«La manifestazione è domani, ma se stasera vai alla porta di Brandeburgo forse troverai già qualcuno», ci dice un amico la mattina del 14 gennaio. Siamo a Berlino e per il giorno dopo è prevista una manifestazione nazionale dei contadini tedeschi che da diversi giorni si sono mobilitati in tutta la Germania arrivando a bloccare alcune strade. Nella stessa settimana anche le ferrovie tedesche sono state bloccate da tre giornate di sciopero.
Seguiamo il consiglio e intorno alle 19 ci avviciniamo alla zona del Bundestag e della porta di Brandeburgo dove incrociamo un piccolo gruppo di persone con delle pettorine catarifrangenti con la scritta Ohne uns kein Essen (Senza di noi niente cibo). Vengono dalla zona di Paderborn (Nord Reno-Westfalia, Germania occidentale) e ci dicono che protestano per il taglio di un sussidio statale per un carburante per le macchine agricole, ma anche per molto altro. Tutto è nato nello scorso novembre quando il Bundesverfassungsgericht (simile per funzioni alla Corte costituzionale italiana) ha impedito al governo guidato dal socialdemocratico Olaf Scholz di usare un fondo stanziato durante la pandemia per aggirare la rigida disciplina di bilancio tedesca, causando così l’impossibilità di finanziare alcune spese già previste. Si cerca ora di far fronte al problema riducendo le uscite, rendendo però impossibile finanziare alcune voci, come il sussidio in questione. «Vai oltre la porta e vedrai quanta gente c’è», ci tengono a dire poco prima di separarci.
Difficile dare loro torto: vediamo subito un gruppo di trattori che si muove in fila mentre molti altri sono parcheggiati ai bordi e al centro della strada, a un certo punto anche in doppia fila. Ci sono pure dei camioncini e dei mezzi per il trasporto delle merci, colpiti a loro volta dalla riduzione dei sussidi. La strada, che unisce la porta alla colonna della vittoria e attraversa il parco chiamato Tiergarten, è chiusa al traffico ordinario e nonostante il freddo c’è un certo via vai di persone. Qualcuno ha acceso un fuoco per scaldarsi, altri bevono birra o parlano tra loro. Sui mezzi ci sono diversi cartelli come Beiß nie die Hand, die dich füttert (Non mordere mai la mano che ti dà da mangiare) o Ist das Bauer ruiniert wird das Essen importiert (Se il contadino è rovinato il cibo viene importato). Basta una passeggiata per rendersi conto che quelli che vengono definiti come contadini o agricoltori sono un universo composito, difficile da inquadrare. Sotto alla colonna della vittoria, al centro del Tiergarten, altre persone intonano dei cori. Dicono: «Wir haben dis Schnauze voll», ovvero “ne abbiamo abbastanza”.
Un’espressione simile in tedesco è Wir haben es satt e proprio questo è il nome di una piattaforma composta da oltre cento realtà che è tra le promotrici delle mobilitazioni di queste settimane. Nella loro chiamata sostengono che l’agricoltura dovrebbe essere senza interventi genetici sulle piante, contadina, senza brevetti e compatibile con le esigenze ambientali. Inoltre, il cibo dovrebbe avere un prezzo adeguato alle esigenze di chi produce senza diventare inaccessibile per chi non ha un reddito alto. Si sarebbe di fronte a una questione di autodeterminazione: non fare fronte ora all’uso di manipolazioni genetiche potrebbe rendere impossibile decidere tra pochi anni se se ne vuole fare a meno. L’uso di queste tecnologie renderebbe ancora più grave la dipendenza dalle strutture industriali che governano l’agricoltura, penalizzando le imprese più piccole, che fanno fatica a reggere la concorrenza. La diversità di interessi tra aziende grandi e piccole è uno dei punti dirimenti: chi ha scritto il manifesto accusa il governo di Scholz, composto da socialdemocratici, verdi e liberali e conosciuto in Germania come la coalizione semaforo, di aver abbandonato i contadini in un momento di crisi e attacca la politica agricola comune (Pac) dell’Unione Europea: un sistema di sovvenzioni che esiste dal 1962 e che ogni anno distribuisce poco meno di sessanta miliardi di euro di fondi europei per sostenere il reddito degli agricoltori e per il cosiddetto sviluppo rurale. Una cifra considerevole, visto che il bilancio annuale dell’Unione ammonta a circa centosessanta miliardi di euro.
Su posizioni simili troviamo la AbL (Arbeitsgemeinschaft bauerliche Landwirtschaft, un gruppo che si occupa di agricoltura contadina), parte della rete internazionale La via campesina come le italiane Associazione rurale italiana (Ari) e l’Aiab (Associazione italiana per l’agricoltura biologica). L’AbL ha presentano un piano in sei punti in cui chiede, tra l’altro, una revisione delle Pac in modo da premiare chi adotta modelli di agricoltura più rispettosi dell’ambiente e una tassazione più alta per chi possiede più terra con lo scopo di reinvestire i proventi per favorire l’accesso alle professioni agricole. In quest’ottica la richiesta di non annullare il sussidio federale sul carburante è solo uno dei punti delle rivendicazioni ed è anche uno dei pochi che accomuna questi primi gruppi ai Liberi contadini (Freie Bauern) che si presentano come difensori di un’agricoltura familiare e che hanno a loro volta presentato un piano, questa volta in cinque punti. Troviamo anche qui la richiesta di bloccare l’uso delle manipolazioni genetiche accanto alla proposta di aprire la caccia indiscriminata ai lupi che minaccerebbero gli allevamenti, trovando il sostegno di alcuni gruppi di cacciatori che hanno espresso la loro solidarietà alle proteste dei contadini. Si chiede anche di ritirare le diverse regolamentazioni su concimi, piante e animali, che dal 2017 vesserebbero gli agricoltori in modo “ideologico” nonché i programmi europei chiamati Green Deal e From farm to fork. Ricorre però la richiesta di mettere in discussione il potere delle grandi catene di distribuzione organizzata e la necessità di proteggere l’agricoltura tedesca di fronte alle importazioni dall’Ucraina e da paesi extra-europei.
Il 15 gennaio la stazione centrale dei treni di Berlino era piena di gente con i cartelli e gli slogan delle proteste dei contadini. Un fiume di persone usciva in direzione del vicino Bundestag e della porta di Brandeburgo: era il preludio a una grande manifestazione a cui qualche ora dopo si sarebbe presentato anche il ministro delle finanze liberale Christian Lindner per cercare una difficile interlocuzione con i contadini. Su uno dei passaggi obbligati prima di arrivare a un ponte che attraversa la Sprea incontriamo un signore con la barba che cerca di vendere a chi manifesta alcuni adesivi e delle spille con slogan pacifisti. Gli chiediamo che opinione abbia della mobilitazione: «È ottima, abbiamo bisogno di una sollevazione! Lo Stato spende soldi per la guerra e dà troppo poco per l’agricoltura e per le scuole, era ora che accadesse qualcosa» ci dice. Il tema della guerra e dei suoi costi in effetti ricorre, ma non sembra essere sempre al centro del discorso. Al termine della manifestazione il Deutscher Bauernverband, una delle più importanti associazioni agricole tedesche, metteva ancora il sussidio per il carburante come questione dirimente per far terminare le mobilitazioni e chiedeva alla coalizione di governo di essere ragionevole.
Le proteste dei contadini e degli agricoltori si sono svolte mentre in Germania cresceva una forte preoccupazione verso il ruolo sempre più ampio che il partito Alternative für Deutschland (AfD) potrebbe avere nella politica tedesca dopo le prossime elezioni europee. La rivelazione da parte di un’inchiesta giornalistica dell’elaborazione di un piano di deportazioni per persone considerate “non tedesche” a cui avrebbe partecipato la stessa AfD ha fatto nascere un’ondata di manifestazioni in cui si è arrivati a chiedere la messa al bando del partito. Una di queste si è svolta domenica 14 gennaio a Berlino, proprio a pochi metri da dove i trattori stavano iniziando a essere parcheggiati. Si teme che l’AfD possa infiltrarsi all’interno del movimento di protesta, anche se la molteplicità di quest’ultimo non sembra facilitare il compito. Viene anche da dire che se le altre forze politiche e i movimenti rinunciano a confrontarsi con chi ha aperto uno spazio politico, anche se ricco di contraddizioni e difficile da interpretare, questo rischia in effetti di subire il richiamo di chi, anche se in modo strumentale, può proporsi come interlocutore. (alessandro stoppoloni)
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