Molto è stato scritto su come il passaggio tra gli anni Settanta e gli Ottanta abbia segnato massicci mutamenti sociali, politici ed economici; e su quanto quello snodo epocale abbia sancito un radicale cambiamento nell’immaginario collettivo. Dissolvimento dei legami sociali, cinico individualismo, sudditanza a tecnologie sempre più pervasive piegate al controllo e alla manipolazione comportamentale degli individui, crisi delle soggettività che sfociano sempre più spesso in spasmodiche ricerche di identità fittizie, ripescate dalla storia più becera o dalle vetrine consumistiche postmoderne: sono soltanto alcuni dei frutti avvelenati cresciuti insieme alla svolta neoliberista impressa dalle politiche e dalle subculture tatcheriano–reaganiane che si sono fatte strada proprio a partire da quel cambio di decennio.
Paolo Lago e Gioacchino Toni hanno voluto affrontare quel passaggio epocale nel loro libro Alle radici di un nuovo immaginario (Rogas, 2023), attraverso l’analisi dei film Alien e Blade Runner di Ridley Scott, La Cosa di John Carpenter e Videodrome di David Cronenberg, usciti a poca distanza uno dall’altro proprio tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta. Si tratta certamente di “un libro di cinema” – di queste opere gli autori ricostruiscono infatti puntualmente la genesi produttiva e creativa e ne analizzano, sequenza dopo sequenza, la struttura visiva e narrativa –, ma si tratta anche di un saggio che intende individuare in quelle pellicole le avvisaglie del mutamento di immaginario che andrà a forgiare i tempi a venire.
Riprendendo il convincimento dello scrittore Valerio Evangelisti – a cui il libro, non a caso, è dedicato –, che vedeva nel genere fantascientifico, almeno nelle sue produzioni migliori, un’efficace modalità per indagare il presente, per riflettere su ciò che stiamo diventando o che già siamo divenuti senza accorgercene, nei film esaminati Lago e Toni vanno alla ricerca di quelle“inquietudini identitarie” e di quelle “mostruosità” che hanno accompagnato l’avvento dell’universo neoliberista e che hanno fatto da premessa alla contemporaneità.
“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme”. “L’immaginario è tra i terreni salienti di battaglia, per chi voglia sottrarsi alla dittatura più insinuante, senza scrupoli e invasiva che la storia ricordi”. Così recitano i passi posti in esergo al volume tratti rispettivamente da Calvino ed Evangelisti. È con questo spirito che gli autori affrontano le opere selezionate, cercando in esse avvisaglie delle contraddizioni e delle criticità con cui siamo costretti a fare i conti oggi.
Alien e Blade Runner anticipano, tra le altre cose, il tema del dominio delle corporation sugli esseri umani, attuato anzitutto attraverso un ricorso alle tecnologie volto a spremere l’umanità, fin anche a sacrificarla definitivamente, in nome del profitto. La Cosa mostra il disintegrarsi della comunità, l’incapacità e l’impossibilità di riporre fiducia in chi ci vive a fianco, costretti come si è a domandarsi se ancora si sia umani. Videodrome ci proietta invece in un viaggio allucinatorio in cui la nostra percezione si fonde con quella del protagonista, a sua volta in balia di quanto trasmesso dagli schermi televisivi, lasciandoci alla mercè di una lettura visiva in cui è sempre più difficile dire cosa sia diventata “la realtà”.
Inoltre, sottolineano gli autori, tutte quattro le opere si fanno carico di segnalare come l’atto del vedere non sia più sufficiente per comprendere; e di quanto la convenzione su cui si reggeva l’immaginario dell’era del visibile sia irrimediabilmente in crisi. I film presi in esame prospettano una visione distopica del futuro: “l’astronave di Alien o la metropoli di Blade Runner si mostrano spazi pericolosi che si reggono su un equilibrio precario che potrebbe implodere da un momento all’altro, la distesa di neve in cui è ambientata La Cosa non esercita alcun fascino e la tele-visione che plasma la mente e il corpo degli individui in Videodrome si prospetta come anticipazione di uno spazio disumanizzato ove l’individuo, sedotto e abbandonato dalle immagini, è condannato a vivere da sfruttato in uno stato di perenne allucinazione a cui paradossalmente fornisce volontariamente il suo contributo” (p. 22).
Tutte le opere analizzate palesano un’estrema diffidenza nei confronti della scienza e della tecnologia, viste come strumenti di controllo e distruzione nelle mani delle corporation che sembrano essersi sostituite agli stati nella gestione del potere, sancendo quella tendenziale egemonia dell’economico sul politico accelerata dall’avvento del neoliberismo, che avrebbe poi condotto al ruolo contemporaneo delle Big Tech, divenute vere e proprie nuove superpotenze.
Nello scandagliare i film, gli autori si soffermano sulla rappresentazione dello spazio riprendendo i concetti di “spazio striato” e di “spazio liscio” esposti da Gilles Deleuze e Félix Guattari in Mille Piani. Capitalismo e schizofrenia; il primo tipo di spazio indicherebbe quello imposto dal potere che si manifesta nella regolarità urbanistica e di tutte quelle strutture volte a disciplinare la vita degli esseri umani, mentre il secondo rimanderebbe allo spazio desertico legato alla “macchina da guerra nomade” da cui potrebbe essere condotto l’attacco all’ordine imposto dalla regolamentazione. Da Michel Foucault, invece, gli autori riprendono il concetto di “eterotopia” che si configura come un luogo separato dal normale contesto quotidiano, una sorta di contestazione al contempo mitica e reale dello spazio in cui si vive che avrebbe, secondo il francese, nella nave l’esempio per eccellenza, per il suo palesarsi come “luogo senza luogo”, vero e proprio “serbatoio di immaginazione” che si muove sul mare sterminato. Lago e Toni procedono dunque ricercando nei quattro film esaminati le caratteristiche delle eterotopie foucaultiane, gli “spazi altri”, separati da tutti i normali ambienti della quotidianità, mettendone in luce gli elementi conflittuali.
Insomma, attraverso una dettagliata analisi di queste quattro pellicole, gli autori non solo danno conto di come queste abbiano profondamente rinnovato il genere fantascientifico, ibridandolo con elementi horror, ma di quanto abbiano anche saputo prefigurare elementi essenziali della nostra contemporaneità. Il cinema e il racconto come “profezia oscura” che solo nel tempo si rivela. E in fin dei conti il libro di Lago e Toni è del nostro presente che parla. (giovanni iozzoli)
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