Agosto è appena finito, e le notizie importanti cominciano a rispuntare sui giornali. La prima settimana di settembre a Napoli, per esempio, è stata caratterizzata dal compleanno di Nicola Oddati. In realtà non è stata proprio una festa di compleanno, o almeno non solo. Il quasi cinquantenne enfant prodige della politica napoletana, attuale assessore comunale alla cultura, ha lanciato tra un brindisi e l’altro la sua candidatura alle primarie del partito democratico – primarie che ancora non esistono, in realtà – battendo tutti sul tempo. Il più contento di questa scelta è stato Umberto Ranieri, l’altro candidato alle future primarie, che per tutta risposta ha pensato bene di recarsi, la stessa sera della festa, a Scampia, in visita al campo rom di via Cupa Perillo, per testimoniare l’esistenza di un Pd che lavora e non festeggia.
«I compleanni per me significano un bicchiere di vino e una serata in mezzo al calore di pochi amici», ha dichiarato Ranieri. Pare che sull’onda di queste dichiarazioni qualcuno tra i rom presenti abbia provato a improvvisare l’annuncio del proprio compleanno, sperando che il politico mettesse mano al portafogli per una festicciola estemporanea, seppure tra pochi amici.
Intanto una processione di politici, artisti, intellettuali e comuni sconosciuti sfila al Lanificiio 25, omaggiando il futuro candidato alle primarie con dichiarazioni zuccherine. Premio Oscar per la sceneggiatura al vicesindaco Tino Santangelo: «Oddati è l’uomo giusto. Una sorta di Obama bianco!». Unica voce critica Riccardo Marone, elegantissimo in camicia bianca e giacca scura, che fuma il sigaro impugnandolo come nemmeno Fidel: «È il compleanno di Nicola, mica una festa elettorale! L’abbinamento mi sembra quantomeno inopportuno».
La festa si avvia al termine, le candeline sono già state spente. Il festeggiato stappa una bottiglia di champagne, gli invitati allungano i calici. Cadono alcune gocce sul tavolo, e gli amici suggeriscono: «Sul collo, sul collo che porta bene!». Lui prontamente bagna le dita nello champagne, e le porta al collo. «So soldi, guagliò!». Che per la smorfia fa 46, “’e denare”. Ed è già un passo avanti, rispetto all’amministrazione Iervolino. (riccardo rosa / davide schiavon)
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