GENNAIO
THE TRUMAN STRIKE. LO SCIOPERO NELLE UNIVERSITÀ IN CALIFORNIA
Il sindacato l’ha venduta come una “historic victory”: il più grande sciopero accademico della storia americana si è concluso il 23 dicembre dopo che una maggioranza consistente (62%) di ricercatori e dottorandi all’Università della California ha ratificato il nuovo contratto. Solo tre dei dieci campus che compongono il prestigioso ateneo si sono opposti: Santa Cruz, Merced e Santa Barbara. Basta saper fare di conto per comprendere l’enorme fregatura rifilata e sgonfiare la retorica sindacale. L’aumento che entrerà in vigore a partire da aprile, del 7.5%, non copre neanche l’inflazione, attualmente all’8%, mentre l’incremento previsto per il 2024 potrebbe rivelarsi ancora più misero se l’inflazione continuerà a crescere. (leggi l’articolo)
FEBBRAIO
LA DISFATTA DI PIAZZA ARCOBALENA. COME ISTITUZIONI E TERZO SETTORE SIMULANO LA PARTECIPAZIONE A MILANO
La forza retorica delle immagini che mostrano il passaggio da un parcheggio disordinato a un’oasi popolata di giovani e giovanissimi che corrono e giocano e socializzano è potenziata dalla simbolica diversity di cui NoLo si è autoproclamato epicentro milanese: come in una pubblicità ben costruita, la folla che si riunisce in questo spazio appare una rappresentazione perfetta del più rassicurante dei melting pot, senza distinzioni di genere e culture. Il messaggio è chiaro: con l’aiuto dell’urbanistica tattica, che libera spazi pubblici per la socialità, la città pubblica e quella privata collaborano a espandere i quartieri più vibranti di Milano, valorizzando ogni metro quadro nella più perfetta inclusività. (leggi l’articolo)
MARZO
LA NOTTE DEI FUOCHI. A PARIGI E IN TUTTA LA FRANCIA
La lotta degli spazzini trova un’inattesa convergenza con la folla inferocita dall’autoritarismo di Macron, tramite accendini e fiammiferi, sotto forma di carburante per barricate. La folla si riforma al di qua dello schieramento di polizia, sotto alla Colonna di luglio, e parte verso il Marais. Un gruppo di poliziotti scatenati carica di qua e di là, i lacrimogeni saturano l’aria. M’infilo in una viuzza, appena in tempo per evitare una carica, poi mi schiaccio contro il muro mentre ne arriva un’altra. Un poliziotto prende di mira un giovane passante e gli apre il cranio, lo insulta e se ne va. Il ragazzo inebetito si tocca la testa, appoggiato contro un muro. Qualcuno gli passa un fazzoletto. Non era neanche un manifestante. (leggi l’articolo)
APRILE
GLI SRADICATI
Non c’è mai stato un antagonismo della Ztl ma di sicuro c’è stato un antagonismo snob che non voleva sporcarsi le mani con la “gente”, quella che guarda San Remo e smadonna contro le tasse. È un “antagonismo” che si occupa solo di climate change e lo fa rigorosamente in inglese. Un’impostazione che snobba come retrive, antiscientifiche o reazionarie tutte le legittime ansie dell’uomo della strada travolto dalla globalizzazione e dalla sua crisi: larghe masse considerate, anche grazie allo stigma delle minoranze colte e progressiste, alla stregua di moderna plebe televisiva di cui diffidare. (leggi l’articolo)
MAGGIO
IL MITO DELLA DATA VALLEY. APPUNTI SUL TECNOPOLO DI BOLOGNA E SUL SUO IMPATTO SULLA CITTÀ
Il Tecnopolo ospita alcuni tra i più potenti High Performance Computer (HPC) al mondo. Il 4 settembre 2021 è stato inaugurato il nuovo data center del Centro Meteo Europeo ECMWF, che prende il posto di quello di Reading, il cui limite è stato proprio quello di non poter ospitare la nuova generazione di supercomputer. Nel giugno 2017 i rappresentanti di tutti gli stati membri dell’Unione europea hanno approvato la proposta del governo italiano e della Regione Emilia-Romagna di ospitare il nuovo data center a Bologna. I lavori di costruzione sono iniziati a dicembre 2018 e ci sono voluti tre anni per il completamento grazie a un investimento di 62 milioni di euro (43,5 a carico del ministero dell’università e della ricerca e 18,5 a carico della Regione). All’interno del Centro Meteo ha trovato casa il sistema di supercomputer Atos che permetterà previsioni meteo più accurate, inclusa la prevenzione di eventi estremi. (leggi l’articolo)
GIUGNO
LA GAZZELLA DELLO SPORT CELEBRA IL NAPOLI CAMPIONE. UN ARTICOLO DI ROBERTO STAVIANO
È un continuo salto nel tempo, questo scudetto. Ora ho sedici anni e indosso ho la maglia di André Cruz, una maglia comprata in una di quelle bancarelle dei Quartieri Spagnoli da cui potevi seguire la filiera del capitalismo passo dopo passo: dall’industria tessile cinese, ai container incrostati di sale che spostano merci negli oceani, fino agli affari del Sistema che impone il suo controllo sui venditori ambulanti. Il Sistema. Qui nessuno chiama più “camorra” la camorra. Eppure, con quella maglia azzurra – aveva come sponsor la Centrale del latte di Napoli – ho giocato per anni sull’asfalto screpolato di periferia, quello che ti lascia le abrasioni alle ginocchia su cui crescono crostoni d’un rosso cupo. Come puzzava, la maglietta di Cruz. Soprattutto sotto le ascelle. (leggi l’articolo)
LUGLIO
SCUOLA DI POLIZIA. CRISI DELLA PEDAGOGIA E FORTUNE DEL DISCIPLINAMENTO
Nella scuola dove ho insegnato quest’anno, a Torino, è comparso un foglio appeso in aula insegnanti, era tenuto su da una puntina. Vi era scritto: “Siete voi dei professori, dei pedagoghi? No, siete dei miserabili funzionari e il vostro tempio del sapere è un commissariato di polizia; del resto, ne ha l’odore”. Poco a destra, in basso, c’era il riferimento della citazione: Čechov, L’uomo nell’astuccio. Nel racconto di Čechov si narra di Bélikov, professore di greco al liceo, che aveva la tendenza di chiudere gli oggetti in involucri protettivi: ombrelli, penne, temperini erano foderati in contenitori chiusi. Bélikov serrava anche se stesso in un guscio: “Era fuori del comune perché, anche quando il tempo era splendido, usciva sempre con le galosce e l’ombrello e immancabilmente con un cappotto pesante imbottito”. (leggi l’articolo)
AGOSTO
UN GRUPPO DI SUPPORTO PER I FAMILIARI DEI DETENUTI MORTI IN CARCERE. LA STORIA DI STEFANO DAL CORSO
Stando alla perizia medico-legale, la ferita di colore rosso che Stefano aveva sul collo al momento della sua morte sarebbe incompatibile con l’orario del decesso registrato agli atti, ma risalirebbe all’incirca a dodici ore prima. Si tratta, inoltre, di una ferita che sembrerebbe più vicina a quella provocata da uno strangolamento che non da una impiccagione. Stefano aveva poi altri segni sul braccio, in testa e sugli occhi, compatibili con una presa e/o una colluttazione. Tutti questi elementi, tuttavia, restano delle suggestioni irrisolte, dal momento che nessuna autopsia è stata mai effettuata sul corpo del detenuto. (leggi l’articolo)
SETTEMBRE
DIRITTO ALL’ABITARE. LE TENDE DI NUOVO IN PIAZZA, A MILANO E IN TUTTA ITALIA
Erano poche persone che stavano dicendo delle cose che tutto sommato si conoscevano, che invece venivano pubblicate da tutti i media come qualcosa di rivoluzionario e quindi vivendo dall’interno c’era da un lato l’energia, il divertimento, l’entusiasmo di rendere questa cosa più grande di quello che era, e da un lato un po’ di paura: si stanno aspettando troppo da noi, stanno raccontando qualcosa che è più grande di quello che è. L’idea iniziale era che la protesta doveva essere di una settimana, quindi ogni giorno ci chiedevamo: “Sì, ma quindi che cosa vogliamo fare? Che sta succedendo veramente?”. La mia impressione era che fossimo comunque pochi, forse perché mi aspettavo un’esplosione di rimbalzo da quello che veniva dai media, cioè il fatto che ne parlassero tutti, il fatto che uscivi dalla tenda la mattina e c’era il Tg1 con la telecamera che ti chiedeva: “Come è andata la notte?”. Però evidentemente serviva un po’ di tempo per crescere. (leggi l’articolo)
OTTOBRE
LA DISTRUZIONE DI GAZA E LA DILAZIONE DELLE IMMAGINI. UN’INTERVISTA A STEFANO SAVONA
La strada dei Samouni monta quattro tipologie differenti di materiali visuali: le immagini riprese poco dopo l’incursione israeliana, tra le macerie e il sangue; i filmati girati un anno dopo la tragedia, quando la vita torna nonostante tutto; i disegni animati realizzati da Simone Massi dove le vittime e i loro famigliari appaiono prima dell’attacco, e durante; una fredda ricostruzione in 3D dove l’occhio meccanico d’un drone israeliano sorvola la strada dei Samouni durante il bombardamento. Quando uscì l’opera m’apparve così solida e consapevole da essere destinata a durare. In questi giorni terribili ho pensato tanto a questo film e ho intervistato l’autore. Qui la riflessione sulle immagini e sul metodo di elaborarle s’intreccia con la storia del territorio di Gaza e della Palestina in generale, arrivando fino ai nostri giorni neri. (leggi l’articolo)
NOVEMBRE
GUERRA ALLE MIGRAZIONI
Dietro la barricata delle classi dirigenti, soprattutto in Italia, c’è di tutto: fascisti, nazionalisti, leghisti, democratici, grillini; alla prova del governo, limitandoci solo agli ultimi anni, hanno fatto a gara l’uno con l’altro per abbassare sempre di più l’asticella dei diritti, delle garanzie, delle opportunità sia per coloro che aspirano a raggiungere l’Italia e l’Europa, sia per coloro che ci sono faticosamente arrivati, sia per i figli e i nipoti di chi ci è arrivato anche molto tempo fa, sia per coloro che mostrano di essere solidali con il mondo dell’immigrazione. Dal Pacchetto sicurezza di Maroni del 2009 ai decreti Minniti del 2017, fino ai successivi decreti Salvini e a tutte le evoluzioni più recenti, questo segmento ampio e trasversale delle classi dirigenti ha sistematicamente provato a spingere sempre più avanti il fronte di guerra all’immigrazione, arrivando a sperimentare dispositivi fino a poco tempo fa impensabili (leggi l’articolo)
DICEMBRE
FONDI ARABI, CHAMPIONS LEAGUE E IDENTITÀ OPERAIA. UN REPORTAGE DA NEWCASTLE
Qui hanno giocato Gascoigne e Shearer (entrambi nati in città), Keegan e Owen (tre palloni d’oro in due), e da qui sono passati allenatori iconici come sir Bobby Robson e Rafa Benitez. Il Newcastle ha vinto quattro volte il campionato, ma l’ultimo nel 1927; sei volte la coppa d’Inghilterra, che però non conquista dal 1955. È comprensibile, insomma, che all’arrivo degli zii d’Arabia la gran parte dei tifosi non si sia fatta troppe domande e abbia anzi esultato, intravedendo la possibilità di riportare il titolo in città dopo un secolo (con questo comunicato, poche settimane dopo l’acquisto del club, la proprietà chiedeva ai tifosi di smetterla di indossare goliardicamente abiti della cultura araba, pur riconoscendo l’intento “positivo e beneaugurante” rispetto al lavoro della nuova dirigenza). (leggi l’articolo)
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