Samah Jabr è una psichiatra e psicoterapeuta che è nata e vive a Gerusalemme est. Direttrice dell’Unità di salute mentale del ministero della salute palestinese, è assistente professore clinico alla George Washington University. I suoi testi sono pubblicati in Italia da Sensibili alle foglie, che si occupa anche della traduzione e della diffusione dei suoi articoli, che abbiamo pubblicato qui e qui. Il testo che leggerete è stato scritto all’inizio della mobilitazione internazionale studentesca – in particolare negli Stati Uniti –, mobilitazione che col passare del tempo è cresciuta e si è sempre più diffusa anche nel nostro paese (ne abbiamo per esempio scritto qui).
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A tutte e tutti i coraggiosi manifestanti, offro queste parole di lode e di incoraggiamento.
Sappiate che il popolo della Palestina vi guarda, legge i vostri striscioni e ascolta i vostri slogan! Commossi dalla vostra solidarietà, troviamo conforto e forza nel vostro sostegno. Le vostre azioni contribuiscono a rigenerare i nostri legami di comune umanità ferita dai regimi egemonici che perpetuano l’ingiustizia sulla Terra.
Come psichiatra palestinese, testimone della recente ondata di militanza studentesca nelle università degli Stati Uniti in solidarietà con la Palestina, e osservando allo stesso tempo la reazione locale dei palestinesi, sono colpita dal profondo potenziale terapeutico insito in questi movimenti.
Mentre il popolo palestinese continua a sopportare le brutali realtà dell’occupazione, dell’apartheid e della violenza inflitta dallo stato israeliano, il sostegno inflessibile dei giovani militanti del mondo intero è un soffio di vita che allevia il nostro strangolamento sotto un’oppressione israeliana senza precedenti.
La censura delle critiche contro il sionismo e lo stato israeliano, gestita come misura di sicurezza all’interno delle università americane, è una manifestazione inquietante del silenziamento sistemico delle voci pro-giustizia e pro-palestinesi. Di fronte a questa repressione, le azioni coraggiose degli studenti e delle studentesse della Columbia, che hanno eretto delle tende nel campus e chiesto il disinvestimento dalle imprese che beneficiano delle attività israeliane, sono degli atti audaci di sfida. Malgrado gli arresti e le misure di repressione prese dagli amministratori dell’università, la loro resilienza ha innescato manifestazioni simili in tutto il paese e all’estero, dove i governi si allineano alle politiche israeliane.
In questo contesto, la solidarietà degli studenti degli Stati Uniti verso i palestinesi non è soltanto una posizione politica, ma un imperativo morale, etico. Si tratta di un rifiuto importante della complicità storica dei governi e dei media americani nel loro sostegno all’occupazione israeliana e alla sua violenza contro il popolo palestinese.
L’ingenuità, la passività, l’apatia e l’insensibilità dei comuni cittadini hanno da sempre contribuito alla nostra tragedia nazionale allo stesso modo della malvagità e perversità dei leader dei regimi colonialisti. Solidarizzando con i palestinesi questi studenti e queste studentesse sfidano la narrazione dell’oppressore e propongono una contro-narrazione fatta di empatia, di giustizia e di umanità.
Grazie alle loro energie, il loro idealismo, la loro empatia e la loro sete di giustizia, questi studenti e studentesse, i giovani in generale, hanno il potenziale per costituire una bussola morale per qualsiasi nazione. Il loro attivismo per la Palestina riflette un impegno per i valori universali dei diritti dell’uomo, della dignità e dell’uguaglianza. Inoltre, la loro volontà di sfidare le strutture di potere esistenti testimonia una profonda comprensione dell’interconnessione delle lotte globali contro l’ingiustizia.
Non si insisterà mai abbastanza sugli effetti terapeutici della solidarietà internazionale per i palestinesi. Per un popolo che ha sopportato decenni di sfollamento forzato, espropriazione e violenza, la consapevolezza di non essere solo nella sua lotta è fonte di conforto e di incoraggiamento. Questo riafferma la nostra umanità di fronte alla disumanizzazione e offre un barlume di speranza per un futuro libero dall’oppressione.
Come psichiatra, credo nel potere curativo della solidarietà. I suoi benefici sono reciproci, arricchendo sia chi dà sia chi riceve. Solidarizzando con i palestinesi gli studenti e le studentesse universitari e gli attivisti non soltanto difendono la giustizia, ma si impegnano allo stesso tempo in una guarigione collettiva dal senso di colpa e dall’impotenza legate al trauma vicario (inteso come esposizione indiretta a un evento traumatico che colpisce altri).
Le loro azioni incarnano i principi di empatia, di compassione e di riconoscimento che sono essenziali per la costruzione di un mondo più giusto e pacifico. Spero che la loro solidarietà continui a svilupparsi, al di là delle frontiere e delle barriere, fino al giorno in cui la Palestina sarà libera e la giustizia sarà realizzata per tutti. (samah jabr)
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