Arrivo in piazza Dante passate da poco le 19, e dopo pochi minuti sono già compresso tra le Sardine, imbucato alla festa del movimento nella sua rappresentanza napoletana, quasi diecimila persone riunite “contro Salvini e la Lega”. Il movimento è nato a Bologna qualche settimana fa, in piena campagna elettorale per le regionali emiliane, quando quattro giovani, poi rivelatisi vicini al Pd, hanno portato in piazza via internet quindicimila persone contro un comizio di Salvini. Le Sardine si sono poi riunite anche a Modena, Firenze e in varie altre città d’Italia. A Napoli l’iniziativa sembra essere partita da tre canali, tre eventi organizzati rispettivamente da Antonella Cerciello, cinquantenne insegnante di Pozzuoli, Pasquale Amendola, architetto trentenne che non nasconde la sua ammirazione per de Magistris, e Bruno Martirani, militante del centro sociale Zero81.
L’area della manifestazione è chiusa al traffico fin dalla rotonda di piazza 7 settembre, così un ingorgo riempie il perimetro che la circonda, da via Medina fino a piazza Cavour. Il rimbombo dei clacson unito al flusso della folla crea un “effetto scudetto” che trascina fino alla zona pedonale di piazza Dante, piena di gente. Davanti al Convitto Nazionale si sta compressi, poi via via più larghi, fino alla stazione della metropolitana, dove alcuni attivisti della Mensa Occupata hanno appeso uno striscione che ricorda il processo in corso, relativo ai fatti del marzo del 2017, in cui sono imputati alcuni attivisti napoletani che contestarono Salvini, con l’accusa di devastazione e saccheggio.
Entrando nella piazza da via Pessina ci si imbatte nella Murga di Scampia, che suona i suoi tamburi incessantemente. Attorno alla macchia colorata un piccolo cerchio di persone che danza, e più in là tantissima gente che staziona senza sapere bene cosa fare, dal momento che non sono previsti palchi o comizi. La composizione sociale sembra eterogenea, anche se essenzialmente “borghese”. Ci sono tanti giovani (ma non i giovanissimi del Friday for Future), venti e trentenni, poi persone di mezza età e anche più avanti negli anni. Come esplicitamente richiesto nel manifesto delle Sardine (ovvero le info degli eventi Facebook), non ci sono bandiere o simboli di partito. Abbondano invece i cartelloni anti-Salvini, per il riscatto del Meridione, contro la Lega, contro il razzismo. Sul lato nord della piazza, una scritta su un grosso lenzuolo bianco mantenuto da tre aste, a opera del partito Potere al popolo, recita: “Per spegnere l’odio, redistribuire la ricchezza”.
Poco distante dal lenzuolo si sente arrivare altra musica. Mi avvicino, intravedo il cantante dei Zezi che intona vecchie canzoni operaie in dialetto, ma a seguirlo non sono in tanti. Alcune signore si entusiasmano. Mi avvicino e una di loro, Armida, insegnante in pensione, mi racconta del carnevale di base a Pomigliano negli anni Settanta, di un papà operaio morto per tumore, di una medaglia rispedita indietro alla famiglia Agnelli, «i veri oppressori di questo paese». Alle nostre spalle, alcune ragazze si chiedono quando verrà il momento di ‘O sole mio. Hanno letto su Facebook che sarebbe stato quello “il main theme del flash mob” e vorrebbero cantarlo insieme a tutta la piazza.
Non riesco a capire se dalle casse recintate da un nastro rosso, dove mixer e microfono diffondono musica dal vivo e disciplinano gli interventi, oppure se spontaneamente dalla piazza, sono già partite Bella Ciao, Napul’è, ‘O scarrafone e altre canzoni a tema. L’inno di Mameli non sembra pervenuto, a differenza di altre piazze sardiniane, anche se un paio di bandiere dell’Italia (una però con la stella partigiana) sventolano con orgoglio.
Avanzo verso il nucleo della piazza. Davanti al cancello del Convitto i giornalisti si accalcano per strappare dichiarazioni. Ci sono Sky, la Rai, le tv e i siti internet locali. Alcuni personaggi dei movimenti cittadini fanno capolino, ma i più intervistati sono gli organizzatori, che finiranno nei “panini” dei tg nazionali. I volti di chi parla non sono così noti, per cui tutti si possono permettere di non uscire allo scoperto dichiarando la propria appartenenza a questa o quella sigla politica. Non che ci sarebbe qualcosa di male, se non che la piattaforma della manifestazione vieta tassativamente i simboli, per paura che qualcuno possa metterci il “cappello”.
Mentre la piazza chiacchiera del più e del meno, davanti al Convitto i “prezzemolini” della politica cittadina sgomitano cercando di farsi intervistare. In pochi metri, membri delle associazioni anti-movida di Vomero, Chiaia e Bagnoli, molti dei quali vicini al Pd e feroci oppositori di de Magistris, stazionano al fianco dei militanti di Insurgencia, organici al gruppo politico del sindaco; vicino a loro altri esponenti di centri sociali, soprattutto Zero81, Insurgencia, Ex-Opg, e un po’ più in là Antonio Bassolino, Paolo Siani, Antonello Sannino, Corrado Gabriele, alcuni partigiani dell’Anpi. Non ci sono de Magistris e De Luca, che pure avevano speso parole di elogio per la manifestazione.
Gli attivisti dei centri sociali cercano di infilare qua e là, nei loro interventi, qualche contenuto politico, nella speranza di imporre – a livello mediatico – una linea più di sinistra possibile. Quella che si potrebbe definire la base del movimento, resta all’oscuro di tutto, perché metà della piazza non può sentirli, tra scarsa amplificazione e tamburi incessanti. Eppure le Sardine restano lì, compresse ma non troppo, nell’attesa di conoscere da Facebook i volti e le idee di chi si è preso la briga di rappresentarli.
Sono quasi le otto quando mi decido ad attraversare a ritroso la piazza. Tante persone sono affacciate ai balconi, su uno di questi qualcuno ha affisso uno striscione con scritto: “Napoli non si lega”. Di tanto in tanto le torce dei telefonini si illuminano insieme, come accade nei concerti. La Murga continua a suonare. Un anziano cade rovinosamente dal piccolo pilastro di cemento che delimita l’uscita della metropolitana, su cui era salito per vedere meglio (nessun problema, solo un po’ di spavento). La gente attorno a me non parla quasi di politica, come si fa nei cortei, ma di altro. Ora che c’è più spazio in tanti vagano senza meta, qualche passante si chiede cosa stia succedendo, ma continua a camminare come in un centro commerciale all’aperto, nel giorno del Black Friday della sinistra. La spinta propulsiva della manifestazione è ormai finita – la durata prevista dall’evento Facebook era di un’ora – e molti riflettono su dove andare a mangiare (efficace, da questo punto di vista, la scelta di un pre-cena di sabato, dalle 19 alle 20).
In ogni caso l’evento è riuscito. Come dichiarato dagli organizzatori, infatti, l’obiettivo era portare quante più persone in piazza, senza farsi troppe domande sul perché. Se la conseguenza, calcolata, era il fatto che la piazza non avesse alcun contenuto se non l’antipatia per l’ex ministro degli interni (leader di un partito all’opposizione), la difficile sfida, ora, sarà quella di trovare una sintesi politica su ogni questione reale, che tenga insieme aree di base e centri di potere con posizioni inconciliabili tra loro su temi come il lavoro, le diseguaglianze sociali, le discriminazioni verso gli immigrati, intese non come genericamente declinate finora dalle Sardine, ma come messa in discussione dei sistemi di gestione dei flussi, accoglienza, rimpatri.
La piazza comincia a svuotarsi. La gente affolla le pizzerie e i bar della piazza, le code per acquistare una bottiglina d’acqua o usare il bagno sono infinite. L’atmosfera è quella di una Notte Bianca, di quelle che si organizzavano qualche anno fa, ma non ci sono mostre o concerti in giro. Anche le camionette della polizia smobilitano con rapidità. Magari fosse sempre così fare servizio alle manifestazioni. (riccardo rosa)
GALLERIA A CURA DI
foto n.1 – Ivana Donati
n. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 – Mattia Tarantino
n. 9, 10, 11 – Federica Lamagna
n. 12, 13 – Valentina De Felice
n. 14, 15 – Giulia Morrica
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