da: la piccoladelirio.noblogs.org
Sono stati giorni di tristezza improvvisa e indigesta. Prima la morte di Pino Daniele, che avevo iniziato ad apprezzare solo dopo essermi trasferita a Marsiglia, mentre scoprivo che, tutto sommato, Napoli mi mancava. Poi, soprattutto, l’attentato a Charlie Hebdo, che avevo conosciuto a Napoli, da piccola, grazie al mio papà appassionato di fumetti. Dieci anni, e già avevo nostalgia degli anni Settanta.
«Il y a eu un attentat à la redaction de Charlie Hebdo…». Nat, voce trafelata, mi telefona dallo studio di Radio Galère per condividere con me una cascata di sentimenti scomodi. Sono ospite del mio amico Bruno, lontane origini italiane, come si addice a un vero marsigliese: scrittore, giornalista, libertario. Quando mi avvicino per chiedergli se anche lui ha appreso la notizia, mi mostra lo schermo del suo computer con un cenno della testa: da un lato la notizia dell’attentato, dall’altro un intervista a Michel Houellebecq, che proprio oggi, 7 gennaio, ha pubblicato il suo libro Sottomissione, in cui immagina una presa del potere da parte di musulmani cattivi in una Francia indifferente e inerme.
Marie-Zado, la figlioletta di Bruno, dieci anni e madre guineana, chiede: «Papà, ma se anche tu scrivi un articolo sugli islamisti su CQFD (il giornale in cui lavora Bruno) quelli ti uccidono?».
Il mio aereo per Roma parte poche ore dopo, troppo poche per poter essere alla manifestazione di solidarietà con la rivista, a cui parteciperanno diverse migliaia di persone. Sulla strada di casa penso alla rivista Charlie, che, a differenza del nostro Linus, di cui è l’omologo francese, era riuscito a sopravvivere, pur perdendo, negli anni, la freschezza e il peso politico assunti negli anni Settanta. D’altra parte, i disegnatori di Charlie non erano più giovani. I disegnatori francesi più giovani, per quanto bravi, si sono molto spesso rifugiati nel ghetto dorato del romanzo grafico, preferendo pubblicare bei libri di carta pregiata a venti euro l’uno piuttosto che vignette satiriche sui giornali indipendenti del paese, carta scadente, vendite in continuo calo e pochi euro per copia.
Arrivismo? Autocensura? Paura di non essere all’altezza della storica rivista “stupida e cattiva”? Perché siamo diventati più moderati dei nostri genitori? Perché non abbiamo più il coraggio di essere e dirci femministe, marxisti, pacifisti, o qualsiasi altra cosa?
L’indomani, su internet, è una pioggia di elogi funebri da quattro soldi, da parte di chi probabilmente neanche conosceva di nome Charb e compagni. Qualche sfrenato marxista radicale prova a superare se stesso ricordando che la rivista è un nemico politico perché fa parte della stampa borghese, senza ricordare le sante parole del buon Karl, che, ne sono sicura, avrebbe parlato oggi di “oppio dei popoli” più che di islamofobia. Non condivido tutto quello che ho letto sull’Hebdo. Sono profondamente convinta che l’islamofobia e il razzismo in Francia siano il primo problema. Tra matite e kalshnikov, però, sono sempre stata dalla parte delle matite.
Sulla copertina di tutti i quotidiani nazionali, almeno in Italia, la stessa foto: il terrorista che punta al poliziotto. Una scelta che la dice lunga sulla libertà di stampa nel nostro paese, al di là dei proclami contro l’oscurantismo.
Ieri sono passata al consolato francese, per assistere alla squallida passerella politica di una serie di personaggi di cui non farò il nome, ma di cui posso dire che, in altri tempi, non sembravano così affezionati alla libertà di satira. Più tardi un amico francese mi chiama per dirmi che suo padre, mai votato più a destra del Front de Gauche, si è messo a perorare la pena di morte.
Ho cercato di pensare a Wolinski, Cabu e agli altri disegnatori che hanno reso mitica la stampa alternativa degli anni Settanta, in Italia come in Francia. Mi sono detta che questo ci manca. Un po’ di sana ironia, bête et mechante (stupida e cattiva) come solo loro sapevano essere, ma come noi dovremmo provare a essere per sopravvivere all’isteria collettiva che ci circonda. Ho voluto ricordare così la redazione di Charlie: sfottendo la Santanché, e aprendo una rubrica di vignette nel mio blog, due venerdì al mese, e si spera anche di più. Se qualcuno vuole disegnare con me (e magari insegnarmi qualcosa), che ben vengano le proposte. (giulia beatrice filpi)
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