Fotografie di Gennaro Canaglia
Sabato 15 maggio cinquecento persone si sono ritrovate in corteo lungo il corso San Giovanni a Napoli. Dal “centro” del quartiere hanno camminato fino al suo confine occidentale, Vigliena, che si presenta ormai come un super-concentrato di impianti industriali. Una partecipazione variegata che ha visto insieme i rappresentanti delle associazioni e del terzo settore, i comitati civici legati a vertenze ambientali e non, consiglieri di quartiere e attivisti del movimento napoletano. La combinazione, al momento, sembra equilibrata, senza una parte a prevalere sull’altra. Ancora poco presente il quartiere profondo, che tuttavia è in gran parte a conoscenza della vertenza ma non ha ancora familiarizzato con una mobilitazione di questo tipo.
L’obiettivo del momento è manifestare la contrarietà all’ipotesi dell’installazione di un deposito di GNL (gas naturale liquefatto) avanzata da due colossi del settore Energia&Oil come Q8 ed Edison attraverso una richiesta di Valutazione di impatto ambientale depositata al costituendo ministero per la transizione ecologica.
Il progetto prevede la realizzazione sul molo Vigliena, parte occidentale dell’attuale Darsena Petroli, di un impianto di stoccaggio di GNL costituito da un serbatoio con capacità utile pari a circa 20 mila metri cubi (con altezza di 35 metri e diametro di 40 metri) che sfrutterà gli attuali ormeggi per le operazioni di scarico del gas da navi metaniere. Il progetto prevede anche un’area parcheggio per autobotti da localizzarsi presso l’area limitrofa della ex Tirreno Power.
La motivazione di fondo, invece, è sempre la stessa da vent’anni: il recupero del rapporto col mare, compromesso dalla destinazione industriale del quartiere nel corso del secolo passato e dalla cattiva gestione degli scarichi fognari. Lungo i tre chilometri della costa di San Giovanni si alternano infatti senza soluzione di continuità gli impianti industriali che fino agli anni Settanta costituivano uno dei maggiori poli per numero di addetti nel Mezzogiorno, ma che oggi sono in gran parte dismessi: la Corradini (industria chimica), il depuratore di proprietà comunale, quasi del tutto inutilizzato, i Cantieri meridionali, gli stabilimenti della Cirio.
Il declino dell’industria ha trasformato gli stabilimenti in vuoti urbani in riva al mare, seguendo un destino simile a tante altre metropoli manifatturiere europee. Allo stesso tempo, il piano regolatore delle giunte bassoliniane negli anni Novanta delinea la medesima strategia della riconversione e dello spostamento verso i servizi avanzati e l’utilizzo della “risorsa mare” per il tempo libero. Sono frutto di questa visione, in fondo, la realizzazione del campus della Federico II, dell’Apple Academy e dei laboratori del Teatro San Carlo, tutti ospitati negli stabilimenti ex-Cirio: talento e tecnologia al posto delle conserve di frutta e pomodoro.
Parallelamente si muove, a partire dal 2000, un altro tipo di strategia, centrata su idrocarburi e movimentazione container, contraddittoria rispetto alla visione di piano. Sul litorale di Vigliena si avvia infatti la costruzione della Darsena di Levante, una piattaforma di mezzo chilometro che rappresenta il più grande ampliamento recente del porto di Napoli. Quasi contemporaneamente la delocalizzazione della centrale a oli combustibili si trasforma in una riconversione: resta una centrale ma si passa a una tecnologia come il Turbo Gas.
Nel 2018 l’ex presidente dell’Autorità Portuale, Pietro Spirito, lancia un masterplan che prevede l’ulteriore ampliamento della Darsena verso oriente, ma il progetto di espansione si blocca: il cambio al vertice dell’Autorità e mutate convenienze provocano di fatto l’accantonamento di questa ipotesi. Si tratta della prima vittoria per i sostenitori del “ritorno al mare” per la periferia orientale, dopo un ventennio di vertenze infruttuose.
Chiuso un progetto tuttavia, se ne apre un altro. E si ritorna all’oggi e alla manifestazione di sabato scorso. Qualcosa è cambiato rispetto alle mobilitazioni precedenti: il dissenso si è allargato e nessuna forza politica locale vede con favore l’installazione del deposito di GNL. Neanche quel Partito democratico locale che pure ha avuto un ruolo non ostile sia per la Darsena che per la riconversione della centrale elettrica.
Su una linea “ambientalista” sembra compatto tutto il fronte delle istituzioni: la Regione, che ha visto De Luca promettere in campagna elettorale la realizzazione del lungomare orientale a San Giovanni; l’amministrazione comunale che in commissione urbanistica ha espresso chiaramente la propria contrarietà dopo anni di basso profilo su molte questioni aperte a Napoli Est; lo stesso neo-presidente dell’Autorità Portuale, Annunziata, ha dichiarato in più sedi la possibilità di soluzioni alternative all’impianto.
Se è vero che le prossime scadenze elettorali rendono più complicate certe posizioni, sembra altrettanto chiaro che a Napoli, sia a est che in centro, il deposito di GNL non lo voglia nessuno, almeno per ora. La partita si decide a Roma: una richiesta di Valutazione di impatto ambientale in corso, con una scadenza per le osservazioni fissata al 15 giugno prossimo e l’inserimento del progetto napoletano tra quelli “strategici”. In questo lungo braccio di ferro tra porto e idrocarburi da un lato e la “voglia di mare” dall’altro, a Napoli Est si apre così un nuovo capitolo. Se l’iter del GNL dovesse andare avanti, la città (e il prossimo sindaco) dovrà fare i conti con un’altra lunga vertenza ambientalista negli anni a venire. (pietro sabatino)
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