Giovedì 3 febbraio un gruppo di lavoratrici e lavoratori sospesi si è recato presso la sede dell’ordine dei Tsrm (tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione) per avere udienza dalla presidente Monica Franconeri. Sono educatori, fisioterapiste, massoterapiste, infermiere e operatrici sanitarie. Molti non lavorano e non hanno stipendio da diversi mesi, alcuni da quasi un anno. Da allora si riuniscono settimanalmente presso la sede Cub di Torino (comparto sanità) per cercare insieme delle possibili vie d’uscita dalla loro condizione stagnante. Alcuni di loro hanno recentemente ottenuto il green pass rafforzato dopo essere guariti e sono pronti a tornare ai propri posti di lavoro. A ostacolare il loro reintegro, però, non è solo la macchina burocratica e legislativa creata dall’emergenza sanitaria – un impianto oscuro, contraddittorio e lacunoso fatto di decreti, leggi e ordinanze emanate dal governo e dalle federazioni degli ordini professionali – ma anche la scarsa empatia dei funzionari stessi.
Il 27 dicembre del 2021 gli iscritti all’ordine che, per effetto del D.L. 1° aprile 2021, n. 44 (obbligo vaccinale per i sanitari), erano già stati sospesi fino al 31 dicembre dello stesso anno, hanno ricevuto dall’ente una lettera di diffida che recita così: “Gentile dottore, l’Ordine in ottemperanza al decreto-legge 26 novembre 2021 n. 172 che ha sostituito l’art. 4 del D.L. 1° aprile 2021, n. 44, ha verificato […] che Lei non è in regola con l’obbligo vaccinale. La invitiamo pertanto a voler produrre, entro 5 giorni dalla ricezione della presente, la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione o l’omissione o il differimento della stessa”. E poi continua: “Qualora non pervenga la documentazione richiesta entro 5 giorni dal ricevimento della presente, l’Ordine procederà […] alla Sua immediata sospensione dall’esercizio professionale”.
Un educatore sospeso racconta di avere ricevuto dalla presidente dell’ordine una mail che afferma: “Al fine di non essere sospeso, deve immediatamente farci pervenire il green pass rafforzato”. Lui si è ammalato durante le festività natalizie e quando è guarito ha subito inviato la sua documentazione via Pec. Erano i primi giorni di gennaio e non ha mai ricevuto risposta. La stessa sorte è toccata a molte altre sue colleghe e colleghi.
«Sono una fisioterapista sospesa dal 10 di ottobre – racconta una lavoratrice davanti all’ingresso –. Ho avuto il Covid a Natale e ho il green pass dal 7 gennaio. Il datore di lavoro è disponibile a farmi rientrare, però sono in attesa di reintegro da parte dell’ordine. Ho inviato la documentazione ma a oggi non ho avuto risposta».
Prima di essere ricevuto dalla presidente, il gruppo ha atteso davanti al portone dell’ente per un’ora e mezza circa. Sul banchetto allestito accanto all’ingresso ci sono arance, dei dolci e un volantino il cui testo, asciutto e diretto, evidenzia le contraddizioni del caso. Sul muro di facciata due striscioni e alcuni capi di biancheria intima stesi. Insieme ai diretti interessati ci sono anche alcuni solidali: lavoratori di altri settori, sospesi e non, studenti, disoccupati. A essere accolti dalla presidente sono solo sei iscritti all’albo, in possesso del lasciapassare base. Insieme a loro c’è una sindacalista Cub, anche lei educatrice iscritta all’ordine e vaccinata con terza dose.
Una volta usciti, i lavoratori hanno raccontato al resto del gruppo che l’incontro è stato «abbastanza teso e aggressivo». Loro hanno informato la presidente delle proprie situazioni personali e di quelle delle altre persone sospese non presenti. Le hanno fatto osservare di avere inviato all’ordine diverse richieste di chiarimento via Pec da più di un mese e di non avere ancora ricevuto risposte positive. Le hanno ricordato che la funzione dell’albo dovrebbe essere quella di tutelare i propri iscritti, rispettare le loro posizioni e farsi portavoce delle loro istanze. Le risposte di Franconeri e degli altri funzionari che erano con lei per verbalizzare, però, sono state tutt’altro che soddisfacenti.
«Ci hanno detto che hanno un migliaio di richieste in corso e che i tempi di risposta non possono essere veloci perché la nostra condizione è anomala e ogni caso è diverso dall’altro». Su circa undicimila iscritti, i sospesi dall’albo di Torino, a oggi, sono quarantadue. Mentre i sospesi che poi si sono vaccinati sono stati immediatamente reintegrati, coloro che hanno ottenuto il green pass a seguito di guarigione costituiscono invece un caso a parte.
«Sono stata sospesa nonostante fossi in maternità – dice una massofisioterapista –, poi ho avuto il Covid. Anch’io ho mandato diverse Pec all’ordine. Una prima risposta diceva che la sospensione era legittima nonostante la maternità, ma la risposta di oggi non la capisco. Ho inviato all’albo il mio certificato di guarigione e il green pass rafforzato, mi è stato detto che la documentazione non è valida perché devo presentare un certificato di differimento rilasciato da un medico vaccinatore».
Nel corso della discussione con la presidente, il gruppo di guariti scopre che adesso la loro documentazione necessita di essere integrata con un certificato di differimento, ovvero un documento che attesti l’impossibilità di essere vaccinati poiché si è contratta la malattia di recente. E scoprono anche che a stabilire quest’obbligo non è l’ultimo decreto legge in materia (D.L. 1/2022, art. 1), secondo il quale è sufficiente il certificato di guarigione o quello di esenzione, ma una circolare interna emessa dalla federazione nazionale degli ordini. Questa circolare, a detta di Falconeri, è giunta all’ordine di Torino proprio la sera prima del loro incontro (il 2 febbraio), e il gruppo dei sospesi ne avrebbe ricevuto comunicazione a breve. La presidente però la cita soltanto a voce, senza mai mostrargliela, né fornendone una copia.
Gli interessati che vogliono approfondire – sostengono i funzionari – potranno spulciare il sito internet dell’istituzione e avanzare una richiesta ufficiale di accesso agli atti. Il documento partorito dalla federazione degli ordini stabilirebbe dunque che la re-iscrizione dei guariti potrà avvenire solo quando essi avranno ottenuto il differimento. Di conseguenza i burocrati dell’albo si troverebbero con le mani legate. Franconeri ribadisce che l’obbligo normativo dell’ente non è quello di monitorare la situazione dei guariti, ma di verificare se gli iscritti sono vaccinati o meno, e spiega che le lettere di diffida per chi non ha concluso l’intero ciclo vaccinale (terza dose inclusa) partono a seguito di una segnalazione operata dalla piattaforma digitale creata per questo scopo. Infine, garantisce che le federazioni stanno trattando con il ministero competente e che bisognerà attendere l’esito di questa trattativa.
Dall’altra parte, ricordano i sospesi, mentre i legislatori e i burocrati continuano a fare il loro lavoro, molte persone e famiglie che potrebbero lavorare non sanno più come andare avanti. Secondo le esperienze di alcune lavoratrici, i medici vaccinatori non vogliono rilasciare il certificato di differimento: se il lasciapassare rafforzato garantisce la guarigione, che bisogno c’è di pretendere un altro documento? «Ho appena avuto la malattia, quindi sono in un limbo perché non posso vaccinarmi ma non posso neanche rientrare a lavoro, e cosa posso fare? Non ho uno stipendio e sono monoreddito», dice la fisioterapista. «Siamo abilitati a lavorare – continua una collega – perché guariti dal Covid e non possiamo rientrare perché manca la comunicazione che l’albo deve inviare ai nostri datori di lavoro. Sono stata sospesa nell’aprile 2021, non ho più potuto lavorare e ho tre figli. Mi ero illusa che l’ordine al quale pago una tassa annuale potesse rappresentarmi e tutelarmi».
«La sensazione più sgradevole è stata quella di essere trattati come persone che non capivano un sottinteso. La presidentessa sembrava dire che il problema, in sostanza, è che non siamo vaccinati», racconta un’altra fisioterapista. «La frase che ci ripeteva in continuazione era: “Avete capito, avete capito?”, come se fossimo degli scolari», dice un altro sospeso.
La discussione ha raggiunto toni talmente sgradevoli da sfiorare la rissa, raccontano ancora i lavoratori. Se non fossero andati di presenza, se non avessero alzato la voce, l’ordine avrebbe continuato a ignorarli. «Per l’ennesima volta è evidente che tutte le istituzioni rispondono allo stesso modo: non è colpa mia, è colpa del ministero della salute, è colpa della circolare, è colpa della legge», afferma un’altra lavoratrice. «Siamo dovuti venire qua per avere una risposta che io aspetto da un mese. Non ci fermeremo finché non otterremo quello che ci spetta», dice un’altra.
Forse grazie a questa determinazione, lunedì 7 febbraio le cinque persone sospese che la settimana precedente erano andate a cercare un confronto con Franconeri hanno ricevuto dall’ordine una comunicazione via Pec in cui si legge che “in seguito all’aggiornamento della Piattaforma nazionale DGC, possiamo al più presto procedere alla revoca della sospensione dei soggetti in oggetto”. Alla luce di questo risultato, le lavoratrici reintegrate si chiedono se questa revoca riguardi solo loro o anche gli altri trentasette sospesi. (alessandra ferlito)
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