È stata inaugurata il 16 luglio, e sarà visitabile fino al 16 settembre, a StudioCromie (via Santa Sofia, 14) di Grottaglie, la mostra Puglia Cruda di Piero Percoco. Pubblichiamo a seguire alcune delle fotografie e l’introduzione al catalogo della mostra, a cura di Angelo Milano.
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Mi piacciono le masserie, quelle abbandonate. In quelle abitate nella migliore delle ipotesi ci trovi a girarsi i pollici i figli dei figli dei figli di chi si è fatto il culo appresso alle terre e alle bestie in quella fascia di tempo che sta fra post-feudalesimo e l’arrivo della borghesia (e il conseguente inizio del giramento di pollici). Nella peggiore delle ipotesi invece ci trovi i francesi, gli americani, i belgi inoffensivi (paraculi) e gli inglesi che con due lire hanno comprato il grezzo e stanno vivendo il sogno del sud Italia rurale, con il riscaldamento a pavimento sotto le chianche, mentre i vecchi proprietari sono in un appartamento di anonime palazzine a vivere il sogno della metropoli – a Ostuni nuova – liberi dal pensiero che la masseria abbandonata di nonno Peppino prima o poi crolli. Fin qui tutto bene se vogliamo, sono follie con cui bisogna fare i conti, ma diciamocela così com’è: il dramma vero sono i milanesi.
Astuti quanto un termosifone, con lo stesso budget di trenta metri quadri sui navigli – complice la manovalanza locale a bassissimo costo – decidono sempre più spesso di colonizzare un pezzo di terronia. «Ben venga!» dice il barese neolaureato alla Bocconi, che con i quattrocentomila euro di papà li ha comprati lui, quei trenta metri sui navigli. Se fai due conti dopo i dieci anni in affitto (altri 120k nelle casse lombarde – università privata esclusa) è il caso di prenderla a tutto titolo ‘sta residenza meneghina: dopotutto sono anni che dico “àmo” e non “amò”, tocca a me adesso buttare la mia vita per mille e duecento euro al mese in ufficio a Garbagnate, e che problema c’è se il mio titolare milanese si fa la villa con piscina in Puglia con i milioni che gli sto facendo accumulare? Mi dà persino due settimane di ferie quest’anno, riesco a farmi sia il Viva che il Locus.*
La verità per me è che ai pugliesi, quelli che vivono la Puglia come una casa e non come una puttana che visiti in vacanza, gli stanno sul cazzo i milanesi, pure quelli acquisiti, e che bisogna essere coglioni nel profondo per non accorgersi di quanto il sud Italia sia asservito a un’economia tutta sbilanciata a nord, della quale ci spettano solo le briciole, dove i pugliesi sono forza lavoro e la Puglia è terra di conquista, entrambe a basso costo. Ci tengo anche a dire che nessuno me la dà a bere con le retoriche recenti del restare, del rimanere e del tornare, sbandierate come una scelta di coscienza quando la verità è che hai finito le cartucce e ti sei accorto che fuori non ti aiuta nessuno: chi non ha mai pensato di lasciarla, la Puglia, è diverso da chi è andato via, da chi è tornato alla malaparata e da chi è arrivato adesso per ristrutturarsi un trullo a Martina Franca.
Quando sono in bici e mi spingo un po’ più in là mi imbatto sempre in una masseria abbandonata che non conosco. Mi precipito a trovare una fessura, il modo per scavalcare il muretto e visitarla tutta. Mi piace immaginare le stanze popolate dalle famiglie che ci hanno vissuto, le stalle dalle bestie, aie animate dai giochi dei bambini. Sulle muffe verdi degli archi in pietra, ormai pericolanti, c’è scritta tutta la storia di questa regione, del suo abbandono, dell’ignoranza del progresso, della sudditanza al nord, della precarietà e del potere del denaro. È una storia che non ho mai letto (non leggo) ma è nella memoria collettiva di qui, forse genetica, chi si è dato il tempo di rimanere la impara a memoria.
Preferirei vederle crollare una a una queste masserie prima di saperle in mano al prossimo avvoltoio. Sogno una Xylella capace di distruggerle pietra per pietra prima che arrivino le lampade con le luminarie, la pizzica su commissione, le friselle a otto euro e le stanze a quattrocento a notte dove quei baresi stessi, scesi per le vacanze, possano accorgersi di quanto è bella la terra che hanno lasciato. Il turismo è solo uno dei problemi, l’indotto di pochi non giustifica mai il prezzo da pagare per tutti gli altri, #weareinpuglia non vuol dire esserci davvero e non basta godere della bella stagione per sapere com’è starci tutto l’anno, ad attraversare il deserto una volta non fai neanche in tempo ad avere sete.
Quando ho chiamato Piero mesi fa e gli ho chiesto cosa volesse mostrare, ho insistito solo per usare la parola PUGLIA nel titolo della mostra e del catalogo, lui non era convinto e anche a me suonava male in realtà, sembrava impossibile anche per noi allontanarci dagli stereotipi abusati dal marketing del folklore e per un attimo ho davvero temuto che la cosa ci fosse sfuggita di mano. Come se le foto al panino col polpo sul ponte di Polignano, il selfie alla cava di bauxite e i tramonti dietro al dj delle feste in piscina a Locorotondo facessero così tanto eco da confondersi con la parola stessa, ho pensato: col cazzo!
Piero non sa parlare come io non so scrivere, ma proprio mentre mi tolgo questi sassolini dalle scarpe sputando sui milanesi di Ostuni e sui baresi dei navigli leggo sul suo Instagram: “Born and died in South Italy”, è questo che abbiamo in comune, che se oggi abbiamo mezzi per comunicare è perché ce li siamo presi, sappiamo tutti e due che anche qui nevica quasi ogni anno (lo sanno i coloni stagionali?) e abbiamo tutti e due la pesante consapevolezza che se nel deserto ci vivi poi ti senti solo, e che fare tutto sempre da soli è molto più difficile. Che sia questa un’occasione per fare una cosa insieme e raccontare senza trucchi la nostra terra adorata: Puglia Cruda.
* Viva festival e Locus sono due festival musicali di massa dove vanno TUTTI i pugliesi a fingere di conoscere gli artisti in programma.
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