Lungo la Dora c’è un ponte di acciaio dove passano auto, bici e i furgoni dei venditori d’un mercato di antiquari. Su questo ponte, accanto al passaggio pedonale, ci sono degli spalti di legno dove è possibile sedersi e passare il tempo. Tutti i giorni, se fa bello, siedono sugli spalti ragazze, sfaccendati, studenti della scuola vicina, donne e uomini senza casa. Qui si fuma una sigaretta, o una canna, magari si beve una birra in bottiglia ed è piacevole se il sole del mattino, d’inverno, scalda la pelle mentre il tempo passa.
Ogni giorno, e soprattutto il sabato, su questo ponte possono giungere persone con uno zaino o una borsa in plastica. Stendono un lenzuolo su un gradino di legno e tirano fuori oggetti vari: un paio di scarpe, auricolari, jeans, piccole forchette per la bourguignonne e altro ancora. Sono oggetti trovati per strada, detriti dismessi della città. Questi pochi venditori non hanno licenza, se arriva la polizia alzano gli occhi e ripongono la mercanzia nelle borse.
È inverno, fa freddo e il sabato mattina giungono i vigili con le volanti e iniziano a presidiare i due ingressi del ponte. A volte le guardie sono di pessimo umore: aprono i bagagliai delle volanti e requisiscono la merce. Altre volte hanno le facce stanche e infreddolite, lanciano sguardi cattivi e con le braccia conserte intimano ai venditori di togliere gli oggetti in vendita. Succede, in mattine di primo inverno, che i vigili accigliati prendano dei nastri bianchi e rossi e chiudano gli accessi agli spalti del ponte. «Ora non passa più nessuno!», esclamano seri. Ecco i nastri tesi bene agli ingressi e il ponte deserto.
Ora arrivano passanti perplessi e chiedono perché il ponte è chiuso. «Ordini dall’alto!». Ma quali ordini, e di che tipo? «Ce lo hanno detto i superiori!». È facile che i vigili diventino irascibili. Non esiste alcun atto scritto che permetta la chiusura di un’area pubblica, ma un commissario inveisce: «Queste sono polemiche isteriche!». Poi i vigili si guardano intorno, incrociano le braccia dietro la schiena, sussurrano parole a labbra strette e fanno una o due telefonate ai superiori. Si guardano di nuovo intorno e poi tolgono i nastri. «Sarete contenti adesso!», dicono lividi ai passanti critici.
Frusti i nastri sono a terra, le guardie in gruppo sostano all’ingresso del ponte. Stanno lì, spostano il peso del corpo dai tacchi ai talloni, senza compiti precisi. Un agente poggia le palme sul cinturone. Intanto arrivano gli abitanti della città e si siedono sugli spalti di legno, è il momento giusto per una sigaretta o una colazione. Sotto, il fiume scorre lento e, insieme all’acqua, il tempo. A mezzogiorno i vigili smontano il turno, salgono sulle volanti e tornano alla centrale. I venditori aprono le borse ed espongono i loro oggetti: nel pieno giorno compare una felpa ripiegata, un caricatore del telefono, cappelli di lana. (dora griot)
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