Lo scorso 23 luglio si è svolto davanti al comune di Sesto San Giovanni un presidio indetto dal sindacato Unione Inquilini per protestare contro la decisione dell’amministrazione comunale di sgomberare, in vista della sua alienazione, la Casa albergo di via Fogagnolo 29, un edificio pubblico destinato all’emergenza abitativa dove vivono circa cento persone. Prima del presidio abbiamo incontrato l’avvocato Gianluigi Montalto per ricostruire l’intera vicenda e le iniziative intraprese per evitare lo sgombero e l’alienazione della Casa albergo.
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Il 12 febbraio 2024 l’amministrazione comunale di Sesto ha approvato la delibera 23/2024 con cui ha deciso di vendere la Casa albergo di via Fogagnolo. Puoi raccontarci la storia della Casa e le ragioni che hanno portato alla approvazione della delibera?
La Casa albergo è stata realizzata negli anni Novanta. Doveva essere un luogo capace di ospitare il lavoratore meridionale in trasferta, che aveva un contratto a tempo determinato; lo studente universitario di famiglia proletaria che si trasferiva dal sud al nord; la donna che subiva violenza familiare dal marito con i bambini. Un albergo che fosse dunque una casa per soggetti che ne avessero la necessità o per fragilità o semplicemente per motivi di lavoro.
Una struttura come quella è stato sociale. E il sindaco Di Stefano e la sua giunta hanno deciso che andava alienato perché lo stato sociale ha un costo. Così, quando nel 2017 vince la destra, una delle questioni che pongono è che bisogna fare business, bisogna guadagnare anche su quella struttura e quindi tolgono la gestione alla Fondazione San Carlo. La giunta indice un bando che va deserto, ne indice un altro sempre deserto perché ovviamente qualunque operatore privato non accetta di gestire una struttura con cento situazioni di fragilità pagandosi le utenze e corrispondendo un canone mensile di dieci o ventimila euro al Comune. Così la giunta Di Stefano affida, con trattativa privata e affidamento diretto, la gestione della struttura alla fondazione Vvvincent Onlus con la quale poco dopo il sindaco si è messo a litigare per poi decidere di vendere la casa albergo alla Invimit, che è una società del ministero dell’economia e finanze, che opera secondo criteri di speculazione. La stessa Invimit sta mettendo le mani sulle case del Pio Albergo Trivulzio a Milano. Quindi siamo in una situazione in cui lo Stato pratica speculazione edilizia contro i proletari. Questo è il quadro.
Prima dell’approvazione della delibera c’era stato un incendio alla Casa albergo, sono intervenuti i vigili del fuoco, i quali non hanno rilasciato l’omologazione antincendio e hanno dichiarato inagibile la palazzina. Il Comune invece di ripristinare l’impianto ha comunicato agli abitanti la decisione di sgomberare l’edificio e ha iniziato dei colloqui per proporre delle soluzioni alternative.
In buona sostanza hanno deciso di vendere la Casa albergo con una scusa. In qualunque situazione nella quale c’è un impianto antincendio non a norma, il privato prende e mette a norma l’impianto. Hanno approfittato di questa non conformità dell’impianto e hanno iniziato a inviare impiegati comunali per comunicare che entro qualche giorno sarebbero stati sgomberati tutti. La polizia è entrata per fare il censimento previsto dalla circolare del ministero dell’interno quando ci sono immobili sotto sgombero. Insomma, il risultato è che sembrerebbe imminente l’esecuzione dello sgombero. Cosa che non si può credere perché dentro la struttura abbiamo l’ottantenne suicidario per due volte, un altro ottantenne fragilissimo, il signore cardiopatico, la ragazza schizofrenica, la donna messa lì dal tribunale perché il marito ha cercato di ucciderla…
La decisione presa è l’ultima scelta politica dell’amministrazione di destra che governa la città dal 2017, prima di questa c’erano stati altri atti politici discriminatori per i quali l’amministrazione è stata condannata.
Il comune di Sesto credo abbia il record nazionale di condanne per condotta discriminatoria: sei in sette anni. Due delle sei condanne sono la fotografia più evidente della loro condotta. Hanno fatto mancare i fondi per il sostegno aggiuntivo ai bambini disabili nelle scuole. L’hanno fatto appena vinte le elezioni, e una persona normale, dice: “Vabbè, hanno detto che c’era un problema economico nel Comune per la malagestione del centrosinistra”. L’hanno rifatto e si sono presi due condanne. Le altre condanne le hanno prese per avere reso la vita impossibile ai cittadini stranieri, li hanno esclusi dalle assegnazioni delle case popolari per anni, pretendendo certificati esteri, quelli dell’impossidenza di proprietà immobiliare al paese di origine. Sappiamo tutti che la stragrande maggioranza dei paesi del mondo non ha un catasto nazionale e quindi se tu chiedi a un cittadino del Senegal di portare la prova che non ha proprietà, lui non te la porterà. Così è stato per anni, portavano i certificati dai comuni di provenienza che dicevano che non avevano proprietà, ma all’amministrazione di Sesto non andava bene. Una signora ecuadoregna portò duecento e passa certificati di tutti i cantoni dell’Ecuador, ma neppure gli andava bene. Per anni hanno escluso illegittimamente gli stranieri, poi hanno preso due condanne dal Tribunale di Milano e due dal Tribunale di Monza, con conseguenti risarcimenti danni. Hanno dovuto riunire il consiglio comunale per pagare circa centomila euro tra spese legali e risarcimenti.
Ma non ci sono solo le condanne per condotte discriminatorie perché hanno anche provato a sfrattare un neonato da una casa privata che il centrosinistra aveva assegnato in sublocazione. Il centrosinistra fece una politica di sinistra cioè recuperò nel mercato libero circa settanta alloggi firmando i contratti coi privati. E poi quando una famiglia veniva sfrattata, mancava la casa popolare, ma ne avevano diritto, assegnava in sublocazione la casa privata. Cosa ha fatto la destra appena vinte le elezioni? Provvedimenti amministrativi in cui dicevano: “Cara famiglia, ora ci siamo noi, la pacchia è finita, il contratto è scaduto, entro dieci giorni vattene, altrimenti veniamo coi vigili e ti buttiamo fuori”. Pensavo, da avvocato, che fosse uno scherzo: in uno stato di diritto vai in tribunale e ottieni una convalida di sfratto. Invece non era uno scherzo perché il dirigente comunale con un paio di vigili andò a sfrattare una famiglia in modo del tutto illegale, tanto che la polizia di stato intervenne, ma a sostegno dell’Unione Inquilini perché non si poteva eseguire uno sfratto senza un titolo esecutivo. Poi facemmo ricorso al Tar, che condannò il Comune e gli mandò a monte quella pratica lì. E quindi fecero poi tutti gli sfratti per finita locazione in tribunale.
L’esito negativo dei colloqui con gli assistenti sociali ha portato alcuni abitanti a rivolgersi al sindacato Unione Inquilini di Sesto che ha raccolto le loro istanze e iniziato delle assemblee per condividere un percorso di lotta collettivo. Puoi raccontarci quando il sindacato entra in gioco, quali sono le prime segnalazioni che raccoglie, le discussioni avute durante gli incontri?
Si sono rivolti a noi pochi mesi fa, quando le famiglie hanno cominciato a subire le pratiche comunali dell’Ufficio casa e degli assistenti sociali, che si sono presentati in Casa albergo comunicando che dovevano trovarsi un’altra soluzione. C’è stata, da parte dell’amministrazione, una grande attività nel tentativo di trovare soluzioni del tutto inadeguate ai bisogni, perché offrire una casa per un mese, o per tre mesi, è ridicolo in situazioni di fragilità e su questo, come dire, ci stanno lavorando molto. Ma non avendo un Piano casa, non avendo elaborato nessun tipo di politica per dare una risposta ai bisogni poi quando c’è bisogno di offrire una casa, le case non ci sono. Quello che gli rimane, appunto, sono i dormitori o le simil cooperative di co-housing che non danno alcuna garanzia se non due-tremila euro al mese di costo.
Unione Inquilini prima ha chiesto la residenza che ancora non è stata assegnata a una buona quantità di inquilini della Casa albergo che vivono e hanno il centro dei loro interessi a Sesto. Ma ovviamente il Comune, per non farsene carico, non assegna la residenza. Poi abbiamo chiesto quello che prevede la legge, che vengano assegnati gli alloggi popolari, i Sap, servizi abitativi permanenti, oppure i Sat, cioè gli alloggi in emergenza abitativa. Gli abitanti della Casa albergo sono persone che hanno avuto un vissuto difficile, ma sono prevalentemente lavoratori o pensionati. Gli basterebbe vivere in un sistema dignitoso con un costo casa accettabile e non avrebbero bisogno di stare in un albergo.
Dopo la manifestazione del 25 maggio, che ha visto la partecipazione di molti cittadini, associazioni, partiti, movimenti di Sesto e di Milano, avete avuto un incontro in prefettura con il viceprefetto Alessandra Tripodi. Durante l’incontro avete denunciato quello che accade a Sesto e chiesto un tavolo di confronto sull’emergenza abitativa. Il viceprefetto ha negato questa possibilità ma si è detta disponibile a tutelare i diritti degli inquilini e in particolare quelli più fragili.
L’incontro lo abbiamo chiesto perché già durante il periodo più caldo delle pratiche discriminatorie si era aperto un tavolo per l’emergenza abitativa. A Sesto l’amministrazione comunale era talmente fuorilegge che la prefettura decise di intervenire e si ottennero dei risultati perché obbligarono il Comune a non sgomberare una decina di famiglie dal residence Puccini in modo vergognoso. Una situazione simile a quella di adesso.
All’incontro col viceprefetto ci avevano rappresentato una situazione per la quale le amministrazioni di Sesto e di Milano avevano fatto uno splendido lavoro con gli assistenti sociali. Il sindacato ha fatto presente, con nomi e cognomi, certificati di invalidità, che quelle meravigliose soluzioni erano giusto l’ospizio per un uomo autonomo, giusto il dormitorio per una donna che ha subito il tentato omicidio da parte del marito, con l’assistenza sociale di Milano che le diceva: “Lo accetti perché non si sa che cosa succede”.
Il viceprefetto ha concluso l’incontro dicendo che è lì per tutelare la legge e i diritti umani e quindi ha chiesto al sindacato di inviare una comunicazione al Comune, indicando i nominativi con le fragilità e poi mandarlo per conoscenza alla Prefettura che avrebbe verificato. Il sindacato lo ha fatto e della ventina di situazioni più gravi comunicate forse cinque di queste hanno ricevuto delle offerte scarsissime, non definitive, non complete. È stato inviato un elenco preciso, dettagliato, con certificati di invalidità, situazioni storiche delle famiglie al Comune, all’assistente sociale e, per conoscenza, alla prefettura. L’unica risposta del Comune è stata quella di inviare dei dipendenti comunali la settimana scorsa nelle stanze degli abitanti della Casa albergo, si sono fatti aprire da qualcuno che non sappiamo, forse dal gestore, e hanno messo dei cartelli fuori dalle porte con scritto “Casa vuota” o una roba del genere. Ora l’Unione Inquilini invierà al Comune la richiesta di avere i nominativi degli impiegati comunali che sono intervenuti nella Casa albergo, perché parrebbe configurarsi la fattispecie penale della violazione di domicilio. Non si capisce come, se fosse così, un dipendente comunale possa entrare nel domicilio di una persona che è andata al lavoro e si trova violentata la sua stanza con l’ingresso di estranei.
Di fronte all’assenza di soluzioni dignitose e stabili per gli abitanti della Casa albergo avete indetto un nuovo presidio davanti al Comune. Quali sono le richieste che avanzerete?
Il motivo del presidio è che la Casa albergo non va venduta. In città, l’opposizione sociale e l’opposizione politica riconoscono la Casa albergo come un valore, un caposaldo dello stato sociale e quindi chiederemo semplicemente di cambiare idea, di non vendere la Casa albergo. Il Comune che ha costruito questa casa con le nostre tasse, rifaccia l’impianto antincendio, rimetta in stato da servire all’uso l’immobile e lo restituisca alla città, non alle tasche dei privati, non lo venda per un paio di milioni di euro per rifare magari qualche strada, mettere qualche pianta e poi ricandidarsi alle elezioni come quelli che sulla pelle di donne schizofreniche e anziani invalidi abbelliscono la città. (a cura di salvatore porcaro)
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