ATTO DI DIO
Giacomo Nanni
Rizzoli Lizard, 192 pagine, 17 euro
Ho in mano un volume pieno di pixel colorati, piccoli tratti precisi, lunghe faglie in paesaggi mozzafiato. L’autore da qualche parte ha detto: “Il fumetto lo devi leggere, ti devi impegnare, non puoi subirlo; non puoi essere passivo”. Ora, senza risalire al non finito, alla neurologia o al riempimento percettivo, diremo semplicemente che lasciare un’opera incompleta è una trappola tesa al fruitore finale per costringerlo a rimboccarsi le palpebre e metterci del suo. Ma, badate bene, siamo all’antitesi del positivismo. Non si tratta di scomporre l’immagine in punti affinché venga scientificamente ricostruita dalla retina e dunque dal cervello. Immaginiamo piuttosto di smembrare la visione e lasciarci spingere dall’opposizione complementare dei colori verso quella buca (ricordate Alice?) che è ogni singolo puntino. Forse solo così, trasformando lo sguardo in un atto di squilibrio, possiamo avventurarci nella lettura di atto di DIO, libro da poco ristampato di Giacomo Nanni (Rizzoli, Lizard).
Nelle ultime pagine si legge: “La tele-anestesia è una pratica attraverso cui è possibile somministrare sedativi a distanza”. È un riferimento preciso, sostanziale alla immagine cui fa da didascalia, eppure la mente se ne va altrove, comincia per esempio a chiedersi se la quarantena nella quale siamo precipitati non era cominciata molto prima. Quando ci hanno cominciato a sedare? – viene da chiedersi ossessivamente.
Nel mezzo conosceremo la voce di un terremoto dell’Italia centrale, di un capriolo e di un unicorno, ma anche quella della carabina che lo ucciderà. E poi, più sorprendente di tutti, il discorso di un microscopico crostaceo dei monti Sibillini, capace di tenere insieme il mistero doloroso di queste esistenze spaiate solo in apparenza. Già Leopardi faceva dialogare – tra gli altri – la ora prima e il sole; oppure Volponi, un calcolatore e la luna. Qui invece, oggi, ciascuno parla per sé, come se fossimo noi quei puntini spaiati. O, al massimo, quando c’è una coppia di cacciatori, il confronto è su come uccidere meglio. L’umanità – che raramente compare – scatta o spara (non stupisce che in alcune lingue la cosa coincida).
Ho letto e osservato atto di DIO in diverse ore del giorno e della notte, ha colori cangianti che cambiano non solo con la luce, ma anche con la disposizione d’animo, e avrei potuto scrivere delle note in centinaia di modi diversi, forse perché, questo, è un libro sacro – ben oltre il Dio nominato nel titolo. Ci consente, attraverso le immagini, di tornare a uno sguardo amniotico, annegato se vogliamo, ma dal quale riemergere con una rigenerata consapevolezza: la vita non ha altro scopo che riprodurre sé stessa, le forze naturali cui apparteniamo non hanno pietà o logica di sorta. Ci resta il paradosso di sempre: “O non siamo liberi, e Dio onnipotente è responsabile del male; o siamo liberi e responsabili, ma Dio non è onnipotente”. Sta a noi ridurre il dolore, ché “l’assurdo non può risolversi” ci avrebbe detto Camus. (cyop&kaf)
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