Il progetto è di quelli sensazionali: prendi trentasettemila metri quadrati, nel caso specifico quelli della cosiddetta “insula” che si estende più o meno dall’area del porto di Napoli fino al teatro Mercadante (l’area Ex-dogana); poi riqualifica la zona, anzi falla riqualificare (parcheggi, aree verdi, infrastrutture, e naturalmente palazzi a gogò) dal costruttore più noto e più discusso della città; last but not least, concedi all’intera area una sorta di federalismo municpale, più o meno lo status di gruppi di “condomini autorganizzati” (parole del costruttore di cui sopra), capaci di superare la “mastodontica burocrazia nazionale”.
La proposta, forse potevate intuirlo, arriva direttamente da Alfredo Romeo, che sta provando a convincere il sindaco de Magistris a estinguere in questo modo l’enorme debito che il comune ha nei confronti delle sue aziende. Il sindaco per ora nicchia, ma la macchina degli sponsor del principe del mattone, si è nel frattempo attivata. Mentre qualche supporter del sindaco invita a riflettere sull’anarchia condominiale in nome della democrazia partecipativa, e persino qualche urbanista prende seriamente in considerazione la cosa, il direttore di uno dei giornali più importanti della città tira la volata al delirante progetto, esortando il sindaco (fino a ieri nemico n.1) a impugnare l’arma del decisionismo per dare la svolta necessaria.
Anche noi tiriamo così la nostra volata, e per rinfrescare la memoria a tutti i protagonisti di questa storia – lettori inclusi –, riproponiamo un articolo pubblicato nel numero di febbraio 2012, in cui si ripercorre la storia (giudiziaria) di Alfredo Romeo.
Periodicamente, più o meno ogni tre quattro anni, c’è qualche tribunale che si occupa delle vicende e degli affari di Alfredo Romeo, l’uomo che gestisce, per conto del comune di Napoli, l’impero (in clamorosa decadenza) dell’edilizia pubblica partenopea. L’ultima volta, nel 2008, era stato l’appalto del cosiddetto Global Service a richiamare l’attenzione dei magistrati: l’inchiesta si chiamava MagnaNapoli e la cifra incassata per la manutenzione delle strade cittadine (altro business parecchio redditizio) era di quattrocento milioni di euro. Nel corso di quell’inchiesta, Romeo finì anche in carcere, con l’accusa di associazione a delinquere e corruzione, ma al termine del processo, la condanna a due anni arrivò solo per quest’ultimo capo d’accusa, nonostante ben dodici fossero le imputazioni.
Quattro anni prima, nel 2004, i problemi per l’imprenditore nato a Cesa (provincia di Caserta) avevano riguardato proprio la gestione del patrimonio immobiliare del comune di Napoli, la fetta probabilmente più grossa dell’enorme giro di affari gestito dalle aziende del gruppo. La Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, infatti, aveva rivolto alla giunta comunale partenopea una formale richiesta a vigilare sull’attività dell’azienda Romeo Gestioni, in particolare in riferimento all’altissimo tasso di morosità da parte dei contribuenti. Tralasciando le quisquilie come l’accusa per abusivismo edilizio (risalente al 2003), per la quale un giudice – Bruno Schisano, che avrebbe esercitato pressioni nei confronti di alcuni colleghi al fine di favorire l’assoluzione di Romeo – ha ricevuto dal Csm un trasferimento a effetto immediato, i guai giudiziari dell’imprenditore (in affari anche nel settore alberghiero e in quello editoriale) sono di tutt’altro che recenti.
Andiamo ancora indietro nel tempo: 2002, assoluzione dall’accusa di corruzione e truffa. Erano gli anni in cui il consigliere comunale di AN, Rosario Concordia, dichiarava che Romeo aveva la capacità di «risolvere i problemi lavorativi delle famiglie di molti consiglieri». Ancora, si torna al problema casa: nel 2000 Romeo si salva in calcio d’angolo, quando la Cassazione dichiara prescritto, dopo le condanne in primo e secondo grado, il reato di corruzione grazie al quale l’imprenditore aveva ottenuto, a suon di mazzette, il suo primo appalto (1989) per gestire il patrimonio immobiliare del comune di Napoli. Da allora la Romeo Gestioni non ha più tolto le mani da questo enorme giro d’affari, allargandolo, anzi (dal 1997) alla gestione del patrimonio immobiliare della città di Roma. Per quest’ultima, ha ottenuto un appalto record (quasi seicento milioni per nove anni) nel 2005.
Tornando a Napoli, va detto che nel 2001, il sindaco Iervolino, in uno scatto d’orgoglio da campagna elettorale, aveva promesso una seria verifica sull’operato della Romeo Gestioni, in particolar modo rispetto alla totale assenza di manutenzione degli edifici di edilizia residenziale pubblica. Romeo, però, non incassò minimamente il colpo, e riuscì a capovolgere la situazione: a seguito di una denuncia per inadempienza contrattuale, riuscì a far condannare il Comune a un enorme risarcimento. La conseguenza fu che da palazzo San Giacomo, spaventati per il rischio corso, rinunciarono definitivamente al riscorso in appello.
La storia è così andata avanti fino al Global Service, quando la faccia oscura delle aziende targate Romeo, è venuta fuori prepotentemente. Nel 2005, nel frattempo, la stessa Iervolino aveva pensato bene di rinnovare per sette anni il contratto in questione (a dire il vero fu tutt’altro che un colpo di mano, dato che il provvedimento fu approvato all’unanimità), contratto in scadenza tra pochi mesi, e che mai in questi anni è stato messo in discussione, nonostante le palesi inadempienze dell’azienda. Tutto questo, probabilmente, anche alla luce dell’enorme credito che la Romeo vanta nei confronti del Comune, credito per il quale la stessa Romeo ha posto sotto tutela, a titolo cautelativo, una parte consistente del patrimonio immobiliare pubblico.
Siamo finalmente giunti ai giorni nostri. Il nuovo sindaco de Magistris ha in più occasioni (soprattutto durante la campagna elettorale) attaccato il sistema messo su dall’imprenditore napoletano, ed è atteso al varco, da molti, per verificare se finalmente la giunta riuscirà a liberarsi del fardello Romeo, o continuerà a servirsi delle sue aziende per gestire il proprio patrimonio immobiliare. Il cambiamento, in realtà, sarebbe obbligato, tanto più che nel mese di gennaio, ancora una volta, le forze dell’ordine si sono interessate dell’operato della Romeo Gestioni. L’azienda, in sintesi, sarebbe infatti colpevole di aver causato al comune un danno di oltre ottantasette milioni di euro, scaturito dalla mancata riscossione dei canoni, dagli elevati compensi attribuiti ai legali dell’azienda (gli unici a guadagnarci nelle operazioni di rateizzo dei crediti, dal momento che raramente riescono a strappare delle condizioni favorevoli di rientro per palazzo San Giacomo), e persino da un incentivo di “buona gestione”, attribuito all’azienda che invece non ne avrebbe, alla luce di quanto detto finora, tecnicamente alcun titolo.
Intanto, mentre la questione assume contorni sempre più critici, e gli elementi per nuove vicende giudiziarie si concretizzano (un capitolo a parte potrebbe riguardare le ditte a cui vengono subappaltati i lavori di manutenzione), del nuovo bando per la futura gestione degli immobili ancora non c’è traccia. Romeo, che potrebbe solo trarre vantaggio dalla pubblicazione di un bando all’ultimo secondo, per ora gongola. Un po’ meno gli inquilini delle case popolari, così come le casse del comune, che riescono nell’impresa di restare vuote anche quando potrebbero contare su un bel po’ di soldi che da anni gli spettano, e invece non arrivano mai. (riccardo rosa)
AGGIORNAMENTO: Nel luglio 2014 la Corte di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza con cui Alfredo Romeo era stato condannato a tre anni di reclusione per corruzione, turbativa d’asta e rivelazione di segreto nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti in Global Service, assolvendolo con formula piena. L’annullamento arriva anche per l’ex provveditore alle opere pubbliche di Campania e Molise, Mauro Mautone, e per l’ex vicepresidente della provincia di Napoli, Antonio Pugliese.
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