La vicenda dell’annunciato sgombero dello spazio sociale autogestito XM24 di Bologna porta il segno di processi politici di lunga durata (la parabola del partito democratico) e dell’alleanza tra potere pubblico e speculazione privata, che hanno portato negli ultimi vent’anni una periferia operaia ad assumere un volto totalmente nuovo. È utile guardare da Napoli a questo caso almeno per due motivi: da un lato la turistificazione – parola che a Napoli suona, con buone ragioni, più tetra di una maledizione – è tra le cause della necessità, avvertita da chi governa la città, di liberarsi del centro sociale bolognese; dall’altro la dialettica tra questa realtà collettiva non istituzionale e l’amministrazione comunale si svolge da più di tre anni sotto il segno di una totale negazione, da parte dell’istituzione pubblica, della possibilità di un riconoscimento formale dell’autogestione. L’opposto, si direbbe, di ciò che a Napoli ha portato all’attuale legittimazione dei beni comuni.
Sotto assedio
XM24 abita i locali di un ex mercato ortofrutticolo della primissima periferia cittadina e si trova sotto minaccia di sgombero dal dicembre 2016, data di scadenza della convenzione ad hoc che ne regolava i rapporti con il Comune garantendo all’assemblea di gestione la totale autonomia. Da allora, l’amministrazione ha ritenuto che la presenza del centro sociale non fosse più compatibile con la fisionomia immaginata per il quartiere in cui si trova: la Bolognina, zona deindustrializzata e abitata per una parte consistente da famiglie migranti, che da “ghetto” malfamato è diventata un tassello importante di quel processo di vetrinizzazione che già da alcuni anni impatta sul centro storico cittadino (il centro di Bologna è a tutti gli effetti un esempio di quello che c’è dopo la turistificazione: un luna-park costoso, posticcio, dove gli studenti universitari squattrinati si sentono ormai a disagio).
XM24, anche quando non era sotto attacco, ha tenuto una linea politica di netta distinzione da forme di partecipazione o pratiche che si mescolassero con l’economia di mercato (sperimentate in altri luoghi del vario mondo dell’autogestione, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di generare reddito grazie all’autogestione). Non ha cercato l’approvazione delle istituzioni locali, in un contesto come quello emiliano dove l’utilità sociale è un’importante leva retorica, sforzandosi costantemente di trovare pratiche e linguaggi che evitassero alle attività dello spazio (scuola di italiano, palestra popolare, sportello legale, ciclofficina, ecc.) di essere assimilate ad attori formalmente riconosciuti nella funzione di sostituire l’intervento dello stato nel sociale, come le associazioni e le cooperative sociali. Una piccola forma di anticapitalismo e la non disponibilità a farsi recuperare in seno alle istituzioni dal volto buono (come si rappresenta l’autorità bolognese erede del PCI) potevano erroneamente dare l’impressione, fino a qualche tempo fa, di essere scelte per pochi. Quei pochi in grado di capire lo sforzo di riflessione collettiva, sedimentata negli anni, che aveva portato ad assumere determinate posizioni.
Oggi attorno ai locali dell’ex mercato sorgono alti palazzi in vetro che ospitano appartamenti costosi, poco lontano si lavora all’apertura di uno studentato di lusso installato in un immobile prima occupato e poi violentemente svuotato dei suoi abitanti; alla stessa distanza, in altre direzioni, si trovano la nuova scintillante sede in vetro e acciaio degli uffici comunali e alcuni locali dell’università. Il centro sociale racchiuso tra queste nuove creazioni è l’ultimo ostacolo alla saldatura tra gli interessi immobiliari e politici che hanno condotto queste operazioni, perciò deve essere rimosso.
Oggi che XM24 si trova a essere un’isola anti-consumistica e anti-produttivista in un contesto di intensa speculazione, a nessuno passa per la testa che le scelte politiche che lo caratterizzano siano per pochi. Al contrario, la comunità che sostiene il centro sociale contro l’ipotesi di sgombero percepisce come patrimonio collettivo l’alterità sostanziale che lo spazio ha rappresentato negli anni. Solo l’estesissima rete di rapporti sociali, sperimentazioni culturali e relazioni affettive che XM24 ha costruito attorno a sé in diciassette anni di esistenza ha protetto finora lo spazio dallo sgombero.
Il centro sociale della Bolognina non è mai stato interessato alla lotta per l’egemonia politica della sfera non istituzionale, anzi è servito per anni da cassa di risonanza per lotte sociali che spesso non ha condotto in una posizione di guida, ma ha sostenuto attivamente nella pratica: le occupazioni abitative e sociali, le lotte contro le frontiere e il razzismo di stato, il movimento femminista, l’ecologia, le reti di produzione agricola non certificata, l’educazione libertaria, l’accesso alla salute e molto altro. Non competendo né nella lotta elettorale, né per il riconoscimento come soggetto politico a discapito di altri, si potrebbe dire che XM24 non abbia nemici all’infuori dell’istituzione che oggi lo attacca. Il corteo di solidarietà annunciato per il 29 giugno a Bologna, che avrà dimensioni imponenti e una composizione varia sulle linee della classe e della razza, è appropriatamente definito nel comunicato di lancio come una manifestazione “contro il Nulla che avanza”. Il Nulla è il nome perfetto per l’intreccio di interessi che può motivare l’azzeramento di un’esperienza fertile durata diciassette anni.
La resa dei conti
Per tutti ormai è l’estate della resa dei conti. Le dichiarazioni dei politici locali non lasciano dubbi sul pieno sostegno del governo cittadino del Pd all’intervento del ministero dell’interno e della questura. Il Comune sembra realmente intenzionato a soppiantare il centro sociale con un progetto di co-housing destinato ad alcuni nuclei familiari. L’invio da parte dell’amministrazione di una nuova lettera che intima a lasciare i locali dell’ex mercato conferma l’impressione diffusa che un tentativo di sgombero possa arrivare presto.
Il caso di XM24 è un esempio importante, visto da una prospettiva partenopea, perché la chiusura del tavolo istituzionale di tutela dell’autogestione può essere facilmente proiettata su Napoli in un futuro non lontano. Converrà allora cercare di capire come sia possibile costruire dei rapporti di forza facendo leva soltanto sulla creazione di comunità, senza altri mezzi. È difficile immaginare che lo spazio sociale bolognese possa uscire totalmente vincitore dalla disputa che lo contrappone all’autorità comunale, conservandosi sia come spazio materiale, lì dov’è stato fino a oggi, che come luogo di decisione autonoma (con il trasferimento in altri locali, che resta la migliore delle ipotesi realistiche, tutte spiacevoli). Tuttavia, XM24 è stato in grado di mantenere negli anni un alto livello di conflittualità con le istituzioni cittadine, in presenza e in assenza di un accordo che lo tutelasse dallo sgombero. Questa conflittualità, soprattutto in un momento così delicato, ha dimostrato di essere fondata su un tessuto sociale resistente al discorso dominante e non sulla semplice contrapposizione alle istituzioni di una minoranza organizzata (se così fosse, probabilmente lo sgombero sarebbe avvenuto da tempo). Il corteo del 29 giugno sarà una meravigliosa occasione di vedere questo tessuto espandersi per le strade di Bologna in modi e forme che vogliono dichiaratamente essere vistose, ironiche e creative.
L’altra ragione per tenere presente il caso bolognese è che questo dimostra come gli spazi autogestiti, per quanto possano dare l’impressione di essere al loro interno dei piccoli mondi autonomi, subiscano l’influenza del contesto urbano in cui si trovano: quest’ultimo può mutare fino a rendere impossibile la sopravvivenza dell’autogestione. Il centro storico di Napoli è in questo momento investito da un grande afflusso di capitali pubblici e privati e allo stesso tempo ospita un numero di spazi sociali considerato eccezionale in Italia e non solo. Occorre allora tenere gli occhi aperti per riconoscere queste geometrie di compatibilità/incompatibilità al momento opportuno. Anche perché il Nulla recita una parte ambigua e fluttuante, i suoi interessi si intrecciano e a volte vanno in conflitto: c’è molta stupidità nella speculazione e molto capriccio negli equilibri politici. Cogliere i difetti dell’ingranaggio e volgerli a proprio favore può essere uno tra gli strumenti di una battaglia pubblica. Tuttavia, prima della strategia deve venire la costruzione di una comunità unita nell’intento di fermare il Nulla che avanza. (andrea fioravanti)
Leave a Reply