Le elezioni per il parlamento europeo riscuotono generalmente poco successo sia in Italia che negli altri stati europei tant’è che in ambito accademico vengono definite – insieme alle comunali e regionali – “elezioni di second’ordine”, a differenza di quelle parlamentari considerate invece come “elezioni di prim’ordine”.
Dalla prima tornata europea del 1979 a oggi sempre meno persone hanno deciso infatti di recarsi alle urne e si è passati così dal tasso d’affluenza di quell’anno pari all’86,12% al tasso d’affluenza registrato ieri del 56,09%.
A livello nazionale La Lega ottiene il suo massimo storico e vince queste elezioni con il 34,34% delle preferenze seguita dal Partito Democratico con il 22,69% che supera il Movimento Cinque Stelle che con il 17,07% vede quasi dimezzare i voti ottenuti alle politiche del 2018. Le altre due forze politiche che superano la soglia del 4% sono Forza Italia (8,79%) e Fratelli d’Italia (6,47%).
Se in generale questa tornata indica che il governo nel suo complesso gode ancora di buona popolarità appare chiaro come i rapporti di forza tra Lega e Movimento Cinque Stelle potrebbero cambiare. Rispetto alle politiche del ’18, la Lega oggi è il partito che raccoglie maggiori preferenze in Italia mentre il Movimento Cinque Stelle è in un chiaro stato di crisi.
Fatta questa breve panoramica sui risultati generali, passiamo a osservare ciò che è accaduto a Napoli e in particolare nei quartieri marginali e nei quartieri benestanti della città. Questa chiave di lettura risulta interessante poiché nelle tornate elettorali precedenti i “centri” e le “periferie” hanno fatto registrare comportamenti molto distanti tra loro sia sull’affluenza che sulla scelta di voto.
L’affluenza
Il tasso d’affluenza in città è pari al 40,02%, inferiore di circa 16 punti percentuali rispetto all’affluenza fatta registrare a livello nazionale (56,09%) e in calo di quasi 3 punti percentuali rispetto alle elezioni europee del 2014, quando la percentuale di votanti in città fu del 42,84%. Il tasso di affluenza in città è dunque molto basso e lontanissimo da quel 76,38% fatto registrare alla prima elezione europea del 1979.
L’astensione però non è uguale in tutti i quartieri. La distribuzione territoriale dell’affluenza ricalca più o meno fedelmente quella della geografia socio-economica della città. Da un lato i quartieri svantaggiati siti nelle periferie e nel centro storico della città e dall’altra i quartieri più centrali dell’area collinare. I primi rispetto ai secondi mostrano percentuali d’affluenza molto inferiori (cfr. fig. 1)
Ed è questo un film già visto negli ultimi anni che si è ripetuto anche in questa tornata elettorale: come alle europee del 2014 e alle politiche del 2018 il divario medio tra i quartieri più benestanti e quelli più marginali, in termini d’affluenza, è di circa 10 punti percentuali. Distanza considerevole che addirittura raddoppia se si confronta il quartiere con maggiore affluenza (Vomero con il 52%) con il quartiere con minore affluenza (Pendino con il 30,4%). Osservando il cartogramma emerge chiaramente come oltre ad alcuni quartieri del centro storico, i tassi d’astensionismo maggiori si registrano nei quartieri della periferia nord e della periferia orientale.
La scelta di voto
Rispetto alle elezioni politiche del ’18, il quadro politico a Napoli si modifica in parte, sebbene non in modo così radicale come invece accade a livello nazionale. Il Movimento Cinque Stelle perde 12 punti percentuali rispetto al ’18 ma è ancora la prima forza politica in città con circa il 40% delle preferenze. Il Pd è il secondo partito con il 23,29% delle preferenze, in crescita di circa 9 punti rispetto alle politiche del ’18.
La vera novità di queste elezioni a Napoli è la Lega che ottiene il 12,36% dei voti. Infine anche a Napoli, in linea col dato nazionale, a superare il 4% sono solo Forza Italia (9,14%) e Fratelli d’Italia (4.42%).
Guardando alla distribuzione territoriale del voto si nota come per il Movimento Cinque Stelle e per il Pd non sia cambiato molto rispetto alla tornata elettorale del 2018. I Cinque Stelle continuano a ottenere preferenze maggiori nei quartieri marginali (cfr. fig. 2) mentre il Pd vince nei quartieri benestanti della città (cfr. fig. 3).
In particolare il Pd vince nei quartieri Arenella (32,87%), Chiaia (38,93%), Posillipo (34,11%), San Giuseppe (34,51%) e Vomero (37,7%), mentre in tutti gli altri quartieri della città vince il Movimento Cinque Stelle, che supera la metà delle preferenze espresse nei quartieri di Miano (55,94%), Piscinola (50,73%), Scampia (56,17%) e Secondigliano (53,84%).
Ciò che appare interessante è la distribuzione territoriale della Lega (cfr. fig. 4), quest’ultima a differenza dei Cinque Stelle e del Pd si pone in modo trasversale alla frattura centro/periferia anche se comunque è da sottolineare che i quartieri dove ottiene le percentuali più alte sono San Pietro a Patierno (19,81%) e Vicaria (17,97%) e San Lorenzo.
La Lega ottiene percentuali superiori alla media cittadina sia nei quartieri centrali che periferici ricalcando un po’ quella che era stata la geografia elettorale precedente alle elezioni del ’18 e totalizzando quindi più preferenze nei quartieri storicamente vicini alla destra e meno in quelli più vicini alla sinistra. È da sottolineare inoltre che in alcuni dei quartieri del centro storico dove la Lega ha totalizzato buoni risultati, la presenza di stranieri è stata denunciata come problematica dai residenti.
Rispetto alle politiche del ’18 dunque nella città di Napoli il quadro politico cambia ma non in modo radicale. Mentre la Lega in Italia si afferma come primo partito in questa tornata, i Cinque Stelle a Napoli – così come ancora in molte regioni del sud – perdono una quota non irrilevante di voti ma conservano il primato. La strategia di “nazionalizzare” la Lega sta dando i suoi frutti: oltre che al nord e al centro, il partito guidato da Salvini ha totalizzato ottimi risultati anche al Sud. A Napoli la Lega è il terzo partito della città con il 12,36% dei voti. Preferenze che – a differenza di quanto accade per Pd e Cinque Stelle – sono abbastanza trasversali alla frattura quartieri benestanti/quartieri marginali. Anche in questa tornata i quartieri marginali hanno partecipato di meno al voto e votato principalmente per i Cinque Stelle a differenza dei quartieri benestanti che hanno invece mostrato tassi d’affluenza maggiori ed un voto orientato verso il Partito Democratico.
La Lega dunque si afferma a livello nazionale e in parte anche a livello locale, ciò che sembra legittimo chiedersi e se il consenso verso la Lega si stabilizzerà anche nel meridione facendone un vero e proprio partito nazionale. (ciro clemente de falco)
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