CASTELLO DI SABBIA
Pierre Oscar Lévy e Frederik Peeters
Coconino Press, 104 pagine, 18,00 euro
C’è una sostanziale differenza tra il film Old e il fumetto Castello di sabbia di Frederik Peeters e Pierre Oscar Lévy dal quale è tratto. Il film di M. Night Shyamalan ti spiega tutto, ti rivela ogni cosa, mentre il fumetto no. Il regista de Il sesto senso imbastisce un’opera che parte da quella dei due autori per poi prendere la sua strada, seguendo la propria cifra stilistica. L’inizio è simile al racconto disegnato ma poi man mano che si va avanti i colpi di scena, le esagerazioni a cui il regista ci ha abituato prendono il sopravvento. Il finale è alquanto buonista, discostandosi totalmente da quello del fumetto. Ovviamente nessuno pretende che un’opera tratta da un’altra debba seguirla fedelmente, anzi le interpretazioni sono un arricchimento, ma in questo caso viene completamente snaturato un discorso, una teoria, un pensiero per far risaltare il proprio ego smisurato.
Il fumetto disegnato dallo svizzero Frederik Peeters su testi del francese Pierre Oscar Lévy ha una poesia, un incedere totalmente diverso e racconta di alcune famiglie che si ritrovano su una spiaggia idilliaca incastonata tra le rocce. Tutto sembra procedere come di consueto in una domenica di relax vacanziero, quando improvvisamente succedono strani avvenimenti. La situazione comincia a degenerare, ma in modo calcolato. Ogni evento tira l’altro verso l’inevitabile disfatta. L’inizio del racconto ricorda certa commedia all’italiana in cui si prendono di mira le manie e le paranoie di alcune persone. Ma ben presto il racconto si fa angoscioso e assurdo, ricordando in alcuni passaggi, soprattutto nella totale inevitabilità degli eventi, L’angelo sterminatore di Luis Buñuel (il film viene anche citato dall’autore in una postfazione a margine del libro).
Lévy è bravo, con poche battute, a delineare i personaggi. C’è il giovane padre timoroso e geloso della moglie sbarazzina, il vecchio fascista prepotente, la moglie triste e frustrata, la vecchia gentile e il nordafricano disorientato preso di mira dall’odio del fascista. Ma forse i protagonisti principali sono i figli, i ragazzini, gli unici che non si lasciano prendere dal panico ma provano a porsi domande sensate e soprattutto a vivere e crescere. Crescere perché l’altro protagonista della storia è il tempo, con il suo scorrere inesorabile e sterminatore di una razza che forse è arrivata al capolinea.
Il tratto di Peeters è morbido e caldo. Un bianco e nero che contribuisce a creare l’atmosfera, più vicino alle opere degli esordi che agli ultimi lavori in cui prende il sopravvento il colore (il libro è uscito nel 2010 in Francia). Il fumettista svizzero è un maestro nella gestualità e nel far parlare i corpi e soprattutto nel mettersi al servizio di una storia non facile da disegnare.
Castello di sabbia è un’opera che fa riflettere sul nostro modo di stare al mondo, sul nostro sprecare il tempo in cose inutili e lo fa in modo deciso e sorprendente ma anche delicato e metaforico, al contrario del film di Shyamalan in cui il sensazionalismo la fa da padrone e quel che ci resta alla fine è soprattutto una domanda: c’era n’era veramente bisogno? (diego miedo)
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