Sabato 2 novembre gli straccivendoli fanno risorgere il mercato, una volta ancora. Via San Simone è una piccola strada che incrocia il Balon degli antiquari. All’alba i venditori di cianfrusaglie sono una decina, poi triplicano, la via si riempie. Considerando il controllo violento del territorio in piazza Borgo Dora, abbiamo cambiato strategia. È come giocare a guardie e ladri, ora, si cercano strade dove camionette e funzionari faticano a giungere. Nel quartiere i muri dicono: “La resistenza non si ferma olè!”.
Sei giorni dopo, venerdì 8, organizziamo una cena per alimentare la cassa di resistenza e coprire le spese dovute a sanzioni e danni alle merci. Ma abbiamo sottovalutato la paranoia delle forze dell’ordine: piazza San Pietro in Vincoli è militarizzata, un parcheggio già recintato in precedenza da jersey di cemento è attorniato da un cordone di celerini, agenti della digos e camionette. La polizia agisce in modo sproporzionato per difendere un racconto, una narrazione che sia utile a legittimare lo spostamento del mercato, i sogni di sicurezza dell’amministrazione e di buona parte dell’opinione pubblica.
Decidiamo di essere visibili e la cena si sposta in piazza della Repubblica, sotto la tettoia dell’orologio, a dieci metri dal Mercato Centrale già vuoto alle sette di sera. “Senza Balon non so stare, speculatori e polizia andate via” è lo striscione appeso vicino ai fornelli che scaldano zuppa e tè alla menta. Lo spiazzo davanti alla tettoia si riempie in fretta, sebbene sia monitorato da una Punto rossa sull’altro lato della strada. Si uniscono a noi le donne cinesi che a ogni tramonto si incontrano nella piazza per ballare insieme. Il clima è rilassato, questo momento di socialità ci aiuta a essere ottimisti per la mattinata che ci aspetta. I muri parlano ancora sotto le scritte al neon di Pistoletto: “Il Balon resiste!”.
Alle cinque di mattina di sabato 9 novembre le forze dell’ordine si schierano agli angoli delle strade del Balon. Ogni via ai margini del mercato autorizzato è presidiata per evitare la distesa dei lenzuoli: vediamo tre camionette lungo il fiume, due in via Andreis, due in via San Simone. Il limite nord, il ponte di ferro sulla Dora, è come da tradizione occupato da vigili urbani, carabinieri, polizia. Le panchine che solitamente utilizziamo come ritrovo sono assediate da un capannello di poliziotti in borghese e siamo costretti a radunarci in mezzo al mercato all’altezza della scuola Holden. È buio ancora. Siamo circondati, ogni nostro spostamento, anche per la colazione, è accompagnato da funzionari che ci seguono a distanza di sicurezza. Gli straccivendoli sono presenti in buon numero, guardano la scena, sorridono ma sono esausti.
Il mercato degli antiquari intanto inizia a prendere forma, un banco con dischi e stereo fa partire musica rock. Dopo un’alba trascorsa a temporeggiare proviamo a piazzarci ai margini, ma non in posti isolati. Cerchiamo di dividerci e ritrovarci nel luogo stabilito, ma la polizia in borghese ci segue tutti. Mi muovo con un gruppo che viene bloccato dalla celere schierata in via San Simone, via prima anonima, ora diventata trincea. Veniamo intimiditi perché proviamo a scattare delle foto, ma riusciamo a raggiungere gli altri straccivendoli e solidali.
Altri riescono a posizionare i lenzuoli per strada: non bloccano il passaggio e proseguono la linea degli altri banchi del mercato, quelli autorizzati. Camionette, vigili, polizia e servizio d’ordine privato del mercato ci circondano. Una decina di vigili urbani si fiondano sugli straccivendoli, gli intimano di disfare il banco, poi sconquassano tutto e si tirano dietro le lenzuola con tutto quello che c’è sopra. Si aggiunge la celere, ci allontana dalla merce mentre il servizio d’ordine del mercato, alle nostre spalle, ci spinge contro gli scudi. Vengono fermati due mercatari: con la repressione della categoria sarà più facile spezzare legami e fiducia tra straccivendoli e solidali.
La merce viene sequestrata e i due fermati sono trascinati dietro le volanti in via Cottolengo, i loro carretti e ciò che resta dei loro oggetti vengono sequestrati. Sono trattenuti per circa tre ore, poi rilasciati con una multa da cinquemila euro ciascuno. Già la settimana prima, alla fine del mercato, un altro venditore era stato fermato alla pensilina del pullman: stessa multa, stessa cifra. Aspettiamo tutti insieme il rilascio, la polizia ci isola per tutto il tempo. Su una transenna è appeso uno striscione, volantiniamo, giochiamo a scacchi, beviamo thermos di caffè per lasciar sbollire la rabbia.
Intanto un venditore del Balon autorizzato decide di offrire una parte del suo banco agli straccivendoli per esporre la merce e fare qualche soldo, un gesto che definisce “di umanità”. Gli uomini in nero del servizio d’ordine del mercato si avvicinano minacciosi per dissuaderlo. Dopo un quarto d’ora di pressioni il venditore compra la merce degli straccivendoli affinché possano esporla lì accanto. Nel frattempo alla spicciolata, sparsi nelle vie del Balon, alcuni robivecchi irregolari provano a esporre in solitaria, ma vengono braccati dai soliti sorveglianti del mercato che sequestrano la merce col beneplacito della forza pubblica.
Una giornata così può indebolire anche un cinico professionista, la sindrome da mulini a vento mi assale tornando a casa, ma domenica leggo un messaggio pubblico di Claudia, l’amica straccivendola: “Buongiorno – scrive – non pensate che il domani potrà essere più giusto. Non guardare da lontano le ingiustizie, mentre davanti al tuo ombelico cresce l’ingiustizia della miseria, dell’ignorare finché non accade a te”. (ilaria magariello)
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