Lunedì 3 giugno è andata in onda su Radio Blackout un’intervista a una militante anticarceraria milanese sulla situazione del penitenziario minorile locale, il Cesare Beccaria. Da mesi il carcere è in una condizione che va oltre le note e ordinarie criticità, tra inchieste giudiziarie, proteste, trasferimenti punitivi di interi reparti in celle in condizioni di totale invivibilità.
Alcuni operatori e operatrici segnalano un livello di tensione altissima anche tra chi lavora al Beccaria, tensione che si pretende di risolvere con l’invio di altri agenti e operatori, senza che vi sia nessuna idea rispetto a un qualsiasi intervento su basi educative, pedagogiche, del rispetto della dignità umana. Gli stessi operatori evidenziano che quelle che si vivono al Beccaria non sono condizioni specifiche di quel carcere, ma si stanno diffondendo sempre maggiormente in altri istituti, così come sempre più frequente è la pratica di trasferimento dei detenuti divenuti maggiorenni negli istituti per adulti.
È, questa, una pratica sul filo della legittimità nell’impianto del sistema giuridico minorile: da un lato, nel 2014, la legge 117 aveva alzato da ventuno a venticinque anni l’età fino a cui un detenuto che aveva commesso un reato da minorenne poteva rimanere in istituto; dall’altro, dal 2023, il Decreto Caivano ha introdotto la possibilità per il direttore di chiedere il trasferimento nel carcere per adulti del detenuto diventato maggiorenne, se considerato problematico “per la sicurezza” dell’istituto minorile, perché usa violenza o “induce soggezione” in altri reclusi. Oltre a legittimare il trasferimento punitivo come strumento ricattatorio nei confronti dei detenuti minori, il decreto individua di fatto nello spostamento verso le carceri degli adulti il modo per ovviare alla carenza di posti negli istituti, piuttosto che intervenire su piani alternativi di intervento e sullo svuotamento di questi ultimi.
Allo stato, qualsiasi possibile interlocuzione con il potere politico e con le amministrazioni penitenziarie sembra vano. Mentre sono sempre di più le voci anche autorevoli e degli addetti ai lavori che dicono che gli istituti penali minorili andrebbero chiusi, il governo legifera in senso opposto, e nella quotidianità pianifica addirittura la riapertura di carceri chiuse da tempo, come il minorile di Lecce.
Pubblichiamo a seguire alcuni estratti dell’intervista andata in onda lunedì.
* * *
Negli ultimi mesi il Beccaria è stato al centro dell’attenzione prima per un’inchiesta su abusi e violenze da parte dei secondini, e poi, nelle ultime settimane, per proteste ed evasioni.
Il 22 aprile scorso è stata resa pubblica la notizia di un’indagine che coinvolgeva venticinque secondini in servizio al Beccaria, indagati a vario titolo per maltrattamenti, torture, tentato abuso sessuale, abuso d’ufficio, omissione d’atti di ufficio e altro; questo ha portato all’arresto in carcere per tredici di loro e alla sospensione di altri otto dal servizio. Nel corso dei vari interrogatori di garanzia e delle udienze del Riesame, per alcuni di loro sono stati disposti gli arresti domiciliari mentre altri sono stati addirittura reintegrati in servizio, svolgendo mansioni diverse: è il caso dell’ex capo della polizia penitenziaria di Milano, Francesco Ferone, che dopo essere stato sospeso dal suo in carico a causa di quest’inchiesta è stato riammesso in servizio facendo lavoro d’ufficio; sono state anche indagate le due ex direttrici del Beccaria, Cosima Buccoliero e Maria Vittoria Menenti. La prima in questo momento è direttrice del carcere di Monza, mentre la seconda è dirigente dell’Ufficio interdistrettuale dell’esecuzione penale esterna a Roma (sono indagate per stabilire se abbiano omesso alcuni dei comportamenti di tortura e violenza, dal momento che diversi testimoni hanno affermato che la direttrice era a conoscenza o era presente in alcuni momenti in cui sono avvenuti i pestaggi). Le cartelle cliniche di alcuni dei ragazzi rinchiusi sono inoltre state sequestrate, per poter verificare possibili omissioni anche da parte del personale medico.
Come spesso accade, chi ha ruoli di responsabilità e copre gli abusi finisce per fare carriera o per guadagnarsi un posto di maggiore prestigio, in caso contrario viene comunque in breve tempo reintegrato. Nel caso specifico, un altro dato è il fatto che al momento degli interrogatori diversi tra i secondini si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, mentre altri ancora hanno risposto alle domande sostenendo che le loro erano pure azioni di contenimento, che nessuno aveva torturato nessuno e che anzi si era trattato di atti di legittima difesa. Come sempre accade dentro le carceri, le uniche voci che vengono diffuse all’esterno sono quelle dei secondini e dei sindacati che li rappresentano, per cui anche per quanto riguarda il Beccaria si tende a descrivere la situazione come estremamente pesante per le guardie, che sono sotto organico, e che si trovano a gestire delle situazioni complesse.
Più interessante sarebbe sentire la voce di chi sta dall’altra parte delle sbarre, in questo caso parliamo di ottantadue ragazzi, per una capienza regolamentare di settanta posti; tra questi ottantadue, venti sono maggiorenni mentre gli altri minorenni. Ad aprile i detenuti italiani erano ventisei e quelli stranieri quarantasei; di questi quarantasei trentadue sono classificati come minori stranieri non accompagnati, quindi persone che al di fuori delle mura non hanno una famiglia, è molto difficile che abbiano delle reti di supporto, se non i loro amici o comunque di ragazzi come loro che da anni se ne vanno in giro per l’Europa passando per centri di vario tipo, carceri minorili e altre brutture di questo continente. Naturalmente verifichiamo che per i ragazzi diventa assai difficile venire realmente fuori da questo circuito, anche perché in molti casi parliamo di persone che hanno problemi con i documenti, o che comunque non riescono a inserirsi in nessun altro contesto perché qualsiasi altro contesto è respingente.
Fra i detenuti del Beccaria soltanto undici stanno scontando una condanna definitiva, quarantotto si trovano in carcere in misura cautelare, otto ci sono arrivati come aggravamento di una misura precedente, due sono appellanti e due sono in posizione mista. Questi numeri fanno capire come la situazione qui e in altri minorili si sia aggravata dopo il decreto Caivano, che ha fatto si che molti più minori finissero dietro alle sbarre. Se a gennaio dell’anno scorso i detenuti minori erano all’incirca 380, a marzo ne erano 500 e adesso sono già 540.
Il livello di tensione si è alzato dopo che sui giornali sono uscite le notizie sugli orrori (o meglio su parte degli orrori) del Beccaria, anche perché la maggior parte dell’inchiesta si basa sulle denunce di tre ragazzi, anche se possiamo facilmente immaginare che non sono soltanto loro tre ad aver ricevuto un trattamento fuori dalla norma, ma che invece quella è stata la norma per tutti.
Al Beccaria succedono continuamente cose, forse adesso escono notizie più facilmente. Dopo la notizia dell’inchiesta c’è stato un presidio fuori dal carcere. Si è vista molta rabbia, ma anche gioia da parte dei ragazzi reclusi e volontà di riuscire a rompere l’isolamento.
Tra la fine dello scorso anno e l’inizio di questo ci sono state diverse proteste, alcuni dei rinchiusi hanno dato fuoco a dei materassi, c’è stata una evasione purtroppo finita dopo pochissimo, però la rabbia è tanta, le ingiustizie pure, e quindi quasi ogni settimana succede qualcosa di nuovo. La settimana scorsa per esempio c’è stata una lunga protesta che è stata risolta con l’intervento di numerosi reparti della celere, venuti in forze a sostenere la penitenziaria.
I giornali dicevano che non c’erano stati feriti, ma quello che raccontano i ragazzi è tutt’altro (durante un saluto ai detenuti ci è stato raccontato che molti sono stati manganellati, picchiati, lasciati senza cibo e acqua, costretti a dormire per terra). Ancora, si parla di numerosi trasferimenti: pare che alcuni tra quelli considerati responsabili di questa protesta siano stati trasferiti.
Giovedì 30 maggio c’è stata invece un’evasione, che a ora è riuscita, durante il trasferimento di tre ragazzi dal carcere alla comunità, e uno di loro ce l’ha fatta ad evadere.
Molte di queste storie le abbiamo sentite durante i saluti sotto al carcere, abbiamo sentito i racconti dei ragazzi sulla protesta. Naturalmente sono molto diverse le loro versioni da quelle riportate dai giornali.
I ragazzi ci tengono a dire che non gli viene tolta solo la libertà ma anche la dignità, la possibilità anche solo di starsene tranquilli per i fatti propri, considerando la situazione complessiva che c’è in quella struttura. Andare lì fuori è una cosa molto utile: per come è posizionato il carcere si riesce a parlare con i ragazzi, ed è utile anche per riuscire a rompere quest’isolamento che loro sentono e a dimostrargli che chi è rinchiuso là dentro non è solo e che ci sono altre persone fuori, (una cosa che viene fatta scientificamente è far credere al detenuto o la detenuta di essere stata abbandonati, di essere soli). Tra. L’altro molti di questi ragazzi sono difesi da avvocati d’ufficio, e anche quando questi avvocati vanno al colloquio ai ragazzi vengono fatte aspettare intere ore in attesa, così da fargli passare la voglia di scendere.
Leave a Reply