Si propone qui la trascrizione di un testo contenuto in tre fogli spillati, scritti sul fronte e sul retro e rinvenuti all’interno di uno sgualcito volume di poesie di Baudelaire, Les Fleurs du Mal (edizioni Gallimard). La raccolta di poesie era su un lenzuolo di un mercato delle pulci in città. I fogli erano inseriti tra le pagine 138 e 139, dove inizia la Danse macabre. La redazione del testo ritrovato è avvenuta a computer, sebbene si presume esista una prima versione redatta a mano. È probabile che l’autore descriva situazioni, pratiche, atteggiamenti osservati a Torino, ma non si può affermare con certezza. Le affermazioni riportate sono terribili, a tratti incoerenti, cariche di malevolenza e non possono essere accolte da alcuna sensibilità che coltivi ancora un ideale di civiltà. Sono qui riportate soltanto per ragioni documentarie.
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Negli ultimi anni ho lavorato con proprietari immobiliari, ho respirato l’aria stantia degli uffici comunali e ho visitato le bigie stanze dei commissariati di quartiere. I giorni che mi restano sono pochi, ma non mi dilungherò in metafore sul tramonto, o inverno della vita. Amai poco le metafore, così come detestai le frasi convenzionali dei mediocri lavoranti che accompagnavano le mie giornate: ufficiali giudiziari, piccoli proprietari di palazzine maltenute, poliziotti in borghese, agenti immobiliari. Ti lascio queste mie note dove raccolgo un compendio di quel che ho imparato sull’arte dello sgombero.
Sono consigli a tuo beneficio, amico mio, e di chiunque, come te, detenga una proprietà immobiliare, o più palazzine, o ancora un ampio territorio abitato. Sovente avrai la necessità di sgomberare gli abitanti perché sentirai il desiderio di trasformare la tua proprietà, e valorizzarla: qui trovi consigli di pratica efficacia. Questi consigli possono essere usati in sequenza, oppure uno può escludere un altro. Dipende dalle condizioni date e dalla concreta evoluzione del processo.
Perdona il carattere frammentario di questi pensieri. Si tratta in gran parte di sparsi appunti, scritti su un taccuino dopo aver preso l’ennesimo caffè corretto con il commissario di zona, o dopo aver mangiato in trattoria pollo ai ferri e taccole bollite con un portavoce dell’assessore alle politiche sociali. Per te, o per chiunque della tua cerchia leggerà, ho deciso di raccogliere le mie note e dividerle in un’introduzione sui fondamenti e tre capitoli tematici. Per avere una lingua tanto pratica quanto scarna, ho cercato di eliminare tutte le considerazioni personali e soggettive.
I FONDAMENTI
La morale non deve guidare le tue scelte, ma è bene che le tue mosse abbiano una parvenza morale per essere più efficaci.
Non esistono mosse proibite.
Interpreta il contesto analizzando tutti i dettagli. Non agire in modo schematico, ma adatta il tuo piano alla situazione data e sii pronto a modificare la procedura in corso d’opera.
Analizza tutte le forze in campo, a partire dagli abitanti che desideri allontanare. È importante conoscerne precisamente il numero. Verifica i contratti, esegui un censimento, aggiorna i dati. Le informazioni sulle condizioni delle persone da sgomberare potranno tornare a tuo vantaggio.
Stringi relazioni solide con gli ufficiali giudiziari del tuo territorio, con il commissariato di polizia, con il comando della polizia locale e con i funzionari degli uffici comunali. È sufficiente che tu abbia un referente di fiducia in ogni organo. Se il tuo stabile è occupato, assicurati di gestire rapporti informali con membri dei reparti investigativi.
Se possiedi più proprietà, devi avere una rete articolata di collaboratori: mediatori che curino i rapporti con i residenti, avvocati, un architetto e un geometra, amministratori di condominio al tuo servizio, picchiatori capaci di intimidire.
Non esistono amici, non esistono nemici. Ogni soggetto in campo può essere un ostacolo potenziale, o un potenziale aiuto. Impara a usare a tuo beneficio ogni variabile. Anche il più ostico avversario può, in un dato momento, essere piegato al tuo servizio.
I. Lo sgombero violento
Hai un vantaggio che i soggetti pubblici non hanno: per te, proprietario privato, è minore la necessità di giustificare le tue mosse. A differenza di un amministratore pubblico non devi ottenere consenso. Questo ti permette di usare in modo più spregiudicato la violenza, a patto di non eccedere la misura.
Ogni sgombero è violento.
Puoi impiegare due generi di violenza. Puoi appellarti a una violenza giustificata dal diritto: è il caso di uno sgombero di polizia per esecuzione di sfratto. Puoi usare una violenza nascosta e formalmente illegittima: intimidazioni, minacce, soprusi deliberati. Questa seconda violenza insinua nella vita degli abitanti sentimenti di paura ed esasperazione. Il loro malessere porterà a due eventualità: avviliti, se ne andranno volontariamente; indispettiti, commetteranno errori che renderanno legittimo uno sfratto legalizzato.
Le due violenze – quella formale e pubblica, quella informale e nascosta – possono mutare costantemente l’una nell’altra.
Valuta attentamente i dettagli di una situazione specifica. Gli inquilini della tua proprietà hanno un titolo legittimo di residenza e tu hai tempo a disposizione. Lascia che i loro contratti scadano e non rinnovarli. Avvia formali procedure di sfratto non appena i contratti sono scaduti e attendi l’esecuzione con l’eventuale impiego di forze dell’ordine. Sono rare, tuttavia, le situazioni in cui puoi aspettare: il profitto deriva dalla capacità di cogliere le occasioni.
Gli inquilini della tua proprietà hanno un titolo legittimo di residenza, ma tu desideri liberare l’immobile il prima possibile. È tempo di impiegare la violenza informale. Questa violenza presenta varie sfumature. È opportuno conoscerne la gamma per agire in intensità crescente.
Tramite l’amministrazione del condominio elimina ogni spesa di manutenzione: lascia sporchi gli spazi comuni, non apportare alcun miglioramento strutturale, anzi se possibile favorisci in tutti i modi le infiltrazioni d’acqua, il malfunzionamento degli impianti. Se hai a tua disposizione funzionari disposti ad agire nottetempo, incaricali di sfasciare oggetti importanti delle aree comuni. Gli abitanti devono iniziare a vivere in un senso di precarietà e insicurezza.
Sfrutta a tuo vantaggio i danni strutturali dovuti all’interruzione di ordinaria manutenzione. C’è una perdita dell’acqua? Non ripararla: lascia che i muri irrancidiscano. Le multe esose imposte dall’agenzia che gestisce la rete idrica saranno una giustificazione per attribuire agli abitanti costi spropositati delle utenze. Ricorda: puoi sfrattare un inquilino che smette di pagare le utenze.
Gli abitanti spesso hanno meno strumenti di te, ovvero dispongono di un numero inferiore di nozioni. Usa a tuo vantaggio la loro ignoranza e non esitare a privarli di informazioni importanti. Se hai avviato una procedura di sfratto, fai in modo che la notifica giudiziaria non giunga nella cassetta delle lettere dell’inquilino interessato. Lascialo all’oscuro e continua a richiedere il pagamento di bollette e pigione. Potrebbe decidere di pagare, inconsapevole di una pratica di sfratto in corso.
Se il palazzo è dissestato, il malessere aumenta al punto da trasformare gli spazi interni in terra di nessuno. Quando la struttura del palazzo si consuma e le relazioni sociali si allentano, la polizia si ritiene legittimata a invadere gli appartamenti. Agenti bussano alle porte per perquisizioni notturne nei salotti. La paura degli abitanti è sempre tua alleata.
Se hai buoni rapporti con le istituzioni, puoi osare mosse più radicali. Taglia l’elettricità all’improvviso o chiudi le condutture dell’acqua. Potrai lasciar credere che si tratti di un malfunzionamento. Gli abitanti vivranno in una condizione di maggiore precarietà esistenziale e smarrimento, consapevoli di essere alla mercé di un potere che li sovrasta.
Ordina ai tuoi funzionari – manovali, galoppini o picchiatori – di appiccare piccoli incendi. Se hai provocato ad arte il degrado strutturale dell’immobile, non avrai nemmeno bisogno di innescare il fuoco: saranno le stesse condizioni dello stabile a favorire l’insorgenza di fiamme spontanee.
La sudditanza degli abitanti può rovesciarsi in forza e coscienza collettive. Esasperati, possono decidere di non pagare, tutti assieme, bollette e affitti. Hai ottenuto il tuo scopo: potrai sfrattarli tutti con procedura legale.
Se gruppi di solidali occupano alcune parti del palazzo già abbandonate – con la speranza di rafforzare la protesta degli abitanti – esponi regolare denuncia: questura e prefettura dovranno stare dalla tua parte. In questa linea temporale puoi intravedere anche uno sgombero forzato per ragioni di ordine pubblico.
Con la violenza informale o con la violenza legale puoi ottenere la completa liberazione del tuo stabile. Gli abitanti, snervati e intimoriti, possono andarsene di loro spontanea volontà; gli abitanti possono essere sfrattati con la forza pubblica in seguito a procedura di regolare sfratto; gli abitanti possono essere sgomberati dalla celere in seguito a ragioni di ordine pubblico. Queste tre modalità non è detto che siano esclusive: spesso possono essere complementari.
II. Lo sgombero dolce
In alcune occasioni lo sgombero violento informale, e taciuto, non riesce. Possono esserci forze civili che denunciano i tuoi tentativi di intimidazione: l’attenzione pubblica rende impraticabile la tua violenza deliberata. In altri frangenti non è possibile lo sgombero formale con dispiego di forze dell’ordine perché lo stabile può presentare ostacoli alla procedura di polizia. Per esempio, all’interno dell’immobile ci possono essere tante persone, e ben organizzate. Devi procedere quindi con una nuova strategia: lo sgombero dolce.
L’arte dello sgombero dolce è stata raffinata dalle istituzioni pubbliche. L’attore pubblico, in taluni frangenti, deve sgomberare occupazioni di centinaia, o migliaia, di abitanti. Oppure deve radere al suolo baraccopoli di centinaia, o migliaia, di disperati. In queste circostanze lo sgombero non può essere attuato con violenza informale o formale. Dunque deve essere dolce, lento, etico.
Lo sgombero dolce è l’allontanamento coatto degli abitanti realizzato per ragioni umanitarie. In apparenza gli sgomberati lasciano volontariamente le loro case per essere accolti in progetti d’inclusione e soluzioni abitative migliori.
Lo sgombero dolce è un’arte sottile volta a rarefare, allentare, rompere i legami di solidarietà tra gli abitanti. Lo sgombero dolce è l’applicazione odierna e urbana dell’antico insegnamento: “Divide et impera”. Studia lo sgombero dolce organizzato dagli enti pubblici e imitane tattiche e procedure.
Gli sgomberi dolci realizzati dall’attore pubblico richiedono finanziamenti da parte di fondi europei, fondi ministeriali o capitali delle fondazioni di origine bancaria. Questi finanziamenti vanno affidati a servizi sociali, enti del terzo settore, soggetti filantropici per imbastire dei progetti di emergenza abitativa o di inclusione. Si tratta di proposte effimere: soluzioni abitative temporanee, borse lavoro precarie, regalie. Gli abitanti, però, vanno illusi: devono credere di avere soluzioni durature, foriere di un miglioramento.
Questi progetti non devono mai essere proposti a tutti gli abitanti. La filantropia organizzata, che gestisce i fondi pubblici, deve stabilire dei criteri per distinguere gli abitanti meritevoli dai non meritevoli. Solo i primi hanno il diritto di ascoltare le offerte.
La distinzione tra meritevoli e non meritevoli è il coltello che recide i legami interni.
Gli abitanti selezionati – allettati dalle offerte, oppure consapevolmente disperati – lentamente accetteranno le soluzioni proposte, per quanto effimere possano essere, e lasceranno gli appartamenti e le baracche. Nel corso dei mesi resteranno solo gli abitanti non selezionati: sarà facile dipingerli come feccia, cattivi, delinquenti.
Mentre la filantropia organizzata chiude la rendicontazione dei progetti e paga il lavoro agli operatori sociali, le forze dell’ordine possono invadere le abitazioni e sgomberare a forza i reietti rimasti. Nei campi di baraccati la ruspa appare, sul fango del villaggio ecco il segno dei cingoli.
È possibile riprodurre uno sgombero dolce anche nelle tue proprietà. Hai creato condizioni invivibili, hai aggredito gli abitanti, ma essi sono rimasti e sono ben organizzati. Devi abbandonare la violenza ora, e passare ai modi gentili.
In questa linea temporale la situazione nel tuo palazzo è di pubblico dominio, si sono avvicinati funzionari dei servizi sociali, istituzioni e attivisti. Devi manipolare a tuo vantaggio il loro interessamento: lascia che siano loro a organizzare uno sgombero dolce per motivi umanitari.
I funzionari della filantropia organizzata, i servizi sociali e gli uffici dell’assessorato alle politiche sociali si dimostreranno indignati dinanzi alle tue pratiche e alle ingiustizie subite dagli abitanti. In nome dei diritti umani inizieranno a proporre soluzioni abitative: dormitori in periferia, appartamenti ad accoglienza temporanea, camere gestite dalle cooperative. La benevolenza apparente della filantropia organizzata è spesso più efficace della polizia.
I servizi sociali e i filantropi contribuiscono alla trasformazione degli abitanti in subalterni bisognosi di aiuto. Se gli abitanti non sono stati domati dal tuo potere, possono finire nelle mani della filantropia organizzata. Saranno finalmente spossessati di ogni forza di volontà: un tempo orgogliosi e combattivi, ascolteranno le promesse di un’abitazione migliore, avranno paura di perdere l’opportunità offerta, accetteranno di buon grado di vivere altrove sotto la tutela di una cooperativa o impresa sociale.
Lascia che i servizi sociali del comune e la filantropia organizzata si prendano cura degli abitanti che vuoi sgomberare. Se offrono una soluzione abitativa a tutti, il tuo palazzo è finalmente sgombero. Se offrono, invece, soluzioni solo agli abitanti meritevoli, i legami interni sono finalmente frantumati.
Una volta allontanati gli abitanti meritevoli grazie al supporto dei servizi sociali e della filantropia organizzata, ora puoi occuparti degli ultimi rimasti, ormai isolati e privi di protezione. Torna a praticare l’arte dello sgombero violento.
Manipola le forze violente della polizia e le forze pacifiche della filantropia organizzata in un ciclo coerente con i tuoi interessi.
III. Come gestire la comunicazione e le relazioni politiche
I tuoi appartamenti sono affittati a persone povere: immigrati, reietti e fragili. Ogni forza giornalistica appartiene già alla tua classe sociale, e non alla loro. Non dimenticare mai questa tua posizione originaria di vantaggio.
Il lavoro del comunicatore è superficiale, estemporaneo e volubile. Il giornalista, qualsiasi sia la sua idea, non approfondisce mai le relazioni con gli abitanti, non ha uno sguardo storico. Si limita a raccontare la vicenda dopo una sommaria esplorazione e adotta stili e simboli già elaborati. Le differenze di contenuto, quindi, sono esito della medesima mediocrità.
Non esiste un’informazione davvero ostile, ogni forma di giornalismo può essere utile ai tuoi scopi.
Il giornalismo razzista è il tuo primo, più semplice alleato. Esso etichetta i tuoi inquilini: portatori di degrado, spacciatori, nullafacenti. Tutto lo stigma gettato su di loro incrementa la loro precaria debolezza, li rende esposti e ti permette di giocare sempre con la calma di chi è in vantaggio. Basta che un abitante commetta un errore e subito finirà sulle pagine del giornale cittadino. Lo spettacolo illuminerà la devianza dei poveri.
Il giornalismo progressista mostra attenzione ai diritti dei più deboli, ma è un tuo alleato ancora più notevole. Lascia che gli abitanti vengano descritti come dei poverini, deboli, sottoposti alle tue angherie. Questo non fa che aumentare la tua superiorità nei loro confronti e sprofonda loro in una condizione di maggiore impotenza.
Se il giornalismo razzista mobilita la polizia, il giornalismo progressista mobilita i servizi sociali e gli enti filantropici. Da ciascuno puoi trarre un vantaggio.
Il giornalismo è lo specchio delle forze politiche in campo, spesso ne è il pedissequo portavoce. Manipola i politici con una logica analoga a quella impiegata per il giornalismo.
Anche gli esponenti di ogni forza politica appartengono già alla tua classe sociale, e non a quella degli abitanti. Osserva dunque le diverse entità politiche in campo: nessuna si opporrà mai al tuo diritto di essere proprietario.
I partiti di sinistra e la filantropia organizzata possono criticarti e mettere in discussione il tuo potere. Non sei tu il loro vero obbiettivo: essi si rivolgono al loro elettorato, ai loro finanziatori. Se hai tanto tempo e tante proprietà a disposizione, cerca di coinvolgere nel tuo gioco le forze progressiste e la filantropia organizzata: offri loro i tuoi appartamenti da affittare, ovvero soluzioni abitative utili per i circuiti di accoglienza che loro gestiscono. Stringi dei patti con i progressisti e filantropi: così li leghi alla tua sorte. I loro attacchi poi saranno ancor meno veementi.
Puoi godere del supporto delle diverse forze politiche. I partiti di destra saranno i tuoi fiancheggiatori più fraterni e disponibili al dialogo, i partiti di sinistra saranno i tuoi alleati più efficaci. Non cedere mai ai sentimenti, valuta sempre, come bene supremo, l’efficacia.
Segui l’insegnamento del poeta di Megara: “Rivolgi a tutti gli amici, o cuore, un animo duttile, / adeguando il tuo umore a quello di ognuno. / Assumi la natura del polpo dalle molte pieghe, / che sembra a vedersi simile alla pietra cui aderisce. / Una volta, così assentisci; un’altra, divieni diverso di pelle: / l’abilità vale più dell’intransigenza”. (a cura di francesco migliaccio)
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