-discarica. La camorra dei rifiuti è stata sconfitta, ha aggiunto. La Terra dei fuochi sarà un lontano ricordo, ha rincarato. E così le responsabilità passate e le necessità reali di questo pezzo di Campania si sublimano in proclami. Scolorano nel vogliamoci-bene perché ora-si-cambia-passo. Le contusioni che molti si portano addosso, e che riprendono a far male ogni volta che si annunciano miracoli, raccontano altro. Ricordano a chi ce le ha addosso perché quelle ecoballe sono lì, tanto per dirne una.
Sono lì, perché i commissari all’emergenza Rastrelli e Bassolino hanno permesso a FIBE-Impregilo di trattare la totalità dei rifiuti prodotti in regione al fine di trasformarli in combustibile derivato da rifiuti (CDR) – poi rivelatosi fuori norma – da bruciare negli inceneritori che avrebbero dovuto costruire. E ciò in violazione delle ordinanze che normavano il piano di smaltimento rifiuti per la Campania (possibilità di trasformazione in CDR fino al cinquanta per cento dell’immondizia totale prodotta in regione; obbligo di smaltimento in altri impianti italiani a carico dell’appaltatore prima del completamento dell’inceneritore) e dello stesso progetto delle aziende vincitrici (fondato su un CDR di qualità). Rastrelli ha acconsentito agli interessi delle banche implicate nel progetto ignorando i termini del contratto. E Bassolino non ha visto, o meglio “non ha impedito e ha invece consentito” (come si legge nella sentenza del Tribunale di Napoli del 4 novembre 2013) la perpetua violazione degli obblighi contrattuali assunti dalle affidatarie. Tra il 2001 e il 2008, nel sito di Taverna del Re vengono stoccate le ecoballe che sono ancora lì. Nel 2008, un accordo tra il Commissario straordinario e il sindaco di Giugliano ferma i conferimenti, ma il 28 ottobre 2010 il sito viene riaperto a seguito di un’ordinanza del governatore della Campania. Dal 2011 il sito è chiuso. Chi ha permesso di cementificare quei centotrenta ettari di campagna rigogliosa per abbancare immondizia imbustata, ricopriva importanti incarichi istituzionali che coprivano a loro volta gli interessi economici delle affidatarie. I famigerati CIP6, sussidi statali per incentivare le energie rinnovabili, erano stati garantiti a FIBE-Impregilo come assicurazione di profitti derivanti dalla combustione dei rifiuti. La magistratura nel 2007 sequestrò tutte le balle poiché la composizione creativa delle stesse era al di fuori dei termini di legge. Poco importa: quello stesso anno, Prodi, qualche istante prima di crollare insieme al governo da lui presieduto, permise tramite decreto l’accesso ai sussidi anche delle ecoballe non a norma da bruciare nell’inceneritore di Acerra. E allora vedi che per qualcuno aveva senso accumularle.
La camorra ha contribuito al disastro? O ci ha guadagnato? Secondo le dichiarazioni rilasciate a fine 2008 dal collaboratore di giustizia Emilio Di Caterino, l’intero sito di Taverna del Re, nella parte di Villa Literno, è stato gestito dal boss dei casalesi Michele Zagaria: dagli affari relativi alla fornitura del cemento per la costruzione delle piazzole a quello dei trasporti delle ecoballe che vi venivano ammassate. Un altro pentito, Michele Froncillo, ha affermato che persino gli impianti CDR erano controllati dai casalesi. Sono tuttora ignoti gli autori degli incendi dolosi del 2008, 2009 e 2010 al sito di Taverna del Re, che hanno distrutto quasi un milione di tonnellate di rifiuti, e che danno adito a speculazioni: una ritorsione per mancato pagamento di tangenti? Un tentativo di far sparire ecoballe con all’interno rifiuti tossici? Fatti difficili da ricostruire. A più riprese è emerso dalle conclusioni delle commissioni parlamentari, dai processi e dalle indagini della magistratura che aziende riconducibili alla camorra hanno collaborato con il commissariato all’emergenza, lucrando sui conferimenti in discarica di rifiuti urbani durante le crisi cicliche (la Resit di Cipriano Chianese), sulla compravendita di spazi per i siti di conferimento e stoccaggio (la cava di Settecainati a Giugliano e le cave di Chiaiano), o provvedendo direttamente ai lavori di approntamento delle discariche (ancora a Chiaiano).
La Terra dei fuochi rinasce con l’eliminazione delle ecoballe? Certo, quel monumento all’avidità, simbolo di una regione strozzata per produrre profitti dai rifiuti, va smantellato. Ma a dare ascolto agli abitanti, agli agricoltori, agli attivisti, l’ampia pianura tra le province a sud di Caserta e a nord di Napoli ha prima di tutto bisogno di essere ripulita dalle zone di scarico abusivo di rifiuti che ne intasano le vene, fuori, non dentro, le mura dei siti di stoccaggio. Quanti si sono prodigati di portare alto il nome dell’agroalimentare campano, tra cui il governatore De Luca al recente Expo di Milano, avranno pur parlato con un coltivatore campano qualsiasi, no? Se l’avessero fatto, avrebbero forse realizzato che frigoriferi, balle di pellame ed eternit, sversati illegalmente davanti ai cancelli dell’azienda agricola, e talvolta dentro, distruggono qualsiasi tentativo di valorizzazione del paesaggio e dei prodotti che quel paesaggio produce. Oppure, che Terra dei fuochi sono appunto fuochi, e che quindi il fenomeno dei roghi va affrontato facendo emergere le manifatture in nero che necessariamente smaltiscono illegalmente i propri rifiuti. Oltre a un controllo del territorio capillare, alla certezza di rimozione dei cumuli pirici denunciati dai cittadini, alla bonifica dei siti dove le fiamme hanno lasciato il posto a montagnole di diossina.
Sarà che le contusioni prese per difendere la propria terra fanno più male e si sentono più a lungo. O forse che stato e interesse pubblico da queste parti hanno troppo spesso significato la copertura di scempi. Oltre alle passerelle, vorremmo vedere coinvolgimento e condivisione d’obiettivi con le popolazioni interessate. Altrimenti, le balle potranno pure andar via, e a Taverna del Re potrà essere pure costruito un parco giochi, ma la fiducia nelle istituzioni resterà azzerata. (salvatore de rosa)
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