PADOVALAND
Miguel Vila
Canicola, 160 pagine, 18 euro
Osserviamo con attenzione la copertina di Padovaland, libro d’esordio di Miguel Vila (classe ’93) per la casa editrice bolognese Canicola. Osserviamo bene perché se la copertina non ci dice tutto, ci dice già molto. Due ragazze che guardano, stese sull’erba. Sono molto giovani. Una fuma e porta occhiali da sole a specchio su cui si riflette il sole nascosto tra le nuvole. Ha il seno grosso pieno di lentiggini. C’è una piccola zanzara appoggiata sul seno destro proprio sopra una vena viola che s’indovina in trasparenza. Sull’avambraccio destro, che tiene una sigaretta, c’è un graffio. Sul braccio destro invece sembra esserci un succhiotto. Lei è Irene. Vicino a lei c’è Giulia, magra, con tanti punti sul naso che potrebbero essere dei punti neri. Ha occhi azzurri e uno sguardo un po’ spento, triste. In mano ha una macchina fotografica. La fotografia è la sua passione ma studia architettura. Irene e Giulia sono amiche e sono due delle protagoniste. Ma in realtà Padovaland è una storia corale, fatta di tanti personaggi legati in un modo o nell’altro dalla dimensione claustrofobica della provincia. Ci sono tanti cuori infranti in questa storia. Tanti tentativi maldestri di avvicinarsi, di farsi amare, di essere accettati. Nico per rendersi interessante finge di essere pugliese. Katia, la bella del gruppo, vorrebbe cambiare città ed è al centro delle attenzioni amorose e sessuali di praticamente tutto il genere maschile, compreso Fabio, il fratello di Irene. Ma Fabio non ci sa proprio fare, e quando beve combina casini e poi l’indomani non ricorda nulla. Si dice che una volta, ubriaco fradicio, abbia picchiato una ragazza. Lui nega. Irene lavora come cassiera al supermercato. Avrà una storia improbabile con Rocco, commesso del reparto gastronomia, che a cinquant’anni vive ancora dai genitori e soffre di frenulo corto e ha una vita sessuale inesistente.
In Padovaland, quando due persone si avvicinano e s’intravede la possibilità di un incontro, tutto precipita velocemente verso qualcosa di doloroso, squallido e crudele che li allontana. Vila è bravo a raccontare e a momenti il lettore soffre assieme ai personaggi del libro. Non c’è nulla di eccessivo nel libro di Vila, tutto è verosimile, credibile. Parla di una generazione che fantasma su profili Instagram, che finge per essere accettata, che si sente sempre inadeguata e che è incapace di incontrarsi sul serio. Oppure no. Nicola, il finto pugliese, alla fine confesserà a Irene di non essere davvero meridionale. E Irene, per confermare il fatto che lei e Giulia sono migliori amiche, le confesserà un segreto. E forse l’accettazione di sé è la strada per qualcosa di più vero, tanto le bugie hanno le gambe corte (e le voci girano troppo veloci) e portano solo ulteriore dolore. Certo, poi rimane che sono comunque tutti intrappolati nella vita di provincia con tanti sogni che sembrano già infranti ancora prima di essere stati formulati. È una bella sorpresa, un libro che non lascia indifferenti, anzi, permane un senso di disagio e quasi di vergogna, come se fossimo stati testimoni di qualcosa di intimo a cui non dovevamo partecipare. Attenzione a non farsi ingannare dallo stile grafico pulito e delicato di Vila, perché si rischia di leggere questo libro con la guardia abbassata. (miguel angel valdivia)
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