Notre Dame des Landes è un piccolo comune francese a nord di Nantes, Francia settentrionale. Era stato scelto come sede dell’Aéroport du Grand Ouest, il cui progetto, approvato nel 2008, prevedeva l’inizio dei lavori nel 2014 e l’apertura dello scalo nel 2017. Un movimento di opposizione è nato e si è consolidato in questi anni costituendo la Zad (Zone à defendre) di Notre Dame des Landes, tanto da arrestare i propositi di costruzione dell’aeroporto. Lo scorso gennaio il governo Macron ha accantonato definitivamente il progetto. Sul territorio della Zad, intanto, hanno preso vita diverse forme di comunità autonome con progetti che si pongono già al di là dell’opposizione all’aeroporto: rimessa a coltivazione delle terre abbandonate, sperimentazioni agricole, creazione di forni, falegnamerie, biblioteche.
Il 9 aprile la gendarmeria ha cominciato le operazioni di espulsione dei cittadini “a difesa” del territorio. Con un’operazione molto violenta, che ha visto impegnati migliaia di militari, i contadini, gli allevatori e i militanti che da almeno dieci anni lavorano con continuità nell’area sono stati attaccati. L’obiettivo del governo è quello di “restaurare la legalità”. Agli attacchi dei militari sono seguiti duri scontri, al termine dei quali alcuni presidi e spazi comuni sono stati demoliti dai gendarmi. Decine i feriti, di cui alcuni gravi.
Il 15 aprile, nonostante la polizia abbia provato in ogni modo a impedire l’accesso alla zona, circa ventimila persone si sono incontrate nella Zad per protestare contro le violente operazioni della gendarmeria. Migliaia di bastoni che erano stati piantati l’8 ottobre 2016 in “segno di pace” alla fattoria di Bellevue sono stati tirati fuori dal terreno. «Avevamo giurato di venirli a riprendere il giorno in cui la Zad fosse tornata sotto attacco», hanno detto gli attivisti.
Alla vigilia di un nuovo ultimatum del governo, con scadenza al 23 aprile, riproponiamo, in due puntate, la cronaca dell’offensiva governativa e della resistenza degli zadisti (clicca qui per leggere la prima), traducendo un articolo pubblicato da Lundi Matin lo scorso 18 aprile.
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All’alba del terzo giorno i rinforzi alla ZAD guardano verso est. E vedono… dei gendarmi che si preparano. Con l’avanzare della settimana, gli oppositori si svegliano sempre più presto, i gendarmi sempre più tardi – nuova prova di superiorità delle casette della ZAD sugli hotel Ibis. I gendarmi stanno ancora infilandosi i loro gambali, sulla strada delle chicane, che ricevono i primi lanci di pietre provenienti da immense barricate costruite durante la notte. Gli oppositori hanno appena il tempo di ascoltare gli avvertimenti, che ricevono, nella notte, le loro prime granate assordanti. Dopo una mattinata durante la quale le posizioni restano immutate, la gendarmeria procede alla più grossa offensiva della settimana. Si tratta di raggiungere la D81 e l’incrocio della Saulce per procedere da lì a nuove espulsioni/distruzioni.
Il pic-nic solidale
Nel frattempo, la frangia contadina della ZAD che ha appena raggiunto i resistenti alle espulsioni, ha mantenuto le promesse: i trattori servono a montare delle barricate più solide (a base di carcasse di automobili, per esempio), e allo stesso tempo si convoca un pic-nic solidale. All’ora di pranzo, diverse centinaia di persone sbarcano dunque con tascapani, baguette e bottiglie per confortare gli zadisti spossati da due giorni di scontri con le forze dell’ordine. Nel primo pomeriggio, una parte dei partecipanti al pic-nic decide di raggiungere la zona dove sono le sentinelle e dove gli scontri sono cessati da ore. Proprio in quel momento la gendarmeria suona la fine della tregua e comincia a muovere le truppe, spazzando via ogni cosa al passaggio. La gente viene cacciata via con grandi esplosioni di ordigni lanciati dai gendarmi tra la folla con il lancia-granate. Molte persone restano ferite, compresi alcuni giornalisti, altri vengono inseguiti per i campi.
L’attacco al pic-nic non è che l’inizio di una lunga serata di violenza. Ma mentre i gendarmi sono all’incrocio della Saulce e procedono a nuove espulsioni verso sud, a nord gli oppositori cominciano ad alzare nuove barricate. I lacrimogeni ormai sono passati di moda. Quella sera i gendarmi utilizzano decine di granate assordanti, lanciate a mano o con il lancia-granate, e dei proiettili definiti, in modo non certo appropriato, “di difesa”.
Cominciano a circolare voci che annunciano la fine “ufficiale” dell’operazione, dopo avere raggiunto il numero (ridotto in corso d’opera) di ventinove casette distrutte. Se la prefetto aveva in effetti l’intenzione di finire al più presto, quella sera viene rimessa al suo posto dal primo ministro Edouard Philippe, che auspica che la dimostrazione di forza continui ancora per un po’. L’annuncio della fine delle operazioni e della ripresa dei negoziati ci sarà solo il giorno successivo.
L’offensiva mediatica
Quando i racconti dell’attacco violento al pic-nic cominciano a circolare, i gendarmi lanciano una nuova offensiva, questa volta sul terreno mediatico. Prima il ministro della transizione ecologica, Nicolas Hulot, è inviato a parlare alla radio per spiegare che l’operazione si è svolta nel modo “più indolore possibile”; che ci sono stati dei feriti, ma la maggior parte tra i gendarmi, i quali peraltro “hanno proceduto alle espulsioni con il massimo di precauzione possibile”. In particolare, uno degli scontri di giornata viene messo in evidenza. Se le persone presenti quel giovedì pomeriggio all’incrocio della Saulce hanno assistito all’ennesimo assalto dei gendarmi contro una barricata, le forze dell’ordine hanno invece una versione del tutto differente; sostengono, infatti, di essere caduti in un agguato. Mentre se ne andavano tranquillamente lungo la strada, una barricata si è alzata davanti a loro e degli assalitori sono emersi dai cespugli e li hanno cosparsi… di acido (ricordiamo che l’attacco con l’acido ha sempre un posto di rilievo nei comunicati di auto-vittimizzazione poliziesca, accanto alla “sfera imbottita di lame”).
Gli zadisti invece spiegano: «I gendarmi non sono stati affatto attaccati di sorpresa. Il loro elicottero sorvolava i luoghi e vedeva quel che stava succedendo. C’è stato uno scontro su una barricata, come ce ne sono stati numerosi in questi giorni. Cercano di ingrandire la storia a loro vantaggio ma sono loro che hanno ferito decine di persone il giorno precedente in modo brutale».
Bisogna spiegare, per essere del tutto esaustivi, che a partire da giovedì alcuni oppositori hanno cercato di spostare il confronto con i gendarmi su un piano diverso da quello delle barricate. Per quanto questa versione dei gendarmi sia certamente una costruzione a fini di contro-propaganda, ci sono stati effettivamente, prima del fine settimana, diverse “emersioni dai cespugli”. Si è trattato per gli oppositori di una maniera di sottrarsi allo scontro frontale, pericoloso e squilibrato. Ancora una volta, è stato al momento della ritirata che i gendarmi hanno preso i loro spaventi maggiori.
In seguito, sempre nel tentativo degli espulsori di “correggere” mediaticamente le loro malefatte, la prefetto ha giocato la carta (inedita)… degli estremisti di sinistra! Così ha evocato “elementi esterni” agli zadisti (che secondo le ultime notizie erano loro stessi esterni al movimento): «Ci sono diverse persone che sono venute sulla ZAD per esercitare violenza contro le forze dell’ordine… penso in particolare a certi membri dell’estrema sinistra che sono pronti a rompere tutto, a uccidere anche, perché ne sono capaci. Loro non li considero affatto abitanti della ZAD».
Dunque attenzione: se gli zadisti, anzi gli “elementi esterni alla ZAD”, si battono contro i gendarmi, contro le loro armature, i loro droni, i loro elicotteri, i loro blindati, le loro granate e le loro flashball, se rischiano di farsi colpire sulle barricate, ma non si stancano di ritornarci, non è per opporsi alle espulsioni, né per rallentare l’avanzata delle forze dell’ordine o per impedire che dei luoghi di vita siano spazzati via dalle scavatrici, e nemmeno per far passare il numero delle case distrutte da quaranta a ventinove. No. È per assassinare qualcuno. La prefetto si inserisce, dunque, nella linea governativa della strategia della tensione. E offre ai gendarmi un bersaglio, contro cui usare tutti i mezzi necessari – dal momento che hanno di fronte della gente che li vuole assassinare.
Il modulo semplificato
L’arresto “ufficiale” delle operazioni si accompagna al ricatto della prefetto e del governo. Era atteso, visto che uno degli obiettivi dell’operazione dal punto di vista dello stato era di mettere il coltello alla gola degli zadisti non ancora espulsi. In pratica, gli zadisti hanno tempo fino al 23 aprile per riempire un modulo “semplificato” – nient’altro che un foglio A4 – che richiede (individualmente, e secondo criteri predefiniti) che la loro situazione sia regolarizzata. Insomma: “Se voi restate sulle vostre posizioni, se vi rifiutate di riempire questo ca*** di modulo, ritorneremo”. Doppio ricatto, perché accompagnato da una minaccia di divieto per la manifestazione prevista domenica nella zona. Triplo ricatto, perché la minaccia è di distruggere immediatamente tutto quello che verrà ricostruito.
Sabato 14 nel pomeriggio doveva avere luogo una manifestazione di sostegno alla ZAD a Nantes. La prefettura aveva già preparato l’ambiente: sarà una manifestazione ad alto rischio, ci saranno più di mille poliziotti, nonostante si attendano circa novecento manifestanti, il sostegno agli zadisti essendo piuttosto debole negli ultimi tempi. Possiamo pensare che il comunicato del ministro dell’interno Gerard Collomb, che denunciava le violenze, fosse pronto già in tarda mattinata.
Piccolo problema: i manifestanti non erano novecento ma dai sette ai dodicimila. E anche il tentativo di impedire con le buone la manifestazione (lanciandogli contro delle granate dopo qualche centinaio di metri e chiudendo a sandwich una parte del corteo) non è riuscito esattamente come l’aveva previsto la polizia… Il corteo, andato in pezzi, si è disperso in tutte le direzioni intorno al centro cittadino. A partire da quel momento, diversi modi di manifestare si sono palesati, dalla danza all’invettiva contro la polizia, dalla confezione di crepes al lancio di pietre, dalla banda musicale al salto sui veicoli dei celerini, e così via. Ma tutte con una costante, le cariche di una polizia che, nell’insieme, ha perso davvero il controllo.
Così lo riassume Nantes Révoltée: “Come sulla ZAD, l’impiego di granate non trova limiti. Centinaia di cartucce lacrimogene vengono lanciate senza alcun criterio. Una giornalista riceve uno scoppio di granata sulla maschera di protezione, senza la quale avrebbe perduto un occhio. Moltissime persone vengono ferite. Ci sono scene surreali. Un padre di famiglia i cui bambini hanno ricevuto del gas in una piazza, a viso scoperto, si mette a prendere a pugni un camion della Celere. Un estintore viene svuotato in un veicolo. File di decine di celerini sono circondati dai manifestanti e non sanno più dove andare. Dei poliziotti in motocicletta vengono inseguiti. Il cannone che spara acqua provoca dei piccoli arcobaleni. Un liocorno fronteggia la polizia”.
Un nuovo ultimatum
Quel che la manifestazione ha riaffermato, in ogni caso, è la diversità e il coraggio del movimento della ZAD, il cui obiettivo non è solo il ritiro del progetto dell’aeroporto, ma anche la sopravvivenza di quel che ne ha preso il posto; che non si lascia indebolire dai recenti dissensi, né dai numerosi tentativi di intimidazione della prefettura. La manifestazione ha anche permesso di constatare l’incaponimento del governo e della prefettura, che per il momento seguono una sola strategia: l’intervento brutale e massiccio delle forze dell’ordine. È in questo modo che la prefetto ha “gestito” anche il raduno della domenica sulla ZAD: con uno spiegamento di gendarmi nei dintorni per perquisire e dissuadere le auto a raggiungere il posto; con gli sgomberi delle barricate fin dal mattino (appoggiate da granate e blindati, naturalmente); con il gas per gli oppositori che avevano cominciato a ricostruire sulle zone di espulsione. Ma, per il momento, a imporsi è ancora la determinazione e l’inventiva degli zadisti e dei loro sostenitori. Ne è una prova ulteriore la deambulazione notturna di un… telaio in legno costruito dagli zadisti, in un’area momentaneamente libera dalle forze dell’ordine. La ZAD è ancora viva e durante una settimana difficile ha beneficiato di un sostegno crescente. Il governo sperava di isolare gli zadisiti e risolvere l’affare in tre giorni. Ma la stampa regionale già parla di “fiasco”.
La prefettura ha fissato una nuova scadenza: il 23 aprile. Le forze dell’ordine restano sul posto, ufficialmente per impedire la ricostruzione e l’interruzione delle strade. Questo non è che l’inizio… (fine – traduzione di –lr)
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