Il testo che segue è la versione integrale di un articolo pubblicato da Il Corriere del Mezzogiorno il 22 settembre 2016
Erano tante le persone che martedì si sono ritrovate in piazza del Gesù per l’assemblea pubblica convocata dal “consiglio civico” di Abc, a discutere di quanto sta accadendo all’azienda che gestisce il servizio idrico cittadino e di riflesso al processo di “ri-pubblicizzazione” dell’acqua in atto in questi anni. Il comitato in difesa dell’acqua pubblica campano è stato uno dei più attivi fin dalla sua nascita: ha contribuito a inizio dello scorso decennio a fermare tentativi legislativi a livello provinciale e regionale che viravano verso le privatizzazioni; ha costruito una rete molto attiva nell’organizzazione del referendum del 2011; ha dato vita a una campagna contro la legge regionale che accorpa gli Ambiti territoriali ottimali in un unico ente, limitando le possibilità decisionali dei comuni rispetto alla tutela dell’acqua come bene pubblico.
Negli ultimi mesi molti attivisti avevano supportato il consiglio di amministrazione di Abc, fin dalla nomina del presidente Montalto, accogliendo con entusiasmo l’avvio di un processo che rende Napoli l’unica città ad aver mosso passi concreti per l’applicazione delle norme approvate dal referendum. Lo stesso Montalto si era fatto promotore della creazione di un consiglio civico che agevolasse la partecipazione dei cittadini alle decisioni dell’ente. Al termine dell’estate, però, Montalto è stato silurato da de Magistris, il suo cda azzerato e l’ente affidato al nuovo commissario Marina Paparo. All’origine della rottura c’è il mancato assorbimento (voluto fortemente dal sindaco) di oltre cento lavoratori del consorzio San Giovanni, un’operazione che Abc rifiutava, non avendo ricevuto assicurazione sui fondi necessari ad assumerli, ristrutturare gli impianti e quindi garantire il famoso ciclo integrato. Stando alla guerra di dichiarazioni e comunicati, sarebbero proprio gli investimenti sul ciclo integrato, fondamentale per la difesa dagli attacchi speculativi, ad aver compromesso il rapporto tra il sindaco e Montalto. De Magistris accusa Abc di ostacolarne la realizzazione – per esempio, opponendosi all’assorbimento dei lavoratori e delle strutture del consorzio –, Montalto rimanda indietro le accuse, spiegando che il comune vorrebbe procedere all’inglobamento dei lavoratori senza assicurare alcuna copertura economica, mettendo così a repentaglio la stabilità dell’azienda.
La defenestrazione del consiglio di amministrazione era nell’aria, ma viene percepita dai comitati come un tradimento, creando una frattura in quel processo che era stato forse l’unico atto amministrativo in coerenza con gli innumerevoli proclami del sindaco. Certo, prima di Montalto sull’acqua erano scivolati Lucarelli e Mattei; quest’ultimo, in particolare, per aver rivendicato una maggiore autonomia di Abc da palazzo San Giacomo. Tutto sommato, però, il cammino dell’azienda poteva finora essere esibito dall’amministrazione arancione come un fiore all’occhiello.
La revoca di Montalto è il primo caso politico del secondo mandato de Magistris, su una questione peraltro che il sindaco cerca di consacrare come proprio cavallo di battaglia a livello nazionale e che lo ha visto rivendicare una posizione di avanguardia nella futura area politica che si candida a guidare, avendo gli altri suoi potenziali concorrenti (a cominciare dal governatore della Puglia, Emiliano) posizioni e pratiche ben più ambigue sul governo dell’acqua. I comitati, oggi, denunciano a gran voce l’allontanamento di Montalto, licenziato con un comunicato, dopo che il comune aveva cercato di spaccare il cda sulla questione San Giovanni. Una caduta di stile a cui de Magistris aveva già abituato con il licenziamento di altri ex fedelissimi, divenutigli col tempo invisi, e che potrebbe avere dei riflessi sulla credibilità politica del suo progetto. Si tratta, tra l’altro, di licenziamenti a cui è spesso seguito l’accentramento da parte del sindaco di compiti e poteri (non fa eccezione Abc, commissariata poco prima che de Magistris si accingesse a combattere una battaglia contro Renzi e il suo commissario, quello per Bagnoli).
La questione, più che di metodo è politica. Dell’importanza del processo di difesa dell’acqua come bene pubblico si è detto tutto in questi anni. In un contesto in cui la legge regionale del 2011, il decreto Madia, le riluttanze mostrate da tutti gli altri enti locali nell’affrontare la ri-pubblicizzazione del servizio, fanno presagire scenari difficili per i prossimi anni, il comportamento del sindaco rischia di compromettere un’esperienza che avrebbe potuto rappresentare un’eccezione rispetto a indirizzi politici generali che parlano di subappalti, multiutility e commercializzazioni. Le tanto temute privatizzazioni, insomma, che potrebbero tornare a preoccupare in vista dall’indebolimento a cui Abc rischia di andare incontro, in considerazione di alcuni limiti emersi in questi primi anni di gestione e delle ambiguità che stanno venendo fuori in questa fase. Quella più consistente emerge da un breve inciso all’interno del comunicato di revoca del cda firmato da de Magistris, in cui si parla di “ipotesi di partecipazione ai provvedimenti di evidenza pubblica”, e che i comitati identificano come una possibile riapertura a operazioni da società per azioni. Tra i limiti, invece, pesa l’assenza di un piano industriale che consenta la creazione del servizio integrato senza avventurosi assorbimenti di aziende e operazioni a “copertura zero”, ma anche le modalità con cui questa amministrazione intende gestire le proprie aziende: utilizzarle come scatole cinesi collocandovi lavoratori in sovrannumero, o lavorare programmando, magari sfruttando anche lo strumento della Città Metropolitana – di cui de Magistris è sindaco, ma che non ha fatto alcun passo concreto per la promozione di un servizio idrico integrato provinciale, capace di rimettere in discussione le varie gestioni private dei singoli comuni. Una doppia mossa che avrebbe potuto rafforzare l’impronta pubblica sul servizio (e quindi la battaglia per l’acqua “bene comune”) mantenendo la solidità di quella che si propaganda come un’esperienza amministrativa rivoluzionaria e che rischia ora seriamente di venire compromessa. (riccardo rosa)
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