Oggi 19 gennaio, alle ore 17, nell’ambito di un’iniziativa organizzata da NapoliMonitor e ActionAid, sarà presentato alla Mediateca Santa Sofia di Napoli (via Santa Sofia n.7) il volume La residenza contesa. Rapporto 2022 sulle migrazioni interne in Italia, curato da Michele Colucci, Stefano Gallo ed Enrico Gargiulo. L’intuizione del libro è quella di far dialogare studiosi di discipline sociali diverse intorno al tema dell’iscrizione anagrafica, intesa come presa d’atto amministrativa della presenza “di fatto” di una persona in un determinato territorio.
Il volume si interroga sui conflitti e gli interessi economi legati al tema dell’iscrizione all’anagrafe e dunque sulla centralità della residenza come questione sociale e politica: “Nonostante la rilevanza strategica dell’iscrizione anagrafica – scrivono i curatori nell’introduzione – il percorso di registrazione, in concreto, si fa spesso tortuoso e incerto. In molti comuni […] l’anagrafe, da strumento di monitoraggio del territorio, tende a trasformarsi in un dispositivo di selezione della popolazione ritenuta ‘legittima’: anziché seguire una logica inclusiva perché conoscitiva, ne segue una di tipo opposto, escludente in quanto selettiva e ricattatoria”.
Le strategie utilizzate nell’uso dell’iscrizione anagrafica – ricostruite nei differenti saggi del volume – intercettano in effetti numerose traiettorie di marginalità, tagliando fuori da un’ampia gamma di diritti (la sanità, le mense scolastiche, le misure di sostegno alla povertà, il gratuito patrocinio in un contenzioso) le fasce di popolazione più fragili; come se non bastasse, l’iter di assegnazione viene gestito in maniera schizofrenica dalle amministrazioni comunali sia con ordinanze, che nelle prassi, che non è infrequente che cambino dalle diverse municipalità di uno stesso comune.
Dal punto di vista legislativo, l’aumento dei “paletti” necessari per ottenere l’iscrizione anagrafica produce esclusioni considerevoli: accade con la subordinazione del riconoscimento della residenza alle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile, per esempio, o con la richiesta del possesso di un titolo di soggiorno, che taglia fuori una parte non trascurabile di cittadini stranieri; accade inoltre (come abbiamo spiegato per esempio qui e qui), anche a causa dell’articolo 5 del decreto-legge n. 47/2014 (cosiddetto “decreto Lupi”, o “Piano casa”), che seleziona i potenziali iscritti in base al titolo di occupazione dell’alloggio, a danno degli occupanti casa, di chi ha un contratto di locazione non registrato e dei cittadini senza fissa dimora. Scelte assai discutibili pure da un punto di vista della tecnica giuridica, come dimostra d’altronde il groviglio di circolari, direttive e deroghe legislative, con l’unico risultato di complicare il tutto.
Passando dal piano normativo a quello delle prassi, un caso emblematico è rappresentato dall’agire delle amministrazioni nel perimetro del comune di Napoli. Lo scorso autunno, contestualmente al cambio dei vertici della Direzione Anagrafe (a discapito di una dirigenza tendente a mediare e a cercare soluzioni compatibili con le restrizioni normative), è stata infatti diffusa da palazzo San Giacomo una circolare che dichiarava chiuso “l’esperimento” – così veniva definita una pratica efficace andata avanti per anni, tendente a limitare l’esclusione dai diritti per gli occupanti di alloggi di edilizia residenziale pubblica – dell’assegnazione delle cosiddette “residenze di prossimità” agli occupanti casa sine titulo, che potevano dal 2017 registrare la propria residenza “nei pressi” di una zona frequentata abitualmente. Un provvedimento di mero stampo restrittivo, emesso in un contesto di emergenza abitativa diffusa, in cui non ci sono assegnazioni di case popolari all’orizzonte, l’inserimento nelle graduatorie ha tempi lunghissimi e riduce quasi a zero le possibilità per le famiglie di vedersi assegnare un alloggio (tanti napoletani scelgono di non intraprendere neppure questa strada).
In concomitanza con questa circolare dell’ottobre 2022, un pericoloso cambio di rotta si è registrato anche nell’assegnazione delle residenze di prossimità per i senza fissa dimora, che è passata dall’ufficio anagrafe centrale alle singole municipalità, con la conseguenza di un aumento delle prassi difformi, sia in termini di gestione che di tempistica: nel centro storico, per esempio, gli uffici riescono a muoversi più velocemente, mentre in periferia si registrano numerose situazioni critiche, in particolare nell’ottava e nona municipalità (area nord e ovest della città).
Anche in un’ottica di contrasto delle tante illegittimità, a livello amministrativo e politico, legate al tema dell’assegnazione della residenza, il libro di Colucci, Gallo e Gargiulo (che ha pubblicato anche un altro volume sul tema) costituisce un fondamentale vademecum multidisciplinare, che fa riflettere su come l’esclusione e le disuguaglianze provocate dal diniego di una iscrizione anagrafica ad alcune specifiche fasce di popolazione siano temi meritevoli di ben altra centralità nel dibattito pubblico (non soltanto normativo, né limitato agli addetti ai lavori). Si tratta infatti di questioni che potrebbero, in un futuro nemmeno troppo lontano – in questo senso riflessioni fondamentali le apre il saggio di Violante, “Lavorare senza risiedere. I contorni di una popolazione mobile” – coinvolgere tanti altri soggetti la cui sopravvivenza stabile in un determinato luogo è messa in crisi dalla precarietà del mercato (abitativo, lavorativo, ecc.), e che rischiano di veder messe in discussione una serie di garanzie legate a condizioni sociali che per tanti, già oggi, sono un miraggio. (riccardo rosa / michela tuozzo)
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