La vittoria che ha consacrato in modo così sorprendente e schiacciante il duo di estrema destra Javier Milei-Victoria Villarruel come presidente e vicepresidente della Repubblica argentina ha aperto gli occhi del mondo sull’estremo sud dell’America. Il paese sarà guidato da un outsider politico, sconosciuto fino a due anni fa, e da una vice che rivendica l’ultima dittatura, quella che ha lasciato trentamila persone detenute-scomparse. Non saranno soli in questo compito. Sono riuniti in una coalizione con l’ex presidente Mauricio Macrì e Patricia Bullrich, arrivata terza dopo Sergio Massa.
Vent’anni dopo il ripristino della democrazia nel 1983, che pose fine alla dittatura civile-militare-ecclesiastica, il 25 maggio 2003 Néstor Kirchner si insediò come presidente. Dopo un’esplosione popolare che portò alle dimissioni cinque presidenti in una settimana e mesi di manifestazioni al grido “Que se vayan todos”, Kirchner innalzò come bandiera del suo governo la vasta e meravigliosa lotta delle Madri di plaza de Mayo. Derogò le leggi sull’impunità, riprendendo il disegno di legge presentato dalla sinistra tradizionale con la firma della deputata Patricia Walsh, figlia del giornalista Rodolfo Walsh, scomparso dopo aver scritto la sua memorabile Lettera aperta di uno scrittore alla giunta militare, in cui denunciava il terrorismo di Stato e il suo piano politico ed economico. Non fu l’unica cosa buona che fece Kirchner, ma questo segnò la sua politica a favore di una parte di società sempre maltrattata.
È difficile spiegare come venti anni dopo si sia arrivati a un governo di estrema destra con Javier Milei in testa. L’eccentrico economista, ora divenuto presidente, ha legami con i settori anti-diritti e con i leader dell’estrema destra in tutto il mondo; si è rifiutato di vaccinarsi contro il Covid-19; nega il cambiamento climatico; prende posizione contro l’aborto e l’educazione sessuale integrale; è espressamente antifemminista, al punto di arrivare a negare l’esistenza della differenza di retribuzione tra uomini e donne; parla di zurdos de mierda per riferirsi a tutto quello che si trova dal centro verso sinistra, a cominciare dai beneficiari delle politiche pubbliche, i sostenitori del kirchnerismo o la sinistra trotskista. Insulta e maltratta i giornalisti, specialmente le donne. Sostiene che il concetto di giustizia sociale sia un’aberrazione: «Siamo alla fine del modello di casta, basato su quell’atrocità che dice che dove c’è un bisogno nasce un diritto, ma si dimentica che quel diritto deve essere pagato da qualcuno».
La vicepresidentessa Victoria Villarruel chiede di essere chiamata vicepresidente, al maschile. Si esprime contro quella che chiama “ideologia di genere” e sostiene che «il femminismo non ci rappresenta, oggi è un mezzo per entrare nello Stato e avere prerogative che gli uomini non hanno». Attacca il diritto all’interruzione di gravidanza, giustifica direttamente l’ultimo genocidio e sogna la libertà dei condannati per crimini contro l’umanità come torture, crimini sessuali, furti di bambini nati durante la prigionia dei genitori, omicidi, sparizioni forzate, e anche per aver gettato persone vive da aerei in mare nei celebri voli della morte.
L’arrivo di un governo come quello di Milei può essere inteso come una risposta reazionaria a politiche pubbliche che garantivano diritti, ma deve anche essere compreso nel quadro dei fallimenti della politica tradizionale. Quarant’anni di democrazia hanno lasciato un panorama in cui la povertà riguarda circa il quaranta per cento della popolazione, di cui il sessanta per cento bambini; il dieci per cento di quarantacinque milioni di abitanti vive in condizioni di indigenza. Le ricchezze naturali dell’Argentina e le possibilità di sviluppo, nonostante la lontananza geografica dalla centralità europea, dovrebbero impedire una simile situazione.
Nella campagna elettorale di Javier Milei è stato ripetuto lo slogan “che se ne vadano tutti” accompagnato dal tradizionale discorso antipolitico, ma gli stessi che lo hanno innalzato hanno deciso di votare per un personaggio costruito in appena due anni dai media tradizionali. Le sue proposte hanno avuto un impatto massiccio e inaspettato, diversi elementi hanno affascinato la popolazione e lo hanno portato alla vittoria: il concetto di “casta”, coniato per indirizzarsi alla classe politica tradizionale in modo sprezzante, che lo ha connesso all’insofferenza di una parte degli elettori verso un modello che non ha risolto i problemi di base e ha accumulato denunce di corruzione; la proposta di dollarizzare l’economia, in un paese in cui il valore della moneta americana è spesso argomento di conversazione nei bar e nelle cene di famiglia, anche tra i pochi che hanno visto una banconota verde nella loro vita (questa idea, in particolare, ha colpito una parte della popolazione che, senza capirla, ha pensato che la sua vita sarebbe cambiata con la messa in circolazione di una moneta forte).
In questi anni, i governi progressisti non hanno saputo risolvere il problema della violenza, condensata in furti e omicidi che i media ripropongono in maniera costante, moltiplicando l’indignazione e la paura in gran parte della popolazione. L’altra faccia dell’insicurezza, che invece raramente mostrano, è quella sofferta dalle classi basse nei quartieri popolari da parte delle forze di polizia, che prendono parte alla maggior parte dei reati gravi: questa problematica è spesso associata al crescente potere del narcotraffico, che in alcune giurisdizioni del paese funziona come uno Stato parallelo. L’idea della “mano dura” portata avanti dal nuovo governo sembra destinata a peggiorare la situazione.
Il giorno in cui ha assunto il potere davanti al Congresso, sotto lo sguardo attento di Jair Bolsonaro, Santiago Abascal e Volodimir Zelenski, Milei ha affermato: «Deve essere chiaro che non c’è alternativa possibile alla manovra economica. Non c’è nemmeno spazio per la discussione tra shock e gradualismo». «Motosega, motosega!», gridava la gente, alludendo al taglio netto e violento della spesa pubblica, che pagheranno soprattutto i settori più svantaggiati della società. «Sfortunatamente devo dirvelo ancora una volta, non ci sono soldi». E la gente: «Niente soldi, niente soldi!». «Le nostre forze di sicurezza sono state umiliate per decenni, abbandonate da una classe politica che ha voltato le spalle a chi si prende cura di noi», ha continuato Milei, mentre la gente gridava: «Polizia, polizia!».
«I criminali girano liberamente per le strade, mentre gli argentini per bene vengono reclusi dietro le sbarre», ha sostenuto il nuovo presidente. Questa costruzione di senso che indica una chiara distinzione tra “gli argentini per bene” e “i delinquenti”, “quelli che non vogliono lavorare”, “quelli che lavorano nei media pubblici”, ha conquistato le reti sociali, i mezzi di comunicazione, le conversazioni tra vicini, generando intolleranza e odio tra coloro che, esattamente un anno fa, festeggiavano insieme la gioia di diventare campioni del mondo per mano di Messi.
Giornalisti come Viviana Canosa hanno celebrato il cambio di governo con lo slogan: “Se ne vanno. Non potranno più camminare per strada”. Nelle ultime settimane un’insegnante è stata aggredita su un mezzo pubblico sotto lo sguardo silenzioso degli altri passeggeri perché indossava un distintivo LGTBQ; le pareti di una tipografia recuperata dai suoi operai sono state imbrattate con minacce, così come la sede dell’Università di Cuyo; gli operatori dei media hanno subito violenze. Tutto questo mentre Milei si affida alle “forze del cielo” e dice anche di parlare con Conan, il suo cane morto.
Nelle prime settimane di mandato, il nuovo governo si è impegnato a mantenere alcune delle promesse fatte in campagna elettorale e a tradirne diverse altre. Quelle di “spazzare via la casta” si sono tramutate in una co-gestione del potere con una parte di essa. Con un decreto di urgenza, strumento che evita il passaggio in parlamento, il governo ha modificato più di trecento leggi. Tra le varie situazioni della vita quotidiana che questo decreto intercetta, c’è l’abrogazione della legge sugli affitti, per cui da ora l’affitto delle abitazioni sarà regolato solo dalle “leggi del mercato”, il che peggiora un sistema che già ha provocato affitti irraggiungibili nelle grandi città. Il decreto abroga tutti i controlli sui prezzi, a cominciare da quelli sulla sanità privata, e il giorno dopo le principali aziende hanno annunciato aumenti del quaranta per cento. In ambito lavorativo distrugge le conquiste sociali ottenute per decenni, limita il diritto di sciopero per gli insegnanti, il personale medico e altri servizi che definisce “essenziali”.
Il governo ha inoltre abrogato la cosiddetta Ley de Góndolas, che consentiva alle piccole e medie imprese di poter offrire i propri prodotti (limitando la presenza dei grandi marchi) sugli scaffali dei supermercati. Giorni dopo ha inviato al Congresso una legge definita “Omnibus”, per le dimensioni e la portata delle normative che cerca di modificare o abrogare.
Il suo nome mostra un’epica magniloquenza: “Legge di basi e punti di partenza per la libertà degli argentini”. La legge Ombibus è lunga centottanta pagine e ha 664 articoli, alcuni dei quali fatti su misura per i grandi gruppi economici. Tra le proposte che saranno affrontate dalle due camere parlamentari ci sono consistenti passi indietro nelle politiche di genere e passi avanti contro l’accesso all’aborto, approvato appena tre anni fa. La legge eliminerà i limiti che la norma del 2010 aveva imposto ai gruppi economici per ottenere licenze radiofoniche e televisive; favorirà le banche transnazionali e le compagnie petrolifere e minerarie; metterà le basi per modificare il sistema elettorale; abolirà diversi organismi che proteggono e promuovono l’attività culturale; dichiara, di fatto, uno stato d’assedio virtuale, punendo gli “organizzatori” di manifestazioni e obbligando a chiedere un’autorizzazione ben quarantott’ore prima per tutti gli assembramenti pubblici di più di tre persone.
Il testo culmina con la rivendicazione di essere un prima e un dopo nella storia del paese: “Nello spirito di restaurare l’ordine economico e sociale basato sulla dottrina liberale incarnata nella Costituzione Nazionale del 1853, presentiamo all’Onorevole Congresso della Nazione il progetto di legge allegato ed esprimiamo la nostra ferma volontà di intraprendere, immediatamente e con strumenti adeguati, la lotta contro i fattori avversi che minacciano la libertà degli argentini; che impediscono il corretto funzionamento dell’economia di mercato e sono la causa dell’impoverimento della Nazione. Promuoviamo queste riforme in nome della Rivoluzione di Maggio del 1810 e in difesa della vita, della libertà e della proprietà degli argentini.Che Dio protegga il vostro onore”.
Contestualmente, la nuova ministra della sicurezza, Patricia Bullrich, ha presentato un protocollo che impedisce alle persone di manifestare nelle strade: «Il diritto a circolare non può essere violato», ripete, come se il diritto più importante in una grandi città fosse quello di guidare un’auto. Per questo il governo sostiene che le manifestazioni popolari dovranno svolgersi sui marciapiedi. E «se violate la legge, la polizia la farà rispettare».
Milei aveva annunciato la pubblicazione dei decreti per mercoledì 20, a mezzogiorno, proprio nella data in cui si celebrava nelle strade l’anniversario delle proteste del 2001 (l’annuncio è stato poi rimandato alla sera). In piazza è scesa a protestare solo la sinistra trotskista, che ha messo in piedi una grande mobilitazione e ha saputo non cadere nelle provocazioni delle forze di sicurezza. Non c’è stata repressione e alle nove Milei ha lanciato il suo pacchetto di misure. Un’ora dopo le strade di Buenos Aires erano piene di persone che in segno di protesta sbattevano pentole e padelle (i “cacerolazos” furono il punto di partenza verso la fine del potere di De la Rúa nel 2001).
A quel punto la Central de Trabajadores Argentinos (CGT), la principale organizzazione operaia peronista, nota per il tenore di vita sfarzoso dei suoi dirigenti, è stata costretta a indire una manifestazione davanti al palazzo di giustizia. Tutte le organizzazioni popolari si sono unite, portando la proposta di uno sciopero generale. La marea di persone scesa in strada ha sopraffatto i blocchi di polizia, e la manifestazione è culminata con sette arresti. Il giorno successivo, la CGT ha indetto il primo sciopero nazionale per il 24 gennaio.
L’Argentina ha una lunga storia di movimenti sociali avversi alle grandi maggioranze, così come una riconosciuta tendenza alla resistenza. Gli occhi del mondo vedranno nuovamente come il popolo argentino si organizzerà per resistere, mentre dovrà dare forma a un inevitabile rinnovamento della sua leadership. La scuola dalla quale prendere lezioni saranno ancora una volta le Madri di plaza de Mayo, che hanno affrontato tutte le difficoltà protestando e alzando la voce e continuano a farlo nonostante abbiano più di novant’anni. Sono le nostre migliori campionesse del mondo. (eugenia otero e fernando tebele – laretaguardia.com.ar / traduzione di rosa battaglia)
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