L’alba e la stanchezza sorgono sul presidio in piazza Borgo Dora, vicino al ponte di ferro. L’ora X per piazzare le lenzuola sta arrivando. Straccivendoli giungono con le loro merci sui carretti da varie direzioni. Come la settimana scorsa l’area abusiva del mercato è occupata da una decina di vigili urbani e da quattro macchine di servizio. Alcuni decidono di raggiungere il punto di ritrovo passando per strade alternative alla via principale che collega il Balon con la zona nord della città. All’ora stabilita ci raggruppiamo per decidere la migliore strategia e piazzarci collettivamente, senza intoppi. Anche questo venerdì, nonostante la presenza della municipale, siamo ottimisti: l’allontanamento dei vigili era stato un successo sette giorni prima.
Qualche minuto dopo da corso Giulio Cesare si intravedono inconfondibili lampeggianti blu venire verso di noi: sei camionette accompagnate da Fiat Punto percorrono la discesa che porta ai parcheggi lungo il fiume. Lentamente si dispongono lungo l’area che la settimana prima era stata occupata dai venditori con le stuoie per fare il mercato. Sono le cinque del mattino, il cielo tarda a schiarirsi, il quartiere dorme a eccezione degli antiquari che allestiscono i loro banchi legali a dieci metri di distanza da solidali e polizia. La maggioranza numerica delle forze dell’ordine ci fa sorridere, ormai le forme di repressione in questa città hanno superato il grottesco. Una settantina di agenti – tra digos, polizia e municipale – sono schierati per impedire il mercato: il quartiere è per l’ennesima volta blindato per evitare che lenzuola e mercanzia, soprattutto vestiti e cianfrusaglie varie, vengano esposte nella piazza.
Qualche avvisaglia c’era stata in settimana. Il camper di una mercante – mezzo utile alla logistica dei presidi e dei mercati resistenti – era stato rimosso dal parcheggio a strisce bianche accanto al Sermig. Secondo la municipale il camper sporgeva di mezzo metro al di là della linea bianca. Si erano portati via anche il carretto di un venditore marocchino, posteggiato sul ponte di ferro. Entrambi i mezzi sono stati esiliati in un deposito ai confini della città e i guardiani hanno richiesto più di duecento euro per la restituzione. Il venditore marocchino ha raggiunto la frontiera della città e ha trasportato a piedi il carretto fino a Porta Palazzo. Così adesso alcuni straccivendoli in arrivo decidono di non rischiare il sequestro della merce, deviando per altre zone della città; altri arrivano per capire assieme le possibilità di fare il mercato, hanno i loro oggetti nascosti in luoghi sicuri nei dintorni. I mercanti già in presidio aspettano a disfare la mercanzia.
Cerchiamo la solidarietà del resto del Balon, esortando espositori e antiquari a qualche gesto attivo come l’esposizione di un cartello di sciopero, ma troviamo solo generiche frasi di cortesia, dispiacere e tanti sospirati “che ci vuoi fare”. Da dieci mesi l’amministrazione comunale impedisce a più di cinquecento persone di lavorare dignitosamente. Gli straccivendoli non rispecchiano gli standard di decoro, capitalizzazione e speculazione che la governance ha previsto per Porta Palazzo.
La città inizia a risvegliarsi, il mercato si anima, le saracinesche si alzano, noi continuiamo a fronteggiare la polizia, ormai schierata con scudi e manganelli. Proviamo a riprenderci il mercato stendendo le lenzuola nello spiazzo davanti alla mongolfiera con la speranza di aumentare e recuperare metri quadri. Riusciamo ad allestire un piccolo “banco” prontamente circondato dalla municipale che esorta gli straccivendoli a ritirare la roba e mostrare i documenti; intanto la polizia compone un cordone lungo un lato della piazza e ci isola. Venti agenti per un lenzuolo. L’immagine è devastante, ottima per i meme: un lenzuolo bloccato dalla celere, dietro di loro il murales del Sermig con la scritta “Pace”.
Lo spazio che ci siamo ripresi è troppo per la pazienza della digos, il cordone di polizia scortato dai vigili si avvicina a passo di macho. La merce viene sequestrata mentre la celere carica solidali e straccivendoli, fermando i manganelli solo sulla soglia del mercato dell’antiquariato. «Qui no!», urla deciso un funzionario in borghese. La repressione soft sabauda ha regole ben precise da non violare per evitare che questa strategia si rivolti contro i suoi stessi creatori. Veniamo spinti, manganellati, i celerini ci insultano con sguardi posseduti, dispiaciuti per il cessate il fuoco del loro superiore. Il resto del mercato assiste alla scena.
Ci prendiamo del tempo per mettere insieme materiali e testimonianze ed evitare che tutto questo passi sotto silenzio o che magari venga osannato dalle istituzioni in conferenza stampa, poi ci muoviamo nel quartiere per raccontare quello che in pochi hanno potuto vedere. Nei giorni successivi il questore giustifica l’operato della polizia con la sua versione: una decina di antagonisti ha cercato di aggredire gli agenti della municipale, costringendo l’intervento di alleggerimento; i facinorosi saranno prontamente identificati. La sindaca preferisce non esprimersi, ma racconta dai suoi canali gli ennesimi risultati della Torino che va avanti: il progetto di un cimitero per animali, manutenzione stradale e le osannate ATP finals. (ilaria magariello)
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